Sivori in tv: sparò ad Acca Larenzia. Zanon se ne va per protesta
Edoardo Sivori oggi si presenta come dirigente del Partito delle aziende. In questa veste, l’altro giorno, era ospite del talk show Focus, di Rete Veneta, al quale partecipava anche il consigliere regionale del Veneto del Pdl Raffaele Zanon. Per Zanon, però, Sivori non è semplicemente un generale che si è dato alla politica: è, invece, l’uomo che sparò ad Acca Larenzia, provocando la terza vittima, dopo Francesco Ciavatta e Franco Bigonzetti, di quella strage che ha segnato la storia delle destra giovanile, e non solo. Per questo motivo l’esponente del Pdl, dopo un duro confronto con il generale su quell’omicidio, ha abbandonato la trasmissione condotta da Luigi Bacialli. «L’ho fatto – ha spiegato Zanon – perché la mia presenza era inconciliabile con quella di Sivori. Un semplice atto dovuto nei confronti di un caduto della destra politica e una riflessione sul nuovo che avanza in politica». Sivori, infatti «si atteggiava a nuovo fustigatore della politica come dirigente del Partito delle aziende» e, ha spiegato ancora il dirigente del Pdl, lanciava «accuse sull’ipocrisia della classe politica». Di fronte a quelle accuse, «gli ho contestato – ha proseguito Zanon – il fatto di essere coinvolto nell’omicidio del diciannovenne militante del Fronte della gioventù Stefano Recchioni avvenuto a Roma nel 1978».
Zanon ha chiarito di aver chiesto anche conferma dell’identità tramite un sms e di aver poi chiesto anche a Sivori se fosse la stessa persona. «Il generale imbarazzato ha tentato di smentire minacciando querele», ha aggiunto Zanon, che oggi ha 52 anni e che nel 1978 era un giovane militante del Msi. Di quel terribile 7 gennaio 1978, in cui due ragazzi furono uccisi da un commando di sinistra con una mitraglietta Skorpion che poi venne utilizzata in diversi omicidi delle Br e uno fu freddato da un proiettile sparato da uomo delle forze di polizia, Zanon ha dunque una memoria personale, generazionale e politica molto forte, consolidata poi con letture e propri approfondimenti. «Citando un articolo e alcuni passaggi di un libro del giornalista Luca Telese ho ricordato che Stefano Recchioni morì per un proiettile sparato da un ufficiale dei carabinieri che rispondeva al nome di Edoardo Sivori, che dopo un lungo processo fu condannato per “eccesso colposo di legittima difesa”». Sivori ha contestato di essere stato condannato, minacciando querele. Come spesso accade in queste vicende la memoria processuale è assai meno forte di quella storica e politica, anche perché tutti i processi per gli omicidi di ragazzi di destra si sono risolti in capi di accusa irrisori e assoluzioni. Zanon ha confermato la sua ricostruzione, che coincide con quella di Cuori Neri di Luca Telese: «Avendo scritto più di qualche testo sugli anni di piombo, la memoria non mi ha tradito e non potevo dimenticare un fatto tragico che ha cambiato la mia vita e quella di molti giovani della mia generazione». Ciò che è certo è che il nome di Edoardo Sivori ai più non dice nulla e certamente nulla di quella vicenda che, in qualche modo, ha cambiato la storia del Paese: fu proprio quell’omicidio, di sicuro compiuto da un uomo in divisa, a spingere nella lotta armata alcuni giovani militanti di destra, che si sentirono bersaglio non solo del terrorismo di sinistra, ma anche dello Stato.