Per la Rai arriva il giorno della Tarantola
Grosse sorprese non se ne attendevano più: il vertice della scorsa notte tra il Pdl e Mario Monti aveva sbloccato il voto su Annamaria Tarantola. Così ieri la commissione di Vigilanza ha ratificato la nomina dell’ex vicedirettore generale di Bankitalia a presidente della Rai. Eppure, qualcosa di inaspettato, è successo lo stesso. Al momento dello spoglio è comparsa una scheda nulla con su scritto «schifo». Vai a sapere quale dei 34 membri presenti sui 40 totali si sia sentito come un cittadino di Brescello, dove – per parafrasare Don Camillo – nel segreto dell’urna Dio ti vede e Sergio Zavoli no. Ciò che è certo è che hanno dichiarato l’astensione i tre membri leghisti, il radicale eletto nel Pd Marco Beltrandi e l’Idv, che però poi alla prova dei fatti ha votato perché Pancho Pardi era assente per motivi familiari e l’unico rappresentante dipietrista in commissione, Aniello Formisano, alla fine la scheda nell’urna l’ha messa.
In totale la Tarantola ha ottenuto 31 voti a favore, quando gliene sarebbero bastati 27, ovvero i due terzi della commissione di Vigilanza necessari alla ratifica della nomina. Un happy end che non sarebbe stato possibile senza il placet del Pdl, che è giunto dopo un mese di faticoso braccio di ferro tra il partito e il governo sul tema dei poteri attribuiti e attribuibili alla nuova presidenza. Nodi che, infine, sono stati sciolti “nel nome della legge”, ovvero illustrando al premier le norme e le sentenze della Corte costituzionale che escludono per il presidente della Rai un accentramento di competenze come quello che era stato previsto per la Tarantola. «La legge dice cose inconfutabili. La ragione è dalla nostra parte e quindi voteremo», ha detto Alessio Butti, annunciando il sì e chiarendo che il partito continuerà a vigilare «sul rispetto della legge». «Abbiamo condotto una battaglia – ha spiegato il capogruppo del Pdl in commissione – in netta coerenza con la giurisprudenza costituzionale, che prevede in modo inequivocabile che i poteri del Cda Rai sono stabiliti per legge e si fondano sulla collegialità». «Ricordiamo – ha proseguito – che la nostra condotta non è mai stata viziata da pregiudizi personali nei confronti di chicchessia, né da secondi fini. Se il presidente della Vigilanza non avesse ostentatamente ignorato la richiesta di svolgere audizioni conoscitive, avanzata dalla maggioranza della commissione, avremmo argomentato la nostra posizione con dovizia di particolari».
Alle parole di Butti sul rispetto delle regole si è richiamato Maurizio Gasparri, che in commissione era arrivato mostrando il pollice alzato, come a dire che i nodi erano stati sciolti, e che a fine seduta ha rivolto i suoi auguri alla neopresidente sottolineando che «come avevo previsto da mesi al rinnovo del Cda della Rai si è arrivati applicando puntualmente la vigente normativa, ovvero la cosiddetta legge Gasparri». Anche Mario Landolfi ha sottolineato che col governo non vi è stata «nessuna trattativa», che ci sono invece «una legge e sentenze della Corte costituzionale da rispettare». Landolfi, inoltre, ha ribadito che il ruolo di controllo del partito non si esaurisce con il confronto avuto con Monti. «Lo vedremo», ha risposto a chi gli chiedeva se le rassicurazioni ricevute dal premier fossero sufficienti a escludere un ampliamento abnorme dei poteri della Tarantola. «Dopo il voto ragioneremo sulle mosse del Cda e procederemo con le audizioni», ha chiarito.
Il rischio di qualche altro tentativo di colpo di mano, del resto, è già evidente. Il Pd non ha affatto preso bene il confronto tra il Pdl e Monti sul rispetto delle regole sulla governance, tanto che ieri Pierluigi Bersani ha reagito con toni molti alti. «Mentre la gente sta vivendo i problemi che abbiamo, ho visto che l’intero gruppo dirigente del Pdl è stato ricevuto a Palazzo Chigi per discutere di Rai. Se il Pdl ritiene di essere il padrone della Rai – ha sostenuto il segretario del Pd – vorrà dire che il canone lo pagherà lui».
Un altro segnale che la conferma della Tarantola non calma del tutto le acque intorno alla Rai è arrivato poi da Zavoli. «Si sono positivamente conclusi, in commissione, i primi fondamentali adempimenti di legge. Da oggi la Rai e il servizio pubblico sono una realtà diversa, ma per legittimare ogni aspetto strutturale della nuova governance – ha detto il presidente della Vigilanza – potrebbe occorrere una seconda fase, quando la commissione sarà tenuta a proseguire il proprio compito istituzionale indirizzando l’iter del processo rifondativo».
Dunque, il tema della governance resta sul tavolo anche dopo la frenata di Monti sui super poteri alla nuova presidente. Fra gli argomenti più sensibili vi era quello della possibilità di nominare i dirigenti che si occupano di contenuti, compresi quelli di carattere giornalistico. Per il momento questo genere di decisioni continuerà a essere nelle competenze del Cda, quindi collegiale, come prevede la legge a cui il Pdl si è richiamato sia nelle fasi precedenti il voto sia dopo. Ma è chiaro che gli animi non sono pacificati. Durante il suo intervento Zavoli ha accennato alla possibilità di intervenire attraverso lo Statuto, sebbene un iter di questo genere sarebbe più che una forzatura, visto che la governance è regolata dalla legge e non dai regolamenti “interni” ed eventuali sue modifiche non posso che passare per una modifica della legge stessa. «Così come è stata rispettata la legge si dovranno rispettare tutte le norme e le sentenze vigenti. Di questo siamo certi», ha avvertito Maurizio Gasparri.