È allarme rosso. Ma basta sacrifici

25 Lug 2012 20:29 - di

Schegge impazzite. È allarme rosso, le mosse strategiche sono travolte dalle decisioni frettolose, spesso improvvisate, frutto della paura di restare indietro rispetto agli altri e quindi di farsi risucchiare definitivamente dalla crisi, senza nessuno che dia una mano. Prima il giallo sulla nota a tre (Madrid, Roma, Parigi), successivamente smentita da italiani e francesi, poi Hollande che chiede alla Ue di attuare subito le decisioni assunte nel vertice di fine giugno, infine Mario Draghi che si chiede «a cosa servono gli strumenti anticrisi se poi Bruxelles non li usa» e il commissario Ue alla concorrenza, Joaquin Almunia, che gli dà ragione. Nel mezzo, i singoli Paesi, le famiglie, le imprese. Tutti coloro che sono chiamati a pagare il prezzo di scelte egoistiche e sbagliate, tutti coloro che temono un’altra offensiva lacrime e sangue. E che trovano voce in chi, come Alfano, incontra Monti per dire che il Pdl garantisce l’impegno in questa legislatura a patto che non ci siano nuovi sacrifici per la gente.

C’è chi (a sorpresa) si lecca le ferite

La Commissione Ue interviene con il proprio portavoce precisando che l’applicazione delle decisioni adottate sta procedendo «a piena velocità». Il tutto mentre la Merkel si lecca le ferite dopo il declassamento a opera di Moody’s che, dopo aver abbassato il rating di Germania, Olanada e Lussemburgo, rivede il giudizio anche sul fondo salva-stati, European financial stability facility (Efsf), portandolo da stabile a negativo. Una decisione, quest’ultima, che fa il paio con quella immediatamente precedente. Infatti, la Germania controlla il 29,1 per cento del fondo, l’Olanda il 6,1 e il Lussemburgo lo 0,3. Un avvertimento, più che altro, perché l’Esfs per il momento ha ancora la tripla A, ma rischia di perderla in tempi brevi se si dovesse verificare un indebolimento a suo carico dell’impegno dei Paesi dell’area euro, nel momento in cui la Spagna e nella bufera, l’Italia sotto attacco della speculazione e la Grecia si muove sul filo del rasoio, con i tedeschi che, in caso di default, giudicano più conveniente un’uscita di Atene dall’euro piuttosto che un salvataggio. Adesso cominciano ad avere preoccupazioni serie in casa e questo rischia di irrigidirli ulteriormente, anche perché Moody’s abbassa l’outlook di sei Laender tedeschi, proprio mentre l’indice di fiducia delle imprese è in flessione per il terzo mese consecutivo.

Mercati in attesa
In un clima che ricorda molto da vicino gli ultimi giorni del governo Berlusconi, a novembre del 2011, i mercati aprono all’insegna della volatilità, con la Borsa che tenta il rimbalzo, poi ripiega e infine riparte. Il tutto mentre lo spread vola a 545 punti base per poi ritracciare a 518,32 dopo le risposte di Bruxelles e di Berlino alle sollecitazioni di Holande e la notizia  del via libera agli aiuti per le banche spagnole. Ma l’allarme rimane: il rendimento dei Btp sul mercato secondario raggiunge il 6,6 per cento, mentre i Bonos spagnoli arrivano addirittura al 7,6 in una girandola di voci che dà per scontata la richiesta di salvataggio da parte di Madrid. Poi arriva la smentita della Germania, ma il rebus sostanzialmente rimane. È evidente che l’evoluzione degli eventi non riesce a tranquillizzare i mercati, si pensi che ieri sono andati a ruba (la richiesta ha superato l’offerta di 1,9 volte) 752 milioni di euro di Bund tedeschi indicizzati all’inflazione, nonostante garantiscano un rendimento negativo dello 0,39 per cento. Il tutto mentre i Bonos arrancano e il collocamento e i Btp richiedono veri e propri salti mortali per essere collocati.

Italia nella tempesta
Mutui più cari, prestiti per le imprese più onerosi, spesa per gli interessi sul debito che sale. Con l’economia in recessione e i mercati in subbuglio non ci potrebbe essere nulla di più allarmante. Monti, che in più occasioni non ha nascosto di temere nuovi attacchi speculativi nel corso dell’estate, ha incontrato i segretari di Pdl e Pd, Angelino Alfano e Pier Luigi Bersani (oggi vedrà Casini) con i quali ha fatto il punto della situazione perché lo scenario «è molto, molto preoccupante». Ma intanto, afferma il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, «l’Europa deve dimostrare di esserci e di saper badare a se stessa». In ogni caso, fa sapere Alfano al termine del suo incontro di Palazzo Chigi con il premier, il sostegno del Pdl al governo è assicurato fino al 2013, vale a dire per l’intera legislatura, ma «niente nuovi sacrifici. Non si è parlato di nuova manovra o di pareggio di bilancio».

L’allarme di Squinzi
Si mobilita la politica ma si mobilitano anche le imprese. «La situazione è complicata e abbiamo bisogno di molta coesione – ha detto ieri il presidente della Confindustria Giorgio Squinzi – siamo su una barca nella tempesta e dobbiamo remare tutti nella stessa direzione». Anche la Germania, dice il leader degli industriali «non può pensare di sopravvivere da sola alla dissoluzione dell’euro e dell’Europa». Per Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl, che torna a sollecitare un patto sociale per ora però nessuna risposta. Quello che serve, secondo Squinzi, è «procedere con decisione verso gli Stati Uniti d’Europa» rendendosi conto che «in mancanza di misure incisive» anche la crescita del dfferenziale tra Btp e Bund tedeschi può avere una sua logica. Questo nonostante e «molto più competitivo e più forte della Spagna» che potrebbe potrebbe dover usare agli aiuti della Ue. Per Giorgio Guerrini, presidente di Rete imprese, è l’azione del governo Monti che lascia a desiderare, perché «i suoi interventi sono troppo tiepidi rispetto alla gravità della situazione» che non trova soluzione «ma si complica di giorno in giorno» e minaccia di diventare anche più esplosiva.  «Non si può escludere – dice il Ref –  che la recessione si riveli particolarmente lunga e profonda, tale da rendere necessarie ulteriori misure restrittive», anche perché, sulla base delle stime disponibili, «non sarà raggiunto il pareggio di bilancio nel 2013». Monti, insomma, smentisce il varo di una manovra aggiuntiva, ma allo stato delle cose essa è confermata dalle cifre.

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