Aiutiamo il Pdl con i contenuti, senza nostalgie e velleitarismi

6 Giu 2012 19:28 - di

Si è aperto, e mi auguro continui nella migliore tradizione del Secolo sempre palestra di dibattito e di confronto della destra politica italiana, con l’articolo di Veneziani e le risposte degli amici La Russa e Corsaro, un confronto sul che fare di fronte all’indubbia crisi del Popolo della Libertà. Crisi di consenso perché crisi di progetto politico, accelerata dalla crisi di un epoca tutta italiana di cui noi siamo stati protagonisti “sempre” nel bene e nel male, come Alleanza nazionale prima come Popolo della Libertà poi. Non è la fine del mondo (non siamo alle profezie Maya) ma è indubbio che  è la fine di un mondo, di un sistema sociale, politico, di un progetto che si è infranto di fronte alla crisi economica  finanziaria legata alla globalizzazione. Sommessamente vorrei ricordare ai tanti amici del nostro schieramento politico che, prima di altri, noi avevamo avvertito le scosse del terremoto che si avvicinava proprio perché noi siamo la rappresentanza politica di un blocco sociale che più di ogni altro è culturalmente lontano dalla finanziarizzazione dell’economia, dal prevalere della cultura multinazionale dei “governi mondiali” politici ed economici. Non un blocco di moderati, ma di partite iva, di piccoli e medi imprenditori, di artigiani, di commercianti, di libere professioni, di lavoratori legati ai valori della professionalità e del merito, profondamente radicati nei valori della creatività, della flessibilità, della libertà individuale, della struttura sociale fondata sulle famiglie e sulla comunità.
Diceva Pinuccio Tatarella che la destra viene dall’infinito e va verso l’eternità come a dire che il sistema valoriale che contraddistingue questo mondo non è messo in discussione dagli eventi che si succedono. Ma è presuntuoso ed errato credere che possa essere rinchiuso nella gabbia di una parte politica, di uno schieramento di parte. Tanto è vero che la nostra destra ha sempre marciato oltre: oltre l’Msi, per un grande raggruppamento di liberali e monarchici, oltre Alleanza Nazionale per un incontro con il centro politico e riformista di ex democristiani ed ex socialisti, poi oltre il Polo delle libertà, poi al Popolo della libertà. Sono entrato in politica nel 1956 mentre i carri russi sferragliavano sul ponte delle Catene a Budapest e ragazzi della mia età, tredici anni, affrontavano i carri gettando i piatti nei cingoli e molotov nelle torrette. Che significato avrebbe oggi per me recuperare o riconoscermi in un sistema valoriale asettico  e atemporale, riproporlo come se il mondo si fosse fermato. E la risposta viene ancora dal profondo realismo dell’esperienza politica della destra in Italia con un alto senso del bene comune perché dotato di un alto senso dello Stato e delle istituzioni. Dobbiamo riprendere in mano la definizione di un progetto politico per il Pdl, all’interno del Pdl, aiutandolo a ritrovare il filo logico della rappresentanza politica dei nostri ceti di  riferimento. La realtà è che di fronte a noi, oggi, incombe il problema dei problemi: il bene comune dell’Italia, l’interesse nazionale in rapporto all’Europa che conosciamo, e l’Europa in rapporto alla globalizzazione. Abbiamo lasciato Palazzo Chigi per una carenza obiettiva di governo di fronte alla crisi europea (e sarebbe opportuno che in questo trauma politico di cui paghiamo le conseguenze si procedesse nel Pdl ad una analisi meno emozionale e più politica) e non possiamo che ripartire da qui. In politica non si può mai sfuggire ai temi della realtà e con il nostro popolo dobbiamo ritrovare la ragione di una battaglia politica: parliamo di cessione di sovranità nazionale di deficit nazionale, di deficit di democrazia, di un nuovo modello di Europa politica, di difesa dell’interesse nazionale e del modello economico e sociale italiano, di quali sacrifici fare per la speranza di un nuovo modello di sviluppo italiano. Il blocco del centro sinistra è culturalmente pianificatore, nutrito di regole e di procedure, di mediazioni e di compromessi. È Prodi, presidente della commissione europea. E noi? La risposta la dobbiamo dare politicamente in tempi rapidi, senza perdere tempo in dibattiti valoriali, nutriti di nostalgie per un passato che abbiamo consegnato, gloriosamente alla storia fondando il Pdl. Se qualcuno nel Pdl non capisce il senso della sfida politica che abbiamo di fronte e si trastulla con l’anticasta e il referendum sull’euro è liberissimo di uscire dal Pdl. Noi no.

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