Paolo Borsellino, la vera icona della Giustizia

19 Lug 2012 20:27 - di

In occasioni come questa è facile abbandonarsi ad un ricordo solo formale e retorico, ma credo che oggi, da parte di tutti, vengano espresse considerazioni molto sentite per ciò che Paolo Borsellino rappresenta nella storia italiana: un punto di riferimento, un simbolo.
Non intendo in questa sede fare rivendicazioni di parte, non avrebbe senso. Tuttavia, voglio dare atto al senatore Bianco di avere ricordato come Borsellino (nella sobrietà dei suoi atteggiamenti, perché tenne sempre distinta una sua idealità dalla sua attività di magistrato) fosse un uomo di destra nei valori e nella sua fede ideale.
Il senatore Li Gotti ha ricordato un episodio: era l’aprile del 1992 e si eleggeva il Presidente della Repubblica. Il senatore ha ricordato che alcuni parlamentari della destra votarono simbolicamente Paolo Borsellino Presidente della Repubblica. Cito queste due circostanze, che non avrei nemmeno menzionato se non le avessero citate colleghi di altri gruppi e quindi i miei riferimenti sono insospettabili.
Sono tra quei parlamentari che nel ’92 votarono Paolo Borsellino. Altri votarono diversamente e fu eletto Oscar Luigi Scalfaro. Fu una scelta simbolica in un momento drammatico. Era ancora prima della strage di Falcone, a Capaci. Era un momento particolarmente difficile della vita politica italiana.
Questo per dire che alcuni in Borsellino vivo, uomo di prima linea nella lotta alla mafia, avevano già individuato un simbolo della legalità. Voglio anche ricordare con lui Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muri, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, gli uomini e la donna della scorta che come tanti altri che servivano lo Stato sono caduti in anni difficili di lotta contro la mafia e il terrorismo.
Ho conosciuto Paolo Borsellino. Lo ricordo ospite di una iniziativa politica a cui lo invitammo in Sicilia, a Siracusa. Eravamo giovani militanti della destra politica e Borsellino, che invitai, accettò di partecipare e ci venne a parlare dell’infiltrazione mafiosa negli enti locali e negli appalti, tema che considerava centrale nella sua azione di magistrato.
Tra le frasi che ricordo, nella mia esperienza di militante politico, è rimasta impressa quella con cui chiuse il suo intervento in una sala del Comune di Siracusa, nella Piazza di Ortigia, che tanti conoscono. Sapendo di rivolgersi ad una platea di giovani appartenenti alla destra politica ci disse di restare fedeli ai nostri ideali e di portarli con noi fino a quando avremmo avuto i capelli bianchi. Molti di noi oggi i capelli li hanno bianchi e hanno mantenuto ideali forti di impegno e di legalità.
Questa mattina, scorrendo i giornali dedicati in buona parte al ricordo di Borsellino e alla lotta alla mafia, mi ha colpito positivamente leggere – altrimenti facciamo solo rievocazione ma è giusto parlare anche di ciò che è stato fatto – che in questa legislatura, per le leggi varate e per l’impegno dei governi, in particolare di quello che ha caratterizzato lunga parte di questa legislatura, dal maggio 2008 al 31 luglio 2011 (fonte Ministero dell’interno) ci sono stati 9085 arresti di mafiosi, il 31 per cento in più rispetto ad un periodo analogo precedente. Ci sono stati sequestri in quantità enorme, con 7.000 unità di beni confiscati e un valore superiore a 22 miliardi di euro. Parlo del periodo 2008-2011. Ci vuole, quindi, anche l’antimafia dei fatti, non solo quella delle parole!
Vorrei anche ricordare, parlando degli appalti, che una cosa che si ricorda poco – lo ha ricordato il generale Mori in un libro molto interessante che vi consiglio di leggere – che nell’agosto del ’92, un mese dopo la strage di Borsellino e della sua scorta, fu archiviata a Palermo l’inchiesta mafia e appalti. Si parla di tanti misteri italiani, ma ci si dovrebbe chiedere perché quell’inchiesta fu archiviata; un’inchiesta che aveva grande fondamento, alla quale bisognerebbe risalire e sulla quale si scontrarono la procura di Palermo e di Caltanissetta, le testimonianze di Siino, prima di un tipo e poi di un altro.
Dopo la strage di via D’Amelio si archivia l’inchiesta «mafia-appalti». Su questo vogliamo richiamare l’attenzione. Poi, nel 1993 inizia la cancellazione dei provvedimenti 41-bis e del carcere duro.
In questa legislatura il Parlamento è stato protagonista del racconto dell’allora ministro Conso che presso la Commissione Antimafia ha affermato: cancellammo quei provvedimenti per dare un segnale di tregua. Ritengo che al riguardo ci sia bisogno di verità. L’omaggio quindi non può limitarsi soltanto al ricordo e alle parole; deve anche contemplare la ricerca della verità.
Alcuni protagonisti di quelle vicende oggi non sono più tra noi, ma ce ne sono altri che erano al Viminale e a Palazzo Chigi che hanno il dovere di dare un tributo alla verità, alla memoria di Borsellino e di tutti i martiri della lotta alla mafia. Questo è la nostra richiesta: si dica la verità, si ricostruisca la verità. Chi sa parli!
I protagonisti non li voglio nemmeno nominare; l’ho fatto tante volte nel corso delle discussioni politiche. Oggi è un momento di ricordo, però credo che tutti sappiamo chi sedeva nelle istituzioni.
In questi giorni quelle vicende sono tornate di attualità e bene ha fatto il Presidente della Repubblica a rivendicare norme costituzionali e prerogative. Non vorremmo che le discussioni giuste, che hanno un fondamento oscurassero i comportamenti del Quirinale di altri tempi, del Viminale di altri tempi, di palazzo Chigi di altri tempi.
I dati della lotta alla mafia del periodo compreso fra il 2008 e il 2011 parlano chiaro, i dati inquietanti delle archiviazioni delle inchieste svolte da Borsellino e della cancellazione del 41-bis negli anni 1993 e 1994 parlano altrettanto chiaro ma in una direzione del tutto opposta.
La nostra esigenza di verità è l’omaggio migliore alle vittime, agli uomini e alle donne della scorta, ad un eroe civile come Borsellino. Qualcuno ha eletto i Ciancimino junior a icona dell’antimafia. Ma l’icona dell’antimafia si chiama Paolo Borsellino!

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