Sì all’arresto per Lusi, il Pdl lascia l’aula
«Spero ci sia un giudice a Roma e non solo a Berlino». È l’amara considerazione di Luigi Lusi dopo il voto del Senato che ha deciso per il sì al suo arresto. L’ex tesoriere della Margherita ha chiesto al commesso di avere il tabulato delle votazioni, ha letto con attenzione il documento e sottolineato alcune parti, poi ha rimesso tutte le sue carte nella borsa e ha lasciato, senza salutare nessuno, l’aula di Palazzo Madama. Si chiude con questa immagine la lunga e complicata vicenda di Lusi. Il Senato ha detto 155 sì alla richiesta di custodia cautelare da parte della procura di Roma. Tredici i no e un astenuto. Il Pdl non ha partecipato al voto. È stato Lusi ad aprire la seduta con il suo intervento chiedendo che gli venisse riconosciuto «il diritto dei comuni cittadini a un giusto processo».
Parla Lusi
«Non intendo affatto sottrarmi al processo ma affrontare nel dibattimento ogni ambito di responsabilità, nessuna esclusa, come ogni cittadino – ha sottolineato – assumersi la responsabilità non vuol dire essere reo confesso. Ammissione e confessione sono due cose diverse». No a «dover trovare un colpevole per tutte le stagioni dentro a una storia che è decennale». E poi le scuse: «In un momento difficilissimo di crisi finanziaria sento il dovere di pronunciare parole di scuse personali, consapevole della necessità di un gesto di riparazione. Su questo caso c’è stata una campagna di stampa che non ha risparmiato né chi vi parla, né altri, soffermandosi su fatti di costume, penalmente irrilevanti. Su questi ultimi, in un momento difficilissimo sento il dovere di scusarmi». Lusi ha puntualizzato di essere pronto ad assumere «per intero» le sue «responsabilità morali e politiche davanti a questa assemblea e davanti al Paese». Ma, per quanto riguarda «le responsabilità penali», l’ex-tesoriere della Margherita ha chiesto di vedergli riconosciute «le garanzie di un giusto processo senza inutili e devastanti forzature che possono appagare l’ondata di antipolitica crescente». L’aula del Senato si è presentata gremita, e le tribune della stampa affollate come nelle grandi occasioni, per la seduta dedicata alla decisione finale sul suo destino. A destra, al centro e alla sinistra dell’aula, presieduta da Renato Schifani, i colleghi hanno ascoltato in silenzio l’autodifesa di Lusi. Quando ha finito di parlare nessuno gli ha stretto la mano o gli ha rivolto la parola, neanche il suo collega Alberto Tedesco, per il quale l’aula di Palazzo Madama negò tempo fa l’autorizzazione all’arresto. Nella stessa fila, ma a cinque posti di distanza, il segretario dell’Api Francesco Rutelli ha ascoltato in silenzio l’intervento del suo ex amico prendendo appunti e inviando sms con il telefonino. Soltanto quando Lusi ha parlato di «un anomalo traffico telefonico di Rutelli per evitare che si chiedesse il voto segreto», l’ex sindaco di Roma ha scosso visibilmente la testa riprendendo a scrivere appunti. Lusi non ha partecipato al voto e lo stesso ha fatto Rutelli perché parte offesa nel procedimento contro l’ex tesoriere.
Il gruppo del Pdl
«Lasciamo la sinistra di fronte alle sue responsabilità: per questo non parteciperemo al voto». Maurizio Gasparri ha spiegato così in aula la posizione del Pdl: «Sappiamo bene di essere totalmente estranei a queste vicende e non vogliamo correre il rischio di essere strumento di un regolamento di conti altrui». Alcuni esponenti del Pdl, tra cui Domenico Gramazio, hanno esposto nell’aula alcuni cartelli con la scritta: «Rutelli parte civile, no, parte in causa. Prima Lusi e poi li getti». Sul caso Lusi all’interno del Pdl c’è stato un ampio dibattito, una parte del gruppo era favorevole ad appoggiare la richiesta di voto segreto sull’ex tesoriere in nome della tradizione garantista del partito. Altri, in particolare la maggioranza degli ex An ma non solo, erano favorevoli al voto palese e al sì all’arresto. Ha votato contro l’arresto l’ex presidente del Senato Marcello Pera: «Lusi ha fatto un’acuta difesa in punta di diritto in cui ha chiamato in causa dirigenti del suo ex partito ed anche di un senatore di questa Aula. Quei dirigenti che vengono chiamati in causa di correità sono gli stessi che oggi votano per il suo arresto. Non vorrei – ha detto – che il mio voto possa avere l’aspetto di una condanna verso Lusi e di assoluzione di coloro che lui ha chiamato come correi». No anche da Piero Longo, Diana De Feo, Sergio De Gregorio, Marcello Dell’Utri, Guido Possa e i senatori di Coesione nazionale Valerio Carrara, Mario Ferrara, Salvo Fleres, Elio Palmizio e Riccardo Villari. Hanno votato contro, dopo averlo annunciato in aula, anche il repubblicano Antonio Del Pennino ed Alberto Tedesco, entrambi del gruppo misto.
La Giunta delle autorizzazioni
Alla richiesta di arresto della procura di Roma, poco più di una settimana fa ha dato il suo via libera anche la Giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato. Anche ieri il presidente Marco Follini ha letto la relazione con parere favorevole, chiedendo a Lusi di dimettersi per evitare il voto. Pd, Lega e Italia dei valori hanno votato sì all’arresto e così anche Udc, Svp e Autonomie.
Schifani e Bonino d’accordo
«Faccio questo intervento con una certa pena, perché ho pena a vedere trasformarsi quest’aula in un’aula di tribunale. Non è questo il nostro ruolo. Dobbiamo votare su una cosa più semplice». Parole di Emma Bonino, intervenuta prima del voto sulla richiesta di arresto. E al termine del suo intervento, al presidente del Senato, Renato Schifani, è scappato un «brava» a microfono aperto, ma quando se n’è accorto era troppo tardi.