Una nazione che corre verso il suicidio
La crescita del numero di imprenditori che commettono suicidio è un fenomeno di gran lunga più rilevante della lettura sbrigativa che ne stanno dando il governo e i media che lo sostengono. I suicidi nei momenti di crisi – personale o epocale – non sono purtroppo una novità, ma sono sintomo di malattie diverse. Il suicidio nasce dalla mancanza della speranza, dalla certezza che un cambiamento in meglio non sia possibile. Nel caso di precedenti crisi economiche – non solo quella del ’29 ma anche quella dell’87 e del ’92 – a suicidarsi furono banchieri e operatori di borsa, che avevano bruciato miliardi di risparmi e gettato sul lastrico migliaia di famiglie. Purtroppo siamo avvezzi anche ai suicidi di padri di famiglia per la disoccupazione e la miseria. Ma il suicidio dell’uomo di impresa è un fenomeno anomalo, perché l’imprenditore per natura rischia di suo – mentre il banchiere e il finanziere giocano coi soldi degli altri – e da lui dipende il lavoro di altre persone. L’ideologia dominante in Italia ci ha abituati a vedere nell’imprenditore il nemico di classe, colui che affama, anziché colui che dà lavoro. Lo stesso sistema delle relazioni industriali che ha condannato l’Italia al declino si fonda su questo assioma. L’imprenditore è stritolato dagli esattori delle tasse e dalle banche che non gli danno ossigeno. La mancanza di speranza porta al suicidio e la speranza è il fondamento della politica. Se non si crede che qualcosa possa cambiare, si rinuncia anche a votare, a discutere e alla fine a pensare. Il politologo Giorgio Galli – commentando ieri il voto – rilanciava la lettura “sinistra” secondo la quale la crisi economica dà ossigeno alla destra anticapitalista e segnalava il caso di Grecia e Francia. Un giornalista gli ha risposto che questo in Italia non è accaduto e che invece si è affermato Grillo. Questo è perché i poteri finanziari e le banche, lungimiranti, prima che la crisi si abbattesse hanno inventato “l’anti-casta” per deviare da sé il giusto risentimento dei cittadini e disarmato la politica, che è l’unico potere che possa controllare l’economia. E per non sbagliare, hanno messo le banche al governo.