La (nuova) conversione di Giulio
È tempo di grandi conversioni sulla scena politica europea e nazionale. Dopo la svolta sociale della Merkel, ora arriva la svolta civica collettiva, aperta soprattutto ai giovani». «Il a di Tremonti, che annuncia un suo manifesto, «una listmanifesto sarà generale, aperto a ogni tipo di apporto. Ma ciò che serve è il recupero della sovranità nazionale e della dignità personale», ha detto l’ex ministro in un’intervista al Corriere della Sera in cui, tra l’altro, ha rivendicato per sé una sorta di paternità della conversione anti-mercati e finanza della Merkel: «È diventata tremontiana», ha detto.
Anche lui è un “convertito” d’eccellenza
Lo stesso Tremonti, meno di dieci di anni fa, fu protagonista di un ripensamento delle proprie posizioni liberiste in chiave più sociale: iniziò a maturare la convinzione che non tutto può ruotare intorno al mercato e alle ragioni contabili. Iniziò ad avvicinarsi, insomma, all’impostazione di oggi. Era il 2004, ai tempi della Cdl, e dopo un picco di polemiche fu costretto alle dimissioni da ministro. Dopo quel passo indietro diede alle stampe Rischi fatali. L’Europa vecchia, la Cina, il mercatismo suicida, cui è seguito La paura e la speranza, del 2008, anno in cui, come ha ricordato al Corriere della sera, ha iniziato la sua «battaglia all’Ocse per dare regole ai mercati». Lo scontro, allora, si consumò sui conti della manovra che non apparivano in ordine, ma aveva radici più profonde: la parte più sociale del governo, incarnata soprattutto dai ministri di An, chiedeva al ministro una politica economica meno dirigista, più predisposta al dialogo, a partire da quello con i rappresentanti del mondo del lavoro, e più attenta alla ricadute effettive sugli italiani.
Una notizia annunciata da tempo
L’annuncio di una lista Tremonti, che di fatto sarà in competizione con il Pdl, non ha suscitato grossa sorpresa: era nell’aria da tempo e si inserisce nel solco delle iniziative prese da altre personalità che a vario titolo fanno parte del mondo dell’economia, da Luca di Montezemolo a Oscar Giannino. Tremonti, però, ha un profilo diverso e, sebbene nel suo impegno politico abbia sempre voluto mantenere un aplomb da tecnico, non può presentarsi come il nuovo o come un potenziale innovatore da mettere alla prova. Proprio su questo si sono concentrati i commenti giunti dal Pdl, per lo più critici e perplessi, tanto più che l’ex super-ministro non è stato affatto tenero con il suo partito di provenienza.
Le critiche al Pdl e le proposte alternative
Oltre a biasimare la resa ai mercati della maggioranza che sostiene Monti, e quindi anche del Pdl, Tremonti ha detto che il piano antidebito rilanciato da via dell’Umiltà «pensato come pilastro della campagna elettorale, si presenta come un piano P come Pinocchio: il patrimonio deve essere venduto, ma non è possibile farlo nei tempi e nei numeri che sono stati calcolati alla carlona». Quindi ha proposto la sua ricetta. La cornice sarà quella della sovranità nazionale, da riscoprire attraverso una visione di popolo, come dimostra il fatto che il manifesto si apre con quella parte dell’Inno di Mameli che dice «noi siam da secoli calpesti derisi, perché non siam popolo, perché siam divisi». Questa sovranità si declinerà attraverso proposte economiche che, stando ai «suggerimenti» che Tremonti ha dato alla politica attraverso le colonne del Corriere, dovrebbero essere la separazione bancaria, il blocco dei derivati e la possibilità di stabilire che i bonus vengano lasciati a garanzia per alcuni anni. «Sono idee dei conservatori inglesi. La cosa curiosa – ha commentato Tremonti – è che tutto questo è fuori dal dibattito in Italia».
La replica: ci poteva pensare da ministro
Il punto sottolineato nelle repliche è, però, che nel dibattito italiano queste idee avrebbe potuto e dovuto introdurle lui, da ministro, da ex ministro in forze a un partito della maggioranza o anche da semplice deputato. Lo hanno fatto notare quegli esponenti del Pdl che con l’occasione si sono tolti qualche sassolino dalla scarpa, mentre Angelino Alfano commentava la vicenda con fair play facendo gli auguri all’ormai ex compagno di partito. Secondo il senatore Raffaele Lauro «Tremonti sproloquia, come uno smemorato o un uomo in malafede. Strepita, ora, contro i derivati e la deregolamentazione bancaria, mentre avrebbe potuto provvedere, in dieci anni, da ministro dell’Economia e delle Finanze, nonché padrone assoluto dell’economia italiana». Anche Nunzia De Girolami si è chiesta «perché Tremonti non abbia avanzato prima queste proposte, quando era al governo. Da ministro aveva la possibilità di fare molte cose, ma non mi pare le abbia concretizzate. Ecco, appunto, manca di concretezza». Alla deputata Laura Ravetto, invece, «spiace che Tremonti, una delle figure più autorevoli della politica, ormai da tempo voglia uscire dal Pdl, movimento che gli ha dato tanto e che lo ha seguito in passato anche su posizioni economiche non sempre condivise al cento per cento. Spero solo – ha aggiunto l’ex sottosegretaria ai Rapporti con il Parlamento – che, mutuando le parole del suo ultimo scritto, non lo faccia per cogliere quella che sembra essere “prima facie”, “un’uscita di sicurezza” tutta personale». È stata poi Michaela Biancofiore a ribadire che Tremonti «poteva pensarci prima, quando era ministro e godeva di un potere sconfinato». Invece, a capo del dicastero del Tesoro, «non ha fatto abbastanza. Da lui ci aspettavamo di più», ha proseguito la parlamentare, spiegando di credere poco nelle promesse dell’ex ministro a partire dal coinvolgimento dei giovani, visto che ai tempi di via XX Settembre «non ha mai coinvolto nessuno nei suoi piani, a cominciare proprio dai giovani del Pdl».