Soldi ai partiti, subito le nuove norme
Bisogna fare presto: la nuova legge sul finanziamento pubblico ai partiti sta ormai prendendo la sua forma definitiva e nelle intenzioni della classe politica dev’essere una risposta immediata agli scandali che hanno coinvolto Lusi, ex tesoriere della Margherita, e il cerchio magico di Umberto Bossi. Pdl, Pd e Terzo Polo stanno ultimando il testo che sarà presentato oggi con l’auspicio che le consultazioni tra le forze politiche durino il minimo indispensabile per procedere subito alla riforma, magari anche attraverso un decreto.
Intervistato dal Corriere della Sera Angelino Alfano parla di una riforma che renda «i cittadini più protagonisti» con un «meccanismo di finanziamento come il 5 per mille». Tuttavia il Pdl non vede di buon occhio la strada del decreto: la materia, dice Alfano, compete al Parlamento e non al governo. Tesi rafforzata dalle dichiarazioni di Altero Matteoli («Monti non se ne deve occupare») e di Maurizio Gasparri, che propone un iter ancora più breve dell’opzione decreto con l’approvazione delle nuove norme in commissione in sede legislativa. La riforma, secondo le indiscrezioni già filtrate nei giorni scorsi, dovrebbe prevedere il controllo dei bilanci dei partiti da parte della Corte dei conti e la pubblicazione delle voci di spesa su internet. L’accelerazione sulle nuove norme trova d’accordo anche l’Idv che nei giorni scorsi aveva annunciato una raccolta di firme per un nuovo referendum che abroghi la legge attuale sui rimborsi elettorali. Il Pd, invece, tenta ancora di difendere la sua presunta “diversità” (Bersani dice: «Non ci sto a finire nel mucchio») dimenticando il caso Penati. Sul fatto che un segnale vada dato, e subito, sono però tutti d’accordo. Resta da vedere se il segnale sarà efficace e convincente. I radicali da sempre in prima linea contro il finanziamento pubblico ai partiti, propongono una norma che «vieti alle imprese vincitrici di appalti pubblici o che comunque erogano servizi alla pubblica amministrazione di finanziare, anche in chiaro, i partiti politici».
Una legge controversa
Il finanziamento ai partiti fu introdotto nel 1974 dalla legge Piccoli e nasceva sulla base di un intento buono: ricevendo denaro pubblico i partiti sarebbero stati meno permeabili dai tentativi di corruzione. Una successiva legge del 1981 introduceva l’obbligo di pubblicità e iscrizione a bilancio dei finanziamenti privati superiori a una certa cifra. Sulla scia dello scandalo di Tangentopoli, gli italiani nel 1993 si espressero in un referendum decidendo per il sì all’abrogazione del finanziamento pubblico. Ma l’anno seguente la legge fu reintrodotta con una formulazione diversa: non più “finanziamento pubblico ai partiti” ma “contributo per le spese elettorali”. Una sorta di finanziamento pubblico venne introdotto poi con la legge 2/1997 tramite l’istituzione del 4 per mille ai partiti e formazioni politiche, una possibile scelta che i contribuenti potevano fare al momento della dichiarazione dei redditi ma senza poter indicare una preferenza per una precisa forza politica. Fu però molto bassa la percentuale dei contribuenti (solo il 4 per cento) che decise di erogare il 4 per mille ai partiti.
Spese lievitate
Con la legge n. 157 del 3 giugno 1999 viene reintrodotto un finanziamento pubblico completo per i partiti. La normativa viene modificata dalla legge n. 156 del 26 luglio 2002, “Disposizioni in materia di rimborsi elettorali”, che trasforma in annuale il fondo e abbassa dal 4 all’1% il quorum per ottenere il rimborso elettorale. Infine, con la legge n. 51 del 23 febbraio 2006, l’erogazione è dovuta per tutti e cinque gli anni di legislatura, indipendentemente dalla sua durata effettiva. Con quest’ultima modifica l’aumento è stato esponenziale, giungendo nel 2008 alla cifra di 501.620.740 euro. Nel 2010 i partiti italiani hanno ricevuto soldi pubblici per una cifra pari a 285 milioni di euro, i tedeschi ne hanno ricevuti solo 133 milioni, i francesi ancora meno, 80 milioni, mentre in Gran Bretagna il finanziamento pubblico è destinato solo all’opposizione.
Prima del 1974
Ma come si finanziavano i partiti prima del 1974? Quei tempi li ricorda bene Franco Servello, senatore di An fino al 2006 e protagonista della storia della destra fin da quando il Msi muoveva i primi passi sulla scena politica. «I soldi arrivavano dagli iscritti e dalle donazioni dei privati – racconta – che volevano a quei tempi essere rigorosamente anonimi, come una signora che da Milano veniva alla sede nazionale di Roma per lasciare una busta e se ne andava senza dire chi fosse, senza voler incontrare nessuno. Io sono riuscito una volta a intercettarla, volevo almeno ringraziarla, e riuscii a scoprire così che dirigeva una casa editrice, ma i suoi contributi dovevano essere coperti dal più assoluto anonimato. Anche industriali e imprenditori facevano le loro donazioni. Gli iscritti erano generosi con i contributi, davano quel che potevano. Tutte le risorse raccolte venivano usate esclusivamente per il partito e per il suo giornale, il Secolo. Erano tempi molto difficili e il nostro partito doveva ogni giorno lottare per la sopravvivenza, non solo economica».