Legge elettorale, pressing di Napolitano
Tornare al sistema delle preferenze o blindare il criterio del collegio uninominale? E poi, premio di maggioranza? In che misura? Da tributare al partito o alla coalizione? Sul tema caldo della riforma elettorale il Parlamento sembra voler virare verso un’accelerazione, ma i nodi che inibiscono un possibile accordo tra le parti sono ben lontani dall’essere sciolti, anche all’interno dei partiti stessi. Posizioni differenti spaccano le coalizioni e testimoniano come – al di là delle ottimistiche dichiarazioni d’intenti – una vera intesa di base sia ancora di là da venire. I tempi si allungano, insomma, e dal Quirinale arriva puntuale l’invito a calendalizzare la questione in sospeso. «Stanno purtroppo trascorrendo le settimane senza che si concretizzi la presentazione alle Camere da parte dei partiti che hanno da tempo annunciato di voler raggiungere in proposito un’intesa tra loro, di un progetto di legge sostitutivo di quella vigente per l’elezione della Camera dei Deputati e del Senato», scriveva ieri il presidente della Repubblica Napolitano in una lettera inviata ai presidenti delle Camere Fini e Schifani. Lettera in cui Napolitano, tra sollecitazioni e auspici, giudica «non più rinviabile» la presentazione in Parlamento di una o più proposte di legge elettorale, chiedendo inoltre un confronto in Parlamento e non più chiuso tra i partiti.
Un invito raccolto tra i primi dal capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri, che ha giudicato «condivisibile l’appello del presidente Napolitano», aggiungendo però la richiesta di approvare le riforme per poi passare alla legge elettorale: «Si lavori quindi con rapidità, per concludere ciò che l’Aula già ha avuto all’ordine del giorno ed ha ancora – ha dichiarato l’esponente del Pdl – e poi si passi alle questioni relative a una legge elettorale che dia più potere ai cittadini». Eppure, proprio sul tema delle preferenze, è scontro aperto tra Pd e Udc, che si dicono d’accordo sulla necessità di un cambiamento tempestivo della legge, ma non sulle modalità con cui attuarlo. A detta di Pier Ferdinando Casini, infatti, le preferenze «sono il modo più semplice per consegnare lo scettro ai cittadini, mentre i collegi uninominali con primarie non regolamentate per legge sono una presa in giro e finiscono per essere una truffa per gli elettori». Ma dai democratici arriva un secco no: «Il Pd vuole che i cittadini scelgano gli eletti, ma se qualcono vuole una legge elettorale con le preferenze sappia che non siamo disponibili», ha dichiarato nei giorni scorsi il presidente dei senatori Anna Finocchiaro. In ogni caso il Pd, con Pierluigi Bersani si dice pronto a discutere da subito di legge elettorale. Disponibilità dichiarata anche dal Pdl. Ma le divergenze inconciliabili trovano riscontro anche nella molteplicità delle proposte presenti in commissione Affari Costituzionali al Senato dove – come ha spiegato il presidente della commissione Carlo Vizzini parlando di legge elettorale – «non abbiamo un testo con una maggioranza di persone a sostenerlo: ci sono 35 testi fatti da singoli senatori e un paio di riforme che possono essere rappresentative dei partiti, ma nulla da cui possa venir fuori un testo unificato che è impossibile se non c’è una proposta dei partiti». A riguardo, allora, rispondendo all’appello di Napolitano, Schifani rassicura: «il Senato non si sottrarrà all’impegno», e il segretario Angelino Alfano rilancia dichiarando: «Il Pdl è pronto a discutere sulla riforma della legge elettorale valutando una serie di ipotesi». Il dibattito insomma è più che aperto, e sulla questione è intervenuto anche il presidente dei deputati Pdl Fabrizio Cicchitto sostenendo: «Scartare a priori le preferenze equivale a dire che la sinistra vuole i collegi perché per essa è più conveniente: ma se si afferma soltanto il principio delle convenienze di parte non si risolve nulla».