Caro Saviano, sei bravo ma sempre meno libero…
Ha ragione Nichi Vendola: “Quello che non ho” dimostra che per fare tv non servono volgarità e imbecillità. Forse però s’era appisolato prima dei trenta minuti di monologo della Litizzetto sulla parola “stronzo”. Tranquillo, Nichi, avevi le tue ragioni, come i tre milioni e passa di telespettatori che hanno resistito davanti al piccolo schermo, appesi a uno sbadiglio per consacrare il successo di Roberto Saviano su La7 e il candeggio della propria coscienza, finalmente immacolata dopo mesi di Grande fratello, Pacchi e Bonolis. Resistenza (all’abbiocco) è stata la parola d’ordine degli italiani che si sono imposti di partecipare alla sagra della facile indignazione, dove si parla male della mafia, della violenza sulle donne e perfino, pensate un po’, della strage di Beslan. Tranquillo, Roberto, anche a noi piace la tua tv di denuncia, pedagogica, di impegno civile, perfino quando è noiosetta come quella di queste sere. Lascia stare Ferrara: per noi non sei un mediocre. Ma non ci piaci quando il tuo impegno serve a srotolare passerelle (Guccini, la partigiana Sonia, Scola, Ermanno Rea, Erri De Luca) per i narcisismi di un’intellighentia di sinistra che ti ha rinchiuso in un recinto nel quale ti muovi, ormai, con i riflessi appannati e compulsivi di una tigre in gabbia. Sei testimonial e Madonna pellegrina di una parte: dignitoso, coraggioso, ma sempre meno libero. E stavolta non per colpa di Gomorra.