La lingua italiana è un patrimonio. Spiegatelo al Pd
È difficile, po’ si scrive con l’apostrofo e non con l’accento, soqquadro è l’unica parola con due “q”, indovinare gli accenti è come giocare al lotto, ci sono regole e tante eccezioni e ormai prevale un uso distorto. Signori, è la lingua italiana, un patrimonio che qui da noi sembra dimenticato – tra inflessioni dialettali e politiche padane – mentre è rivalutata all’estero. La notizia dovrebbe far riflettere: fra i primi cinque idiomi studiati al mondo, la lingua italiana è strumento di dialogo interculturale, sviluppo e crescita economica. Lo dimostrano i 22mila stranieri che ogni anno vengono nel nostro Paese per approfondirne gli aspetti linguistici e culturali studiandola nelle scuole Asils che riunisce le migliori scuole di italiano in Italia. C’è un rapporto che lo conferma, con tanto di cifre. Sono dunque 22mila gli stranieri che ogni anno trascorrono in Italia un periodo più o meno breve di tempo per imparare l’italiano. Letteratura, arte, design e moda sono fra i principali interessi culturali. Non è minore l’interesse per l’arte e la cucina. All’estero piace tutto, dell’Italia. Piace un po’ meno dalle nostre parti. E non a causa dei leghisti e delle loro iniziative, troppo folkloristiche per essere credibili. Ma per gli sgambetti di una sinistra esterofila. Che sorrideva ironica quando il governo Berlusconi parlava di rafforzare l’insegnamento dell’italiano nelle nostre scuole contro chi aveva cercato invece di svilirlo, depauperando i licei. Qualcuno dovrebbe spiegarglielo, magari quei ventiduemila stranieri. Non è mai troppo tardi per capirlo.