Il modello francese irrita il Pd

12 Giu 2012 20:14 - di

L’aula del Senato esamina oggi gli emendamenti del Pdl sul semipresidenzialismo. Una partita cominciata in sordina e che potrebbe essere coronata da successo collocandosi in una fase più che mai opportuna per dare un segnale all’opinione pubblica sulle riforme. Ai senatori del Pdl in favore del modello francese si affiancheranno anche quelli di Fli (lo schieramento a favore del presidenzialismo potrà così contare su 137 voti). Ora è importante vedere cosa deciderà la Lega, per nulla ostile a questo tipo di riforma purché il Pdl accetti di votare gli emendamenti del Carroccio che chiedono il Senato federale e un’ulteriore riduzione del numero dei parlamentari rispetto a quella già passata.
Se si verificassero queste condizioni, dunque, l’aula di Palazzo Madama potrebbe accingersi a una votazione storica su una riforma da sempre cavallo di battaglia della destra politica e che è ben vista anche in ambienti del Pd. E proprio per evitare di restare nell’angolo il partito di Bersani, dopo aver sottovalutato la svolta presidenzialista annunciata da Alfano, ha pensato di correre ai ripari. Luciano Violante suggerisce un percorso. «Penso a un referendum», spiega il responsabile Riforme del Pd. Lo schema prevede l’accordo tra i principali partiti per indire un referendum dopo le elezioni politiche del 2013: «Decida il popolo italiano. Se partiamo subito, potremo aprire un grande dibattito nel Paese sulla forma di governo e quindi, dopo le elezioni, fare un referendum. Così nessuno potrà dire che c’è stato un abuso, ma saranno i cittadini a decidere».
Una strada che non convince Ignazio La Russa, il quale vedendo a portata di mano un successo insperato sul presidenzialismo mette in guardia contro le manovre dilatorie del Pd: «Metto in guardia tutti da un’offerta che potrebbe arrivare dalla sinistra, ma che rappresenta solo un modo per eludere la possibilità di fare le riforme, e cioè scegliere di fare un referendum propositivo nel 2013 da tenere con le elezioni politiche» al posto di votare gli emendamenti sul semipresidenzialismo. «Sto preparando – prosegue l’ex ministro della Difesa – una lettera ai parlamentari in cui sottolineo che, per la prima volta, si vota per dire sì o no al presidenzialismo dopo un dibattito che va avanti dalla Costituente fino ai giorni nostri. Non ci saranno mai più delle condizioni così favorevoli. Tutti sappiano che non esistono vie di fuga o alibi per sottrarsi alla scelta: o sì o no. I tempi ci sono». La Russa si rivolge anche a quanti sarebbero nel Pdl tentati da un accordo con il Pd che prevederebbe di affossare il presidenzialismo in aula per avere in cambio un referendum propositivo insieme alle politiche del 2013: «Io – insiste La Russa – non starò in un partito in cui c’è qualcuno che ha votato contro il presidenzialismo. E come me, tanti altri, non staranno nel Pdl un minuto di più se ci fosse gente che presupponendo questo percorso che salva la faccia ad altri e blocca il presidenzialismo, votasse contro questa riforma al Senato».
E subito dopo è Maurizio Gasparri a spiegare che il Pdl è favorevole a una trattativa sulla legge elettorale, che non intende affossare questa possibilità (di qui il dialogo sul doppio turno che si è aperto tra Pd e Pdl) purché non si guardi più con sufficienza alla proposta avanzata sul modello francese: «Vogliamo una nuova legge elettorale, che consenta ai cittadini di scegliere il proprio parlamentare. Intanto però al Senato abbiamo adesso l’occasione per votare sì al presidenzialismo, che darà agli italiani la possibilità di eleggere direttamente il presidente della Repubblica». Ma il Pd insiste, con la capogruppo al Senato Anna Finocchiaro, nel chiedere il ritiro degli emendamenti da parte del Pdl per «collaborare a una legge costituzionale che prevede un referendum di indirizzo».
L’eventualità che il presidenzialismo possa essere approvato in aula toglie al Pd ogni centralità nel dibattito sulle riforme, di qui la scappatoia proposta da Violante e anche l’irritazione manifestata da Dario Franceschini in un’intervista a Il Messaggero in cui afferma che ci sarebbero i tempi per cambiare la legge elettorale ma «se il Pdl fa una forzatura, buttando lì in modo improbabile e strumentale il tema del presidenzialismo, è per far saltare il tavolo».

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