Berlusconi tentato: scendere in campo? Me lo chiedo anch’io
Nessuno nega che lo stato di salute del Pdl non sia buono, però è sulle soluzioni da mettere in campo che la confusione regna sovrana, non tra i dirigenti, bensì grazie alle ricostruzioni offerte dai media. In particolare una, quella di “Repubblica”, che dava per imminente lo scioglimento del Pdl, ha fornito una griglia interpretativa distorta che lo stesso Silvio Berlusconi ha smentito ieri definendola del tutto infondata, tanto si sa – ha aggiunto – che quello è un giornale “ostile”. Non è lo scioglimento, allora, la novità su cui il Pdl sta riflettendo ma una proposta di riassetto istituzionale che riguarderà anche la legge elettorale e la riforma della Costituzione.
Gli interrogativi, così, restano tutti sul tappeto. Berlusconi è tentato dalla discesa in campo? «Io stesso me lo chiedo», è la risposta dell’ex premier, che ieri ha preso parte al vertice del Ppe a Bruxelles, per poi chiarire che «una mia ricandidatura a premier è esclusa». Tuttavia sul suo futuro non dà risposte nette: «Farò quello che è necessario per il Paese».
Sull’ipotesi di un nuovo predellino, stavolta per sciogliere il Pdl e annunciare una nuova formazione, Berlusconi risponde che no, che semmai pensa di fare uno sgambetto anche se, aggiunge, «lo sgambetto vogliono farlo a noi».
Nel Pdl si sta ragionando sulle mosse da fare, attorno all’obiettivo che resta quello di federare le forze anti-sinistra, anche se il termine “moderati” è bene non usarlo, perché nel paese non c’è proprio il clima più adatto per veicolare questo tipo di etichetta. Non solo perché c’è rabbia, ma anche perché c’è voglia di cambiamenti profondi, radicali. «Noi vogliamo cercare di costruire in Italia il Partito Popolare Europeo – dice Berlusconi – e quindi una formazione, chessò una federazione per l’Italia, in cui si riconoscono tutti gli italiani che non si riconoscono nella sinistra». «Sappiamo bene che i moderati – ha aggiunto – sono la maggioranza del Paese dal ’48 ad oggi. Ma se si dividono non lo sono più. E vince la sinistra che è unita durante le elezioni e poi è divisa tutto il tempo». Lo schema dunque è chiaro a tutti. Sul modo in cui arrivarci occorre prendersi il tempo necessario per un confronto interno approfondito, senza farsi dettare i tempi dai titoli sensazionalistici dei giornali.
Le incognite si chiamano Casini e Montezemolo. Il primo non si sbilancia, e dice di voler attendere che si chiariscano i contenuti attorno ai quali aggregare la nuova federazione dei moderati. Il secondo fa capire che la discesa in campo è possibile e probabile, ma per innovare e non per restaurare. Ma sul tema Berlusconi ha una certezza: «Se Montezemolo scende in politica non può che stare con i moderati». E Alfano chiosa: «Montezemolo merita rispetto, ma da parte nostra nessun endorsement».
Anche l’effetto-Grillo pesa, e molto, sul dibattito interno al Pdl dopo la sconfitta alle amministrative. Bisogna imitarlo? Certo il coinvolgimento nel movimento 5 Stelle di volti nuovi ha contribuito non poco al successo di Grillo e dunque se ne dovrà tenere conto nell’elaborare un’offerta politica coinvincente per i tanti elettori del Pdl che hanno preferito restare a casa e non recarsi alle urne.
Nel Pdl tutti sanno che il compito di Angelino Alfano in queste settimane non sarà facile, perché bisogna anche dare risposte al malcontento interno. Un disagio che ieri si è concretizzato in un editoriale di “Libero” dai toni tutt’altro che concilianti: «Dimettetevi tutti». E Alfano ha risposto che con questa logica non si va da nessuna parte: «Rispettiamo l’opinione, ma noi abbiamo in campo una fase di rinnovamento alla quale procederemo. Un partito serio non ragiona con la logica di una ghigliottina». E non smentisce la fase nuova, l’annunciata rivoluzione che avrebbe dovuto essere formalizzata subito dopo le amministrative. Ma dal voto, sottolinea Alfano, sono passati solo due giorni: «Sono passate solo 48 ore dalle elezioni. Abbiamo chiaro quello che c’è da fare. Con il concorso di tutti credo che si possa aprire una fase nuova per la politica».
«C’è un tentativo chiaro – ha continuato Alfano – di delegittimare il Pdl e di farlo apparire come un partito che non c’è. Noi invece ci siamo», dice il segretario puntando l’indice contro «tutta un’operazione di ricostruzione mediatica», un tentativo di «avvelenamento di pozzi che non avrà assolutamente esito». Chi dà per morto il Pdl non ha capito che ha dinanzi un partito vero: «Noi – continua Alfano – abbiamo subito una battuta d’arresto ma qualcuno cerca di spacciarla per scomparsa. Noi continueremo ad essere in campo. Certo non sta vivendo un momento felice nessun partito». Quanto al direttore di “Libero” e al suo invito, ognuno deve fare il suo mestiere: «Lui faccia il suo, noi facciamo il nostro e facciamo le nostre valutazioni che non sempre convergono con quelle dei giornalisti». Va da sé, per Alfano, che se il progetto è quello di riunire l’area dei moderati, lo "spezzatino" non rappresenta la soluzione migliore perché determinerebbe ulteriori divisioni in un campo che invece deve riguadagnare unità e compattezza.
E ai giornalisti che continuano a parlare di spacchettamento del Pdl (da dividere in più liste con l’unica guida di Berlusconi) ha replicato ieri anche l’ex ministro Altero Matteoli: «Sostenere ipotesi di spezzettamento spingerebbe il Pdl verso la resa, significherebbe lasciare vuota un’area politica maggioritaria nel Paese e regalare la vittoria alle sinistre. L’unica credibilità per il Pdl e per chi non si riconosce nella sinistra è una prospettiva di unità che, se c’è la volontà politica, si può costruire tecnicamente in vari modi». «Spero che il partito – ha aggiunto – tenga conto nella sua riflessione che gli italiani si aspettano dalla politica soluzioni alla crisi economica, che si riesca a dare lavoro a chi lo ha perso o non ce l’ha. Sono temi che vengono molto prima della legge elettorale e delle riforme costituzionali».
Non vuol sentir parlare di azzeramenti e di spacchettamenti Fabrizio Cicchitto:«Possiamo fare tutti gli esercizi possibili e immaginabili di spacchettamenti, rottamazioni, dimissioni e quant’altro; ma se non prendiamo coscienza che il problema fondamentale è quello della linea politica andiamo dietro solo a diversivi». «Poi – continua – si possono fare tutti i rinnovamenti e i restyling possibili e ragionevoli, ma essi da soli non saranno mai sufficienti a surrogare la linea politica e programmatica, che è la ragione di fondo ed essenziale per cui i partiti vincono o perdono.
Detto tutto ciò, reputiamo che Angelino Alfano, ovviamente d’intesa con Berlusconi sia la personalità politica in grado di portarci fuori da questa situazione di difficoltà purché possa fare tutte le scelte che ritenga necessarie».