I pensieri dimezzati del Cavaliere
Il passaggio di Berlusconi lascerà nella storia dell’informazione italiana una traccia profonda. E certo non per essere stato il più grande imprenditore della comunicazione (tanto da meritarsi – tra gli altri – il nomignolo di Sua Emittenza). È col Berlusconi politico che, in realtà, il giornalismo italiano ha raggiunto vette di creatività senza uguali. Ogni tecnica e metodo di addomesticamento delle informazioni è stato su di lui sperimentato con straordinario successo. E certo non senza il suo aiuto. L’ultimo riuscitissimo esercizio è quello della “troncatura” delle sue affermazioni. La procedura è duplice: in un caso si isolano frasi che condiscono poi le prime pagine di gustosi virgolettati, nell’altro si riporta solo una parte dell’affermazione – perché bisogna stare in poche battute – e si tralascia la conclusione. I virgolettati prima venivano presi dalle intercettazioni, ora sono carpiti tramite i telefonini di compiacenti persone “a lui molto vicine”, che lasciano l’apparecchio aperto su una chiamata in modo che faccia da microfono verso l’esterno. Così abbiamo un Berlusconi che afferma che “non faremo una campagna elettorale contro Monti…”. E quindi i giornali ci spiegano che vuole il Monti-bis. Ma dimenticano che la frase continua con un “perché lui non ci sarà più… Faremo invece campagna contro le misure di rigore e sulle nostre proposte per il futuro”. Che non è proprio la stessa cosa. “Per vincere ci vorrebbe – dice Silvio – un Berlusconi del ’94 – e ci spiegano che o si vuole ricandidare lui o che vuole Montezemolo, ma si dimenticano il seguito – …ma purtroppo non c’è”. Quando questo non basta c’è sempre la “fedelissima” che, uscita da Grazioli dopo aver preso un caffè, interpreta per i reporter in attesa il “silviopensiero”, di cui è sempre unica ma poco riservata depositaria. L’unica intervista completa rilasciata dall’ex premier – all’esordio del giornale on-line Huffington Post – ha mostrato un Berlusconi lucido, con le idee chiare e che diceva tutto il contrario di quello che ogni giorno i cronisti e le agenzie “interpretano”. Nelle scuole di giornalismo, una volta si raccomandava: “i fatti, i fatti e sempre e ancora i fatti…”, così il lettore si può fare un’opinione autonoma. Ora l’interpretazione è predigerita, così il lettore non deve fare fatica a pensare.