Monti promette un’Italia migliore (ma nel 2020)
Lo spettro della Grecia, sullo sfondo. La realtà di un Paese che comincerà a crescere solo nel 2013 con un balzo nel 2020, nel futuro lontano. Nell’immediato, un pareggio di bilancio da raggiungere nel 2013, a costo di un’altra manovra “lacrime e sangue” di cui non bisogna parlare, assolutamente. Nella conferenza stampa di presentazione del Documento economico e finanziario, il premier Mario Monti usa il metodo di sempre: pessimismo cosmico e promesse mirabolanti. Ma stavolta si veste anche di un insolito ruolo di preveggente, quando inizia una lunga dissertazione sull’Italia che verrà quando lui non ci sarà più (a Palazzo Chigi, ovviamente). Intanto ieri sono arrivati gli ultimi dati del Censis, che parlano di un ulteriore crollo dei consumi: l’87% degli italiani ha già tagliato sulle spese alimentari, brutto segno. Ma Monti non lo dice. «Il compito di questo ristabilimento di un’Italia capace di crescere è appena cominciato», esordisce in conferenza stampa. «Abbiamo voluto evitare, e ci battiamo ogni giorno per continuare ad evitare, un drammatico destino come quello della Grecia», aggiunge. Immediatamente parte il monito ai partiti che lo sostengono, il giorno dopo il vertice notturno di sei ore nel corso del quale Alfano, Bersani e Casini hanno rinnovato il patto di maggioranza, a condizione che si metta finalmente mano allo sviluppo. «I mercati – ha avvertito il premier – guardano anche alla riforma elettorale, la riduzione del numero dei parlamentari, il finanziamenti ai partiti». Temi dei quali «non pensino i partiti che siano cosa diversa o irrilevante» ai fini della «credibilità» che conta anche per lo «spread». In Grecia ci sono stati 1725 suicidi, «noi lo eviteremo», ha affermato ancora, ma è necessario che i partiti «condividano le riforme al di là della vita breve di questo governo».
Numeri come macigni
«La congiuntura internazionale resta debole e incerta. Sul piano interno la crescita non tornerà fino al 2013. Il disagio occupazionale tocca direttamente o indirettamente quasi la metà delle famiglie italiane. È necessario agire con determinazione per completare la sequenza di riforme e mettere il Paese in grado di ripartire contribuendo attivamente a far tornare la ripresa economica», scrive Monti nel Def. «Il prossimo anno – aggiunge – deve essere per l’Italia un anno di profonda trasformazione, in continuità con quanto già avviato nei mesi passati». In base alle stime del governo, le riforme dovrebbero aumentare la crescita di 2,4 punti percentuali tra il 2012 e il 2020. L’Italia, si legge nel Def, ha realizzato le riforme che si era proposta di portare a compimento con il supporto della Commissione: il consolidamento delle finanze pubbliche, la riforma del mercato del lavoro, l’aumento della concorrenza, la semplificazione della pubblica amministrazione, il completamento delle infrastrutture. Malgrado i progressi compiuti, resta ancora molta strada da fare, in un contesto più benigno ma ancora caratterizzato da elementi di incertezza. «I prossimi mesi offrono una finestra di opportunità che deve essere sfruttata». «Siamo ben consapevoli e vogliamo convincere i cittadini che è solo l’inizio di una operazione che durerà molti anni, il che non significa che saremo molti anni senza crescita e alleggerimento della difficile situazione. Ma la ricostruzione dell’economia italiana richiederà molti anni», ha aggiunto Monti, che nel Def è tornato anche sulla riforma del lavoro. «La preoccupante crescita della disoccupazione e il basso livello di occupazione, in particolare di giovani e donne, mostra che è urgente riformare un mercato del lavoro segnato da ingiustizie e disfunzioni», sottolinea il premier. «È un mercato duale – spiega – in cui alcuni, titolari di un contratto a tempo indeterminato, godono di levate tutele, altri con contratti precari hanno modeste prospettive di miglioramento, poca formazione, tutele scarse».
