Super Mario e l’urlo nel silenzio
Non ha parlato per ore, ha lasciato trapelare solo indiscrezioni attraverso il suo staff. Monti, uno dei “dichiarazionisti” più incalliti (secondo solo a Giorgio Napolitano) ha scelto di cucirsi la bocca. È bastata quella frase infelice sul consenso – che lui avrebbe a dispetto dei partiti ridotti al lumicino – per non essere più Sua Maestà. Un’attenta strategia gli ha evitato di rispondere per le rime, in particolar modo al Pd, e di finire come i capponi di Renzo evocati proprio da Bersani. Aveva bisogno di evitare frizioni per recuperare terreno e ha pensato, come sosteneva Charles De Gaulle, che niente rafforza l’autorità quanto il silenzio. Silenzio, dunque. Meglio trascorrere una giornata tranquilla “cultural-diplomatica”, da professorone, in visita in uno dei templi scintoisti più noti del Giappone. Una parentesi di relax per smaltire la rabbia, visto che la lettura dei giornali gli aveva rovinato la mattinata. Ad ogni modo, racconta il suo entourage, è ferma intenzione del premier sgombrare il campo da qualsiasi elemento che offuschi gli «eccellenti risultati» che sta ottenendo in Asia. In poche parole, vuole la fanfara, la santificazione a cui è stato abituato dalla redazione unica dei giornali laudatores, che piano piano si sta sgretolando. La tentazione però sarebbe quella di ribadire a chiunque: «Lei non sa chi sono io». Perciò, meglio il silenzio, per non passare in un attimo da De Gaulle a Totò.