Con le leggi del Governo Berlusconi risultati impensabili nella lotta alle mafie
Troppo spesso nel nostro Paese l’Antimafia è stata solo una tribuna per élite mediatico-giudiziarie in cerca di visibilità. Il Procuratore Antimafia Grasso ha avuto di recente il coraggio di schierarsi anche contro quella parte (una minoranza) della magistratura politicamente militante e di mettere in luce gli aspetti positivi di una recente regolamentazione. Nei primi 3 anni dell’attuale legislatura, si sono compiuti infatti passi in avanti impensabili sul piano della lotta alle varie mafie, non solo a “Cosa nostra”. Il sequestro di 40 miliardi di beni, la confisca di 3 miliardi di euro e l’arresto dei primi 40 latitanti sono traguardi che neppure si potevano immaginare senza le leggi del governo Berlusconi. Il merito principale va ovviamente alla magistratura e alle forze di polizia che, però, senza gli strumenti normativi ben poco avrebbero potuto. Deve essere anche sottolineato come quelle misure siano state lungamente invocate anche da Giovanni Falcone senza che nessun governo di centrosinistra le abbia adottate. Con le disposizioni emanate dal governo Berlusconi la “pericolosità” dei beni dei mafiosi perde il requisito dell’attualità, sicchè oggi è possibile procedere contro gli eredi dei mafiosi e nei confronti di cespiti di cui vi siano semplici indizi di appartenere ad associazioni mafiose ovvero che siano proventi di attività preparatorie degli stessi reati. Ma lo sviluppo più importante è stato delineato dal Codice Antimafia dell’ex-ministro Angelino Alfano. A pochi giorni dalla ricorrenza della strage di Capaci del 23 maggio e da quella del 19 luglio 1992, in cui persero la vita Paolo Borsellino e gli agenti di polizia della scorta, possiamo dire che il Procuratore Antimafia Grasso ha reso un grande servizio alla verità storica della lotta alla mafia.