«Bersani vuol distruggere Nichi e andare con Casini»
Sorride, come uno che la sa lunga, mentre svela la sua teoria ardita sulle primarie del centrosinistra. Ha accanto un paio di funzionari della Camera che lo seguivano da presidente. Quelli del Pd, invece, un po’ lo snobbano. E fanno male, perché Luciano Violante, alla buvette di Montecitorio, mentre in aula va in scena il solito rito della fiducia col naso turato alla legge di Stabilità di Monti, la politica la conosce bene. E soprattutto sembra molto ben informato quando dice “ma quale Renzi, Bersani pensa a Vendola, lo teme, anzi, visti i sondaggi, lo temeva, ha già vinto, lo ha ridimensionato”. Violante racconta che fin dall’inizio della sfida della primarie di centrosinistra, Bersani aveva un incubo ricorrente: quello di perdere anche lui, come già accaduto a Milano, a Genova e in Puglia, contro un candidato di Sel. Poi ha capito, sulla base dei sondaggi, che non sarebbe accaduto. «Ma a Pierluigi – racconta ancora l’ex presidente della Camera – è rimasto il timore che Nichi Vendola potesse ottenere un risultato tale da costringerlo a rinunciare ai suoi piani». Che hanno un nome e cognome, spiega Violante al bar di Montecitorio: Pierferdinando Casini. «Un boom di Vendola avrebbe costretto Bersani a costruire un cartello elettorale con la sinistra e con Di Pietro. Un risultato modesto di Nichi, grazie all’ascesa di Renzi, gli consegnerà comunque la vittoria delle primarie e gli darà la possibilità, senza rinnegare la sponda di sinistra, di governare il paese, dopo le elezioni, con il centro di Casini e Montezemolo».
Casini meglio degli ultrà di Sel
Con Monti o senza Monti, dunque, ma col baricentro tra i moderati, puntello decisamente più rassicurante degli ultrà di sinistra, che lo metterebbero nello stesso imbarazzo politico dei disastrosi governi Prodi. Ecco perché, secondo i rumors di Violante, Bersani ha tenuto agevolmente sotto controllo il fenomeno Renzi, facendolo crescere fino al punto da ridimensionare Vendola ma senza mettere in pericolo la propria leadership. Ed ecco spiegata anche la presenza dei candidati ruba-voti a Vendola, Puppato e Tabacci, quest’ultimo il vero pontiere dell’operazione centro-centrosinistra. Con Matteo al 30% dei voti chi potrà mai contestare un indirizzo centrista della leadership bersaniana, chi potrebbe contestare la volontà dell’elettorato di guardare ai moderati e non a sinistra, chi metterebbe in dubbio l’esigenza di considerare i “renziani” solo in un’ottica di governo delle larghe intese con Casini e i montezemolini?
I messaggi criptati a Renzi e Casini
Del resto sarà un caso, ma mentre Violante si confessava ai suoi amici alla buvette, in aula Casini e Franceschini si dilungavano sulle qualità del governo Monti, come fossero già allineati e coperti in uno stesso schieramento, antagonista a sinistra e destra. E in caso di ballottaggio? Anche qui Bersani ha fatto bene i suoi calcoli. Ieri ha sostenuto che, se costretto al secondo turno a scegliere, darebbe il suo sostegno a Renzi e non a Vendola. «Perché Matteo è del Pd», ha spiegato il segretario. In realtà è il cerchio che si chiude. Perché Bersani sa che al secondo turno vincerà contro Matteo con i voti dei vendoliani, a prescindere, visto che quelli di Sel mai e poi mai sosterrebbero il sindaco di Firenze, che li vede come il fumo negli occhi. «Con noi stanno in meno di 15 parlamentari del Pd su oltre 300, mentre il 95% dei parlamentari sta con Bersani. Poco diversa è la percentuale del gruppo dirigente», ha spiegato ieri Matteo Renzi, annusando, in qualche modo, la sconfitta: «In teoria non c’è partita», ha aggiunto, spiegando però che «il cambiamento che stiamo aspettando non è mai stato così vicino. Siamo realmente a un passo». Ma perdere è una cosa, perdere bene un’altra. E in questa seconda ipotesi spera Bersani, che qualche messaggio al centro lo ha mandato anche ieri: «Noi siamo interessatissimi ad avere un rapporto con un centro moderato, anche per far argine ai revival leghisti e berlusconiani. Ma, dico a loro, chiariteci chi dirige il traffico».
Le norme anti-fila
In vista del voto delle Primarie di domenica, arrivano norme anti-fila per gestire l’afflusso ai gazebo. Il comitato organizzatore ha invitato una circolare ai presidenti di seggio nella quale si chiede di rafforzare il numero degli addetti alle operazioni di iscrizione e voto che vanno calibrate sul numero delle registrazioni fatte fino al 24 novembre e si danno indicazioni per rendere più scorrevoli le code. Saranno 100mila i volontari impegnati domenica nei 18mila tra seggi e uffici elettorali su tutto il territorio. Nella direttiva del comitato si sollecita, per snellire il lavoro, la creazione di una fila ad hoc per quanti si sono registrati on-line e non hanno ancora ritirato il Certificato di elettore del centrosinistra, con il quale si vota. Ci saranno, poi, altre due file, ovvero quella di chi si registra il giorno stesso delle primarie e quella di chi aspetta per le urne.
Inoltre si chiede di distribuire ai cittadini in fila il modulo di registrazione, insieme all’Appello pubblico e alla liberatoria per i dati della privacy, in modo che, mentre aspettano, possano intanto compilare e firmare questi documenti. Il comitato chiede a tutti quelli che saranno impegnati nella maratona delle primarie «un di più di preparazione» perchè «i cittadini ci guardano, per verificare se sapremo garantire la più ampia partecipazione e uno svolgimento ordinato e sereno della giornata elettorale».