Squinzi sogna di essere Freire ma si trova Prodi tra le ruote

23 Mar 2012 20:13 - di

Sogna Oscar Freire e si ritrova con Romano Prodi. Comincia in salita la scalata di Giorgio Squinzi, appena designato alla guida di Confindustria e grande appassionato di ciclismo. La sua azienda, la Mapei, ha dato del resto il nome a una grande squadra delle due ruote e il nuovo numero uno di Viale dell’Astronomia non ha potuto fare a meno di paragonare la sua scalata vincente a quelle del ciclista spagnolo tre volte campione del mondo su strada che ha corso proprio con il logo della sua industria stampato sul petto: «Veniva sempre fuori negli ultimi cinquanta metri e batteva tutti». A tirargli la volata, tuttavia, c’è l’ex presidente del Consiglio, come a ricordargli che la realtà è sempre diversa da come l’avevamo sognata.

La sviolinata di Prodi
Parlando con il Corriere della Sera, infatti, Prodi se ne è uscito con una sviolinata d’altri tempi: «Giorgio – ha detto – è una persona diretta, semplice e amabile: uno di quegli uomini che non conoscono curve, non ce ne sono tanti in giro». Però. «Lo Squinzi che conosco – ha continuato – rientra nel novero di quegli imprenditori straordinariamente seri e capaci. È riuscito a creare un’azienda multinazionale, facendola crescere con equilibrio e attraverso oculate diversificazioni in ogni angolo del pianeta». E poi, appunto, le due ruote: «Grandi chiacchierate, grandi sudate e salite toste. Momenti sereni dove si parla in libertà, fiato e gambe permettendo». Accidenti, che feeling. Che questo Squinzi sia del giro della finanza rossa, delle cooperative e via dicendo? No, non è esattamente così.

Chi sta con chi?
Si tratta, piuttosto, di un’Opa maldestra da parte di quello che resta il vero Monti degli anni ’90, quel Prodi che rappresenta l’anello di congiunzione tra il centrosinistra e i salotti buoni della finanza. Ma la geografia politica industriale (e confindustriale) è sempre più complicata di quanto non sia la banale contrapposizione politica che si snoda sull’asse destra-sinistra. Basti pensare che Squinzi è sostenuto contemporaneamente dal diavolo e dall’acqua santa, ovvero da Berlusconi e Confalonieri, dalla Marcegaglia e, appunto, da Prodi. Ma ieri persino l’Unità derideva lo sfidante sconfitto Bombassei, reo di aver annunciato l’intenzione di “sbullonare” il quotidiano fondato da Antonio Gramsci dalle fabbriche. E invece, chiosava il giornale rosso, è stato sbullonato lui. Con il vincitore anche Paolo Scaroni dell’Eni e  Mauro Moretti delle Ferrovie, insomma le grandi imprese pubbliche. Bombassei, dal canto suo, portava in dote il sostegno di Marchionne il quale, ga dichiarato, sarebbe rientrato in Confindustria se avesse vinto il patron della Brembo. Al suo fianco anche il fior fiore della finanza “illuminata”, da Montezemolo a Della Valle. Eppure Bombassei era considerato il falco, Squinzi la colomba. Insomma, è tutto molto complicato.

Articolo 18 e dintorni

Intanto non si è ancora insediato, Squinzi, ma già si trova tra le mani la patata bollente dell’articolo 18. Sul nuovo assetto ipotizzato per la discussa norma contenuta nello Statuto dei lavoratori, Mr Mapei si è detto, in un’intervista rilasciata a Panorama.it, «favorevole, compresa la sua applicazione anche ai lavoratori pubblici. Ma dubito sarà un problema del prossimo presidente di Confindustria. Il prossimo 23 maggio [quando prenderà il testimone da Emma Marcegaglia – ndr] la linea del governo su questo aspetto sarà ormai definita, credo». Quanto al duello all’ultimo sangue con Bombassei, il nuovo numero uno di Confindustria non esita a togliersi qualche sassolino dalla scarpa: «Di certo un pò di amaro in bocca per come sono andate le operazioni di voto mi è rimasto», dice. «Se 105 avevano fatto il mio nome alla vigilia, perchè le preferenze sono state solo 93? Chi ha convinto gli altri delegati a cambiare idea, quando e perchè? Qualche risposta me la sono data, ma non importa». Peccato: a noi sapere chi ha tentato di rovesciare il tavolo in favore del candidato di Montezemolo interessava eccome…

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