Pensioni, il Cav aveva ragione ma guai a dirlo

29 Mag 2012 20:57 - di

Vatti a fidare di banchieri e tecnici. E soprattutto, vatti a fidare di una sinistra che, pur di “abbattere” Berlusconi, ha criminalizzato qualsiasi sua azione per aprire le porte proprio ai banchieri e ai tecnici, chiamati a stangare per poi consegnare a Bersani e compagni (predestinati, secondo loro, alla vittoria elettorale) i conti in ordine. Le cifre parlano chiaro: ora è difficile aprire un mutuo, le banche fanno resistenza; è difficile risparmiare; è difficile andare avanti. In più, c’è il nodo pensioni. Ma anche qui, dati alla mano, viene scoperto – in ritardo – il bluff della grande protesta anti-Cav: nel 2011 c’è stato un calo consistente delle pensioni di vecchiaia e di anzianità. Il rapporto annuale dell’Inps, presentato alla Camera dal presidente Antonio Mastrapasqua, fotografa una situazione in rapida evoluzione che dimostra come la riforma varata dal governo di centrodestra, grazie all’effetto delle cosiddette “finestre mobili”, aveva prodotto buoni risultati ancora prima dell’arrivo della Fornero e della sua riforma varata con l’accetta. E pensare che allora l’intero centrosinistra e il mondo sindacale si mobilitarono. Monti, che ha inferto una stangata di vaste proporzioni, non è stato contestato praticamente da nessuno.

La ricetta dei tecnici

La ricetta dei tecnici al governo si è dimostrata più indigesta che mai. Sono decenni che, sull’onda dell’infatuazione per la Borsa e per la previdenza complementare, si spingono i lavoratori a investire nei fondi pensione e si riducono gli assegni erogati. Contemporaneamente la crisi dei mercati ha portato al flop di questi investimenti del cui andamento ha beneficiato solo chi ha speculato nel breve periodo. Gli economisti avevano spiegato che nel lungo periodo quello azionario si sarebbe rivelato il migliore degli investimenti possibili e sono stati quindi sbugiardati. I pensionati, invece, hanno capito che di loro non ci si può fidare. Così come non ci si può fidare dei banchieri che mettono assieme prodotti finanziari fantasiosi, poi fanno il botto e pretendono il salvataggio pubblico, mentre gli autori delle speculazioni continuano a percepire stipendi di milioni di euro l’anno. In virtù di quali risultati non si capisce.

I numeri dell’Inps

Il rapporto Inps spiega che, rispetto al 2010,  le pensioni di anzianità sono calate del 14,7 per cento e quelle di vecchiaia del 29,3. Un pensionato su due (7,2 milioni di persone pari al 52,1 per cento del totale) ha un reddito inferiore a 1.000 euro al mese e il 77% degli assegni non arriva a questa cifra. A stare peggio sono le donne (569 euro di media) mentre per gli uomini  la media si assesta a 1.047 euro al mese. Il tutto in presenza di una spesa complessiva che è comunque aumentata del 2,4 per cento rispetto al 2010, raggiungendo i 195,8 miliardi. Ma nonostante questo, solo il 2,9% dei pensionati può contare su più di 3.000 euro al mese. «Il sistema previdenziale italiano – dice l’ex ministro Maurizio Sacconi – è da tempo sostenibile sul piano finanziario, anche se al prezzo di elevate contribuzioni, ma ora è insostenibile sul piano sociale per il repentino passaggio alle nove regole senza scale o scaloni».

La truffa degli esodati

Il sistema è sostenibile ma i lavoratori sono poco garantiti. Hanno stretto un patto con la previdenza pubblica, hanno versato contributi per una vita e adesso si vedono corrispondere trattamenti pensionistici da fame. Nel caso degli esodati (lavoratori che utilizzando le regole esistenti per stati di crisi avevano abbandonato l’azienda per accedere alla pensione attraverso la cig e la mobilità) addirittura nulla. Le nuove regole della Fornero hanno sorpreso centinaia di migliaia di persone e li hanno lasciati in mezzo al guado. Adesso, dopo la protesta dei sindacati, la Fornero conferma una soluzione per circa 65mila persone, per il resto si vedrà. Ugl, Cgil, Cisl e Uil però non ci stanno: contestano le cifre (340mila e non 65mila) e chiedono un intervento. Anche l’Inps, del resto, non concorda con il governo. Le sue stime sono di 130mila lavoratori. L’Inps, intanto, quest’anno registrerà un “rosso” di 5,97 miliardi. Tutta colpa dell’incorporazione dell’ex Inpdap, con un disavanzo finanziario di 6,22 miliardi.

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