Tra un anno al voto senza programmi e senza regole

15 Giu 2012 20:27 - di

Nell’immobilismo del quadro politico, con la montante prospettiva di un’Italia guidata da Grillo, tutto sembra generare solo altra e altra confusione. Anche sull’iniziativa lanciata da appena pochi giorni da Angelino Alfano su consultazioni primarie nel centrodestra continuano a piovere elementi che concorrono a fare sempre meno chiarezza. Non è chiaro che tipo di primarie debbano essere quelle che dovrebbero svolgersi nel prossimo autunno e per decidere cosa. Sarebbero primarie di coalizione se esistesse una coalizione di centrodestra che, per il momento, non si appalesa. Di primarie interne al Pdl non si sente francamente il bisogno (basterebbe un congresso) ed il fiorire ormai quotidiano di autocandidature, molte delle quali “esterne”, snatura già il senso della consultazione. Si potrebbe dunque trattare di primarie aperte, nel senso di aperte a chiunque voglia competere. Ma competere per cosa? Per essere indicato come candidato premier da un cartello formato dal Pdl e da eventuali liste costituite dagli altri concorrenti? Non è chiaro il senso della candidatura, tra le altre, di un Vittorio Feltri, a meno che non sia quello di riavvicinare ad una partecipazione politica, con la sua discesa in campo, quell’area di opinione rappresentata dai lettori di “Libero” e magari del “Giornale”, molti dei quali sono stati accompagnati dalle medesime testate su posizioni di rifiuto di tutti i partiti, Pdl compreso. In tutto ciò tra meno di un anno ci sono le elezioni e quasi la metà degli italiani non ha idea del perché votare ancor prima del per chi. Non si sa con quali regole o leggi il nuovo Parlamento dovrebbe essere indicato. Non si sa se ci sarà un confronto bipolare, tra coalizioni, o di tutti contro tutti. Non si sa quali siano eventualmente i programmi, i progetti, le visioni opposte di due eventuali schieramenti. Di sinistre (di lotta e di governo) se ne vedono in gran numero, il centro è svanito e del centrodestra non sono più chiari i contorni. Regalare l’Italia a Bersani – dopo averla data in ostaggio ai tedeschi – è davvero inevitabile?

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