Pd diviso sulle coppie gay: Fioroni sfida Bersani
Ci mancavano le coppie gay a rovinare i sonni a Pier Luigi Bersani alle prese con la patata bollente delle primarie e gli ultimi drammatici sondaggi che lo vedrebbero poco sopra al 30 per cento di voti incalzato da Nichi Vendola al 23 e da Matteo Renzu al 19. Incassato il voto unanime della Direzione di venerdì scorso, l’incauto segretario è scivolato sulla buccia di banana dei diritti civili, croce e delizia dei progressisti: un solido collante quando il vento è in poppa una mina vagante in tempi di bonaccia. La “coraggiosa” letterina inviata da Bersani agli organizzatori del Gay pride bolognese inneggiante all’uscita dal far west ha scatenato l’ira dell’area moderata e degli ex Popolari che si sentono scavalcati da un’iniziativa «personale» legata più alle sfide interne che al calendario parlamentare.
Il segretario democratico, campione di equilibrismi, da una parte continua ad aprire vistosamente al centro casiniano in cerca di alleanza per la sua corsa a Palazzo Chigi, dall’altra crea un solco profondo con il fronte cattolico moderato che non vuole tra i piedi argomenti scomodi che tanto piacciono ai vendoliani. Era dai tempi dei Dico che la sinistra non si arrovellava sul terreno minato dei diritti alle coppie gay: c’è chi sostiene che il segretario non abbia calcolato a sufficienza la portata delle reazioni, chi minimzza e non vede un passo più lungo di quanto non si fosse già fatto con le passate proposte. Sta di fatto che il documento di Bersani fa perdere la pazienza all’ex ministro Beppe Fioroni che minaccia di scendere in campo anche lui per la premiership.
«Non è accettabile che in Italia non si sia ancora introdotta una legge che faccia uscire dal far west le convivenze stabili tra omosessuali, conferendo loro dignità sociale e presidio giuridico», scrive un ispirato Bersani, «sarà anche su questi temi, tra cui mi permetto di aggiungere il divorzio breve, l’introduzione del diritto di cittadinanza per i figli degli immigrati nati in Italia, e il testamento biologico, che nei mesi che verranno di qui alle prossime elezioni politiche, si giocherà la nostra capacità di parlare al Paese». Un fuor d’opera che rischia di pagare carissimo, malgrado i tentativi pompieristici di Marco Follini che si prodiga a mettere pace: «Bisogna evitare una disputa ideologica e capire se si tratta di riconoscere alcuni diritti civili e sociali. Ma evitando di chiedere l’equiparazione delle coppie di fatto alla famiglia». Si scrive “nuovo civismo” si legge “resa dei conti” con il super laico Ignazio Marino che annuncia un testo in Senato «per la piena parità dei diritti che di fatto riprende il modello delle “civil partnership” inglesi, per estendere a tutte le coppie gli stessi diritti offerti alle coppie sposate». È troppo, Fioroni affida ad Avvenire le sue contromosse. «C’è un’area vasta nel Pd pronta a dire no alle coppie gay. Un’area vasta, decisa a costruire una coalizione di governo nuova e capace di individuare ed imporre il dibattito e nel programma le priorità vere». Insomma le unioni omosessuali non sono in cima all’agenda del Paese e non possono essere una priorità programmatica, specie in queste ore drammatiche. Fioroni cita «la crisi occupazionale, la famiglie che faticano a sopravvivere e che non hanno risposte adeguate, i deboli senza punti di riferimento» e avverte: «i voti dei moderati e dei cattolici sono decisivi e nessuno può pensare di farne a meno. Qui non si tratta solo di scegliere il leader ma di fissare programmi e contenuti. E se Bersani dovesse dimenticare le priorità, sarei costretto a riflettere e, magari, a muovermi».
Immediata la replica velenosa di Ivan Scalfarotto: «È giunto il momento di capire quanti pensano, come ha detto Bersani, che unioni tra persone omosessuali, testamento biologico e divorzio breve dovranno essere parte del programma che il Pd proporrà agli italiani alle prossime elezioni e chi invece, come Fioroni, difende posizioni che altrove sono quelle della destra estrema. Sarà un modo per decidere con quale parte di Europa vuole stare il Pd». Anche Paola Concia scende in campo accusando l’ex Popolare di strumentalizzare un tema di coscienza: «Sei tu che con queste affermazioni non fai altro che porgere il fianco alla destra. Sai benissimo che i cittadini che guardano al centrosinistra sono infinitamente più avanti delle tue dichiarazioni, cattolici compresi, come sai benissimo che da un anno stiamo lavorando in Commissione diritti del Pd per una posizione comune non sul “se” ma sul “come” fare una legge sulle unioni gay, così come sul testamento biologico. E tu ti sei sempre sottratto al confronto». Ma Fioroni non molla e spiega che se il Pd davvero vuole un patto tra moderati e riformisti, «che acceda a quella prateria del 50 per cento di elettori che non va a votare ed è di centrodestra», non si possono lasciare alla destra questi temi e dare ai moderati la sensazione di sentirsi fuori posto nel Pd. Intanto dalla sua Firenze Renzi conferma la sfida e torna a togliersi qualche sassolino di scarpa: «Credo che le primarie saranno libere, aperte e democratiche, e che saranno a un turno solo», dice auspicando che «non ci sia nessun giochino». Il sindaco rottamatore ha poi aggiunto: «Se il gruppo di ragazzi e sindaci che in questi anni hanno detto di volere un’Italia entusiasta e che ha fiducia, deciderà di candidarsi, decideremo insieme chi sarà il candidato: se sarò io, lo sarò da sindaco di Firenze, cioè non mi dimetto da sindaco per entrare in Parlamento». Renzi ha ribadito di non avere «nessuna intenzione di mischiarsi ai seggioloni, seggiolini, seggioletti, seggiolucci romani. Bersani, a cui bisogna dire grazie, e il Pd hanno scelto, pare, di far passare la scelta del candidato del centrosinistra a Palazzo Chigi non con un accordicchio o un inciucione tra gruppi dirigenti. E dunque si apre uno spazio».