“SuperMario Moody’s” in difesa: non mi sono occupato di rating
Brutti sospetti sono circolati sul web. Sui quotidiani on line, sui siti e poi su Facebook per tutta ieri si sono rincorse le voci della partecipazione del premier Mario Monti al board di Moody’s proprio quando l’agenzia di rating bollò l’Italia come «Paese a rischio» e declassò il nostro debito, spingendoci nella tempesta finanziaria e nella crisi economica. La procura di Trani sta indagando fin dal 2010 sulle agenzie di rating Fitch, Standard&Poors e Moody’s per manipolazione di mercato, su denuncia dell’Adusbef e della Federconsumatori, le due associazioni che si decisero a coinvolgere la magistratura proprio dopo la “sentenza” di Moody’s del 6 maggio 2010 che fu uno dei tanti fattori che contribuirono a mettere in difficoltà il governo Berlusconi. Che sei mesi dopo quella pronuncia, come tutti ricordano, di dimise, lasciando il posto a Mario Monti e ai suoi tecnici. Imbarazzante ipotizzare che dietro il ko dell’Italia in quel momento l’attuale premier possa aver giocato un ruolo. Sulla rete ora dopo ora ha preso corpo un disegno a cui Monti, però, nega di aver mai partecipato. Palazzo Chigi si è affrettato a diramare una nota in cui la carica di Monti in Moody’s è stata sì confermata, ma con la precisazione dei limiti temporali: il Prof la occupò «dal 2005 al 2009 senza mai occuparsi di rating di paesi o aziende. «Tale Advisory Board – prosegue la nota – comportava la partecipazione a due-tre riunioni all’anno che avevano per oggetto scambi di vedute sull’integrazione europea e sulla politica economica dell’Unione europea e non la valutazione, neppure in via indiretta, di stati o imprese sotto il profilo del rating». Così, al “cursus honorum” del premier non manca nulla: ha collezionato non solo l’incarico di consigliere internazionale della Goldman Sachs, conferitogli nel 2005, ma anche le cariche, non proprio ininfluenti, di presidente della Commissione Trilaterale e di socio del Bilderberg Group. Del resto, lo sapevamo, la scelta di Mario Monti in un momento cruciale fu motivata proprio dalla vasta esperienza internazionale. E nel curriculum da “salvatore della patria” l’appartenenza a questi organismi mondiali sembrano diventati dei requisiti irrinunciabili per tutti i Messia delle disastrate nazioni europee.