Rating, solo ora Pd e centristi fanno gli ultrà: “arbitro venduto”
Che le agenzie di rating seguano logiche inaccettabili il Pdl lo dice da mesi ed è stata l’unica voce, nei giorni che anticiparono le dimissioni di Berlusconi, a ribadire che non bisognava subirne i diktat. Anche adesso che Monti è al governo la posizione non è cambiata e la motivazione è la stessa: è inaccettabile che a colpi di rating si cerchino di dettare le scelte alla politica italiana. Quel che salta subito agli occhi, invece, è il salto della quaglia fatto da Pd e centristi, che – in meno di un anno – sono riusciti a dire tutto e il contrario di tutto. E l’hanno fatto quasi con nonchalance. Invece, a settembre il taglio da parte di S&P fu salutato con i fuochi d’artificio. Il Pd si spinse ad affermare che condivideva il declassamento. E Bersani ne approfittò per ripetere il tormentone delle dimissioni di Berlusconi: «Deve togliersi di mezzo». Casini non gli fu da meno: «Berlusconi è parte del problema italiano e colpisce la sua ostinazione». Oggi sia il Pd che i centristi dicono l’esatto contrario. Il Pd, per bocca di Luigi Zanda, avanza «dubbi sull’imparzialità di Moody’s» mentre Casini sbotta: «Moody’s degrada se stessa, la verità è che c’è speculazione». La replica sarebbe fin troppo semplice: la speculazione c’era durante il governo Berlusconi e c’è adesso con Monti, così come la mancata imparzialità. A meno che le agenzie di rating non siano arbitri strani, che le indovinano tutte se in campo c’è il Cav e fanno errori senza appello quando al governo ci sono i tecnici. Roba da calcioscommesse e partite truccate.