Diecimila in strada contro la chiusura

26 Lug 2012 20:12 - di

Sigilli, rabbia, ritardi, bracci di ferro tra magistratura e sindacati, veleni sotto la mannaia di migliaia di posti di lavoro che rischiano di andare in fumo.
Nel primissimo pomeriggio, alla notizia delle due ordinanze emesse dal gip di Taranto  che stabiliscono il sequestro di sei impianti dello stabilimento siderurgico Ilva (che dà lavoro a cinquemila persone) e gli arresti domiciliari per otto dirigenti, 4000 operai invadono la statale 7 Appia a Taranto, all’altezza della direzione aziendale, pronti a partire in corteo verso il centro della città. La rabbia cresce il corteo supera i diecimila manifestanti. È una giornata difficile e caldissima per il capoluogo pugliese alle prese con l’inchiesta giudiziaria per l’inquinamento causato dalle emissioni di diossina dell’enorme stabilimento siderurgico, il più grande d’Europa.
«La classe dirigente deve evitare l’irruzione a gamba tesa nel recinto in cui la magistratura esercita le proprie funzioni», così in mattinata il governatore Nichi Vendola in Consiglio regionale convocato per approvare una legge sulle emissioni industriali inquinanti per le aree pugliesi dichiarate a elevato rischio ambientale. Esce allo scoperto con cautela: sì alla tutela dell’ambiente, sì allo sviluppo. «Credo siano sbagliate le reazioni di talune forze sociali che provano a interdire l’operato di chi, convocando la migliore cultura epidemiologica dentro un incidente probatorio, ha fotografato una situazione che sollecita la nostra coscienza». Il problema – dice Vendola – è capire funzioni e doveri della classe dirigente «in una situazione in cui coabitano due verità: quella ambientalista e quella industrialista».
Intanto dalle colonne del Sole 24Ore il ministro Corrado Clini consiglia di «lasciar riposare i giudici» per poi assicurare alla Puglia «le risorse per interventi urgenti di riqualificazione ambientale pari a un importo complessivo di 336 milioni di euro». E questo l’asse portante del protocollo d’intesa firmato ieri al ministero tra governo, Regione ed enti locali mentre i lavoratori dell’Ilva non fermano la protesta bloccando la statale 106 jonica Taranto-Reggio Calabria, la statale 100 Taranto-Bari e i due ingressi alla città di Taranto: la città vecchia e il ponte Punta Penna. «Governo e istituzioni locali faranno tutto il possibile per individuare soluzioni che tutelino occupazione e sostenibilità produttiva», aggiunge il ministro dello Sviluppo Corrado Passera che annuncia la richiesta di riesame urgenti alla magistratura.
Una delegazione di sindacalisti e lavoratori ha poi incontrato il prefetto di Taranto Claudio Sammartino. «Cgil, Cisl e Uil sono a fianco di tutti i lavoratori coinvolti, sia diretti che dell’indotto, in quanto il diritto al lavoro, pur nel rispetto delle prerogative della magistratura, non può essere messo in discussione in un paese già così colpito dalla crisi economica ed occupazionale», è la nota congiunta dei segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti. Fin da oggi nelle assemblee convocate dalle organizzazioni sindacali di categoria «saranno attivate tutte le iniziative utili al sostegno della vertenza» con lo scopo di difendere e tutelare il lavoro. «La drammatica situazione occupazionale dell’Ilva di Taranto, che rischia di compromettere anche gli altri siti di Genova e Novi Ligure – sottolineano i tre leader sindacali – è oggetto di grande preoccupazione per tutto il sindacato italiano. Questo impegno deve necessariamente essere affiancato da precise volontà della proprietà di Ilva di investire risorse adeguate per la messa a norma degli impianti, dimostrando così la volontà di superare con azioni concrete il provvedimento emesso dalla magistratura».
La produzione di acciaio nel nostro paese, concludono i tre segretari generali, «è indispensabile non solo per garantire l’occupazione a Taranto e lo sviluppo produttivo dell’area, ma anche per tutelare il sistema produttivo italiano, che si vedrebbe costretto ad importare da paesi terzi una materia prima indispensabile per le produzioni».
Ben diversa la posizione dei Verdi che gridano al più grande disastro ambientale e sanitario di Taranto. «Il provvedimento della magistratura sancisce la sconfitta delle istituzioni e della politica che, nonostante fossero perfettamente a conoscenza della tragedia, non hanno fatto nulla per avviare una conversione ecologica di un modello industriale diossino-centrico», insorge Angelo Bonelli, «a Taranto è caduta una quantità di diossina tre volte superiore a quella di Seveso, sono stati abbattuti migliaia di capi di bestiame. A Taranto non si possono coltivare i terreni entro un raggio di 20 chilometri dall’area industriale, la mitilicoltura e la maricultura, sono state fortemente danneggiate. La diossina è entrata nel latte materno. Stiamo parlando di una città dove l’inquinamento pesa 210 chilogrammi per ogni cittadino». Insomma il futuro di Taranto, conclude, «è nella conversione industriale così come è stata realizzata a Pittsburgh, Bilbao, città dove si è abbandonato un modello economico basato alla diossina. I posti di lavoro dell’Ilva possono essere salvati avviando subito le bonifiche».
Gioca al pompiere l’assessore al bilancio della Regione, Michele Pelillo, «la preoccupazione di queste difficili ore non può esimermi dal confermare la mia piena fiducia sull’operato della magistratura, che se ha agito in questo modo certamente ha le sue buone ragioni. Per ciò che riguarda la tenace ricerca di un punto di equilibrio tra diritto alla salute e diritto al lavoro, nulla è perduto».
Dal Palazzo romano è un no unanime alla paventata chiusura, dal Pdl al Pd, tranne i dipietristi doc che non resistono alla tentazione di «sostenere l’operato dei giudici», come dice Felice Belisario. «Quello che sta accadendo a Taranto  commenta il pidiellino Maurizio Lupi – è gravissimo. Il sequestro dell’area disposto dalla magistratura non può certo essere la soluzione, anzi si rischia di rendere ancora più
incandescente una situazione delicatissima». «Oggi alla conferenza dei capigruppo il Pd chiederà che il governo riferisca quanto prima nell’aula del Senato», annuncia il democratico  Nicola Latorre, mentre Pierluigi Bersani si dice «molto preoccupato». Non può essere che un insediamento così importante per l’industria italiana, per l’economia della Puglia e per la vita di 20mila famiglie di lavoratori alle quali va tutta la mia solidarietà, «non possa essere preservato nel pieno rispetto delle compatibilità ambientali».

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