L’oroscopo del premier
Monti fa il pessimista sul presente, ma l’ottimista sul futuro, ipotizzando che tutte le azioni intraprese o quelle ancora da varare abbiano prodotto i risultati sperati. Più giovani laureati e che lavorano. Donne che riescono a conciliare bene lavoro e vita familiare. Asili, tanti e che funzionano. Bollette meno care e città meno inquinate. Insomma un esercizio di ottimismo con il quale il premier apre il documento di economia e finanza, segnando così obiettivi da raggiungere, magari con sacrifici.
Ecco parte del lungo testo introduttivo: «Proviamo a immaginare che nel 2020 il 69 per cento delle persone tra i 24 e i 65 anni abbia un’occupazione, quasi il 10 per cento in più di oggi. Proviamo a pensare che per una donna conciliare famiglia e lavoro non sia una corsa a ostacoli, perché esiste un moderno congedo parentale, sono diffuse e accessibili strutture di asilo per i bambini o di cura per gli anziani e i negozi sono aperti in orari che consentono di gestire giornate secondo le proprie esigenze. Immaginiamo che i servizi pubblici essenziali non siano al Sud di qualità sistematicamente inferiore a quelli del resto del Paese. Pensiamo di poter fare affidamento su di un sistema efficiente e moderno di assicurazione contro i rischi di perdita del lavoro, che copre tutti i lavoratori, qualunque contratto abbiano e che, il numero di persone a rischio di povertà si sia ridotto di due milioni rispetto al 2010. Immaginiamo di aprire un’attività economica senza chiedere autorizzazioni e, se abbiamo meno di 30 anni, di poter avviare una impresa con un euro di capitale. In caso di controversie commerciali, possiamo contare su procedure giudiziarie che permettono di concludere un processo civile in 394 giorni come in Germania, invece che in 1210 come accade oggi in Italia. Immaginiamo che almeno un terzo della popolazione tra 30 e 34 anni abbia la laurea, anche perché si corre sempre meno il rischio di uscire dal sistema scolastico già nei primi anni di educazione, come invece accade oggi al 18,8 per cento dei giovani, un terzo in più di Germania e Francia. Immaginiamo che per un giovane ricercatore valga la pena pensare la propria carriera in Italia perché gli investimenti in ricerca sono cresciuti fino all’1,53 per cento del Pil e ci sono almeno 7 occupati nel settore ogni mille abitanti, come in Francia, Austria o Germania. Immaginiamo città meno inquinate e bollette meno care perché l’Italia è all’avanguardia nell’efficienza energetica. Immaginiamo di dialogare, da cittadino, lavoratore o imprenditore, con l’amministrazione pubblica via internet, grazie a una connessione a banda ultralarga ormai accessibile al 100 per cento della popolazione. E di pagare meno tasse perché l’amministrazione dello Stato è più efficiente e costa meno. Mentre il debito pubblico è sceso sotto la soglia del 100 per cento del Pil, dopo aver toccato il 120 per cento nel 2012». Firmato: Mario Monti, il tecnico oroscopista…
Abc restano in attesa
Del vertice dell’altra sera, Alfano, Bersani e Casini hanno parlato soprattutto della crescita, che al momento appare una priorità comune dei partiti, meno del governo. «Il primo modo per sostenere la crescita del Paese è smettere di aumentare le tasse. La nostra idea è basta tasse e basta dare l’impressione che ogni provvedimento del governo contenga un nuovo balzello. Questa è una idea chiara che noi intendiamo sostenere. Non si possono mettere più tasse. Basta!», dice Angelino Alfano, segretario del Pdl. Casini informa che martedì sera s’è parlato anche di lavoro e giustizia. «Sul lavoro sono state esaminate le richieste delle imprese e considerato che risultano compatibili con l’impalcatura della riforma», ha detto il leader del Terzo polo. «C’è un Paese che soffre molto – ha aggiunto il segretario del Pd Bersani – che ha sulle spalle un’eredità pesantissima: dal governo sono emerse iniziative interessanti e positive».