La spesa per la giustizia cresce ma l’efficienza non se ne accorge
È possibile che l’Italia continui ad aumentare i fondi destinati alla giustizia e, nonostante questo, non riesca ad accrescerne l’efficienza e a risolvere l’annosa questione della lentezza dei processi? Non si tratta di una questione fumosa, a dirlo è il Consiglio d’Europa nel quarto rapporto per l’efficienza della giustizia. La spesa in Italia è aumentata del 3,2 per cento rispetto al 2008 ma i tempi per la risoluzione di una causa civile rimangono inaccettabili. Ne parliamo con Franco Mugnai, componente della Commissione Giustizia al Senato, avvocato da 35 anni, che insieme ai suoi colleghi del Pdl sta dando battaglia contro la revisione della geografia giudiziaria attuata dal governo Monti, che lui definisce «macelleria giudiziaria».
Cresce la spesa, i ritardi restano
Vari elementi producono questo stato di paralisi. Esiste un problema strutturale di carenza di fondi che, di certo, questo modesto incremento registrato dal Consiglio d’Europa non può assorbire. Il modo per incrementare i fondi era stato affrontato dal governo Berlusconi, con l’istituzione di un Fondo Unico per la Giustizia, che doveva canalizzare risorse non da poco provenienti dai patrimoni confiscati e dai sequestri. Questi fondi sono poi stati utilizzati per tamponare più gravi scenari di crisi.
Nei primi sei mesi del 2011 erano 5,5 milioni i processi civili pendenti. Un’inefficienza che, secondo i conti della Banca d’Italia, costa circa l’1 per cento del Pil. Perché non se ne viene mai capo?
È lievitato il numero delle cause, le strutture sono carenti ed esiste un problema di organici. Sono stati sbloccati due concorsi prima del governo Monti che hanno determinato un certo afflusso di nuovi magistrati sul territorio per dare slancio allo smaltimento degli arretrati. Ma è ancora poco. Non dimentichiamo anche che si è registrata nel tempo una distrazione di energie verso i processi legati alla politica. Ma è importante fare un’altra considerazione legata alle capacità organizzative di alcuni tribunali.
Le risulta che alcuni tribunali siano più “virtuosi” di altri?
Torino e di Bolzano sono due eccellenze, i tempi rimangono entro norme accettabili. Proporrei di verificare come fanno. Magari è anche un problema di capacità organizzativa degli uffici.
Lei è molto critico con l’intervento di revisione della geografia giudiziaria attuata dall’esecutivo. È così terribile?
Di più. È “macelleria giudiziaria”. Va bene razionalizzare le strutture, ma solo se gli accorpamenti degli uffici e delle circoscrizioni giudiziarie hanno un senso in termini economici. Invece non c’è rapporto tra i costi onerosi di questa riorganizzazione e i reali benefici. I costi superano i vantaggi e l’efficienza.
Molti la pensano come voi. L’Organismo unitario dell’avvocatura sta facendo uno sciopero. “Brucia” la chiusura di oltre 1000 uffici giudiziari che produrrà altri intasamenti. L’esecutivo ne prenderà atto?
Lo spero, per ora il governo ha ignorato ben due pareri negativi alla Camera e al Senato. I criteri da loro utilizzati per l’indivuduazione dei tribunali sopprimibili rischia di depauperare interi territori da presidi di legalità. Così non si risolvono i problemi.
Il governo Berlusconi aveva provato a farlo, ma non c’è riuscito…
Con la riforma del processo civile abbiamo ottenuto risultati concreti. Sul processo penale non è stato possibile per l’immediato collegamento che è stato fatto con i processi a carico dell’ex premier. Mi spiego: nella valutazione della bontà o meno di una singola norma ha pesato il fatto che ne potesse beneficiare anche Berlusconi, “reo” di essere anche lui un cittadino italiano…
Ma la riforma della giustizia si farà prima o poi?
Ci sono fortissime resistenze corporative, divisioni e correnti e remano in direzioni diverse.