Scatta l’allarme esodati della casa: il governo non risponde, il Pdl sì
L’ordine è fare cassa. È arrivato indirettamente prima dalla crisi economica e poi dalle direttive di razionalizzazione imposte dal governo Monti e, in particolare, dal ministro Elsa Fornero, competente per materia. Gli enti previdenziali privatizzati lo hanno recepito e ora, con dismissioni o aumento degli affitti, stanno accelerando il tentativo già in atto da un paio d’anni di guadagnare il più possibile dagli appartamenti di cui sono proprietari, nei quali però vivono migliaia di famiglie. Agli inquilini restano solo due possibilità: a seconda dei casi, comprare o adeguarsi al nuovo canone di affitto oppure vedersi recapitare un’ingiunzione di sfratto. Poiché per lo più di tratta di persone over 65 un mutuo è impensabile e un affitto a prezzi di mercato è insostenibile. Resta quindi solo l’abbandono della casa in cui hanno vissuto per decenni.
Numeri alla mano, è più o meno come se tutta la popolazione di Bergamo, di Latina o di Trento si ritrovasse a rischio di finire per strada. «Gli appartamenti degli enti previdenziali privatizzati sono circa 35mila, di cui l’80-85% sono a Roma», spiega l’avvocato Vincenzo Perticato, che di emergenza alloggiativa si occupa da un decennio e che, oggi, segue la gran parte dei casi di inquilini di enti previdenziali privatizzati. Un allarme sociale che si aggiunge alla già incancrenita piaga dell’emergenza abitativa tout court. «Stando ai dati del Viminale, le richieste di sfratto in Italia sono superiori alle 123mila all’anno e delle quasi 64mila eseguite l’87% è per morosità», ha spiegato ieri Marcello De Angelis, nel corso della presentazione di una proposta di legge per evitare che dagli enti previdenziali arrivi una nuova valanga di sfratti. «Questi sfratti spesso vengono eseguiti senza che gli sfrattati abbiano effettivamente una nuova casa», ha spiegato il deputato del Pdl, che è primo firmatario della legge, firmata anche dalla collega Barbara Saltamartini e frutto di un lavoro svolto in forte sinergia con la città di Roma, intesa sia come amministrazione sia come tessuto sociale. L’amministrazione capitolina, infatti, da subito si è accorta che qualcosa stava avvenendo nella vita degli inquilini degli enti e, quando la situazione ancora non era drammatica come oggi, ha iniziato a muoversi per cercare di bloccare il montare dell’emergenza. Non a caso, ieri, alla conferenza stampa sulla nuova proposta di legge, c’erano anche il primo cittadino Gianni Alemanno e Cristiano Bonelli, il presidente del IV Municipio, che per il suo lavoro sul campo è stato incaricato dal sindaco di seguire questione degli enti previdenziali: è stato il primo a lanciare l’allarme e a occuparsi della faccenda in modo organico, avendo capito che quelli che affrontava sul suo territorio non erano singoli casi ma punte di un iceberg sociale.
De Angelis ha parlato di «esodati della casa», mettendo in evidenza due aspetti che accomunano gli inquilini delle case degli enti privatizzati agli esodati propriamente detti: l’iniquità della loro situazione rispetto a quella di cittadini in situazioni simili e il cambio in corsa di condizioni che sembravano definite con accordi precedenti. Gli enti privatizzati avrebbero dovuto vendere nel ’96 e negli anni a seguire, così come fecero quelli pubblici, invece «non hanno mai venduto», racconta ancora l’avvocato Perticato, salvo poi oggi, in tempi di crisi, presentarsi dagli inquilini e voler vendere a prezzi di mercato, ma di un mercato che è solo virtuale visto il ristagno dell’immobiliare. «Tutti i giorni incontro inquilini che mi dicono che loro negli anni passati avrebbero comprato. Viene la signora che mi dice “Mio marito lavorava, io lavoravo, ma ora…”», racconta ancora l’avvocato, che aggiunge, «nel 2002 l’Inps vendeva a 90mila euro, l’Inail, in una posto centrale come viale delle Medaglie d’Oro, ha venduto a 100mila euro, ora abbiamo casi come quello della Cassa del notariato che in zone periferiche vende a 500mila euro». E questo senza considerare il ruolo delle banche: «Tra le persone che seguo tramite i comitati, su sessanta che hanno chiesto il mutuo – spiega l’avvocato – solo dodici lo hanno ottenuto».
Questo, dunque, quanto alla disparità tra inquilini di enti previdenziali che fino ad un certo punto hanno condiviso lo stesso profilo giuridico e che ancora oggi dovrebbero, anche per sentenze di Cassazione e pronunciamenti europei, condividere lo stesso ruolo sociale, tanto più che in passato hanno beneficiato tutti allo stesso modo di aiuti pubblici.
Poi c’è il cambio repentino delle tariffe d’affitto, «anche decuplicate», spiega ancora Perticato. «Come è accaduto per gli esodati – commenta De Angelis – anche nel caso del patrimonio immobiliare degli enti di previdenza privatizzati il punto di partenza è un ragionamento contabile che ha un senso, ma che non è stato poi misurato fino in fondo in termini di costi sociali. Anche in questo caso sarebbe altissimo, insostenibile». Per questo, in attesa che si inizi a discutere la proposta di legge, De Angelis ha anche presentato una risoluzione per chiedere al governo di congelare gli sfratti. Sarà discussa martedì alla Camera, insieme a quella dei colleghi del Pd Roberto Morassut e dell’Udc Armando Dionisi. «Puntiamo a guadagnare tempo per arrivare all’approvazione della legge, che – spiega il deputato del Pdl – potrà armonizzare la normativa tra enti previdenziali pubblici e privatizzati, in modo da far rientrare l’allarme sociale e stabilire una perequazione tra gli inquilini degli uni e degli altri».