Romano: è la politica che sceglie dove riformare e cosa conservare…

10 Feb 2012 19:21 - di

Storico, già diplomatico, scrittore, giornalista, Sergio Romano è una delle più autorevoli voci del panorama intellettuale italiano. Autore nel 2005 del libro Memorie di un conservatore ha molto da dire su questa tipologia, alla quale appartiene ma che, avverte, è tutt’altro che uniforme e semplice da “decifrare”. 

Cosa significa essere conservatori oggi?

In realtà non esiste un solo tipo di conservatore: c’è quello della tradizione, spesso cattolico; c’è il conservatore nazionalista; c’è il conservatore liberista, che vede con sospetto qualsiasi intervento dello Stato in economia. Poi, naturalmente, c’è il conservatore liberale, che crede nei diritti umani e nei diritti civili e anzi ritiene che qualsiasi nuovo diritto si profili all’orizzonte, come quelli relativi alla bioetica, debba essere regolamentato e accettato. Questo tipo di conservatore farebbe a pugni con il conservatore tradizionalista. Perché allora un liberale può chiamarsi anche conservatore? Un conservatore crede che tutti gli uomini siano nati eguali e debbano avere possibilità paritarie all’inizio della loro vita, nel lavoro, ma non è egualitario, cioè non accetterà mai l’appiattimento della società.

Lei che tipo di conservatore è lei?

Premetto: ho sempre pensato che si debba diffidare delle persone che si autodefiniscono, perché il giudizio devono darlo gli altri. Se io le dico di essere un conservatore liberale – e sì, è vero, credo di essere un conservatore liberale – alla fine sarà lei che dovrà giudicarmi come tale. Sono gli altri che devono giudicarla la mia coerenza.

Essere conservatori è quindi un temperamento innato più che una categoria politica?

In un certo senso sì. Certamente, come dicevo, non esiste una categoria unica per tutti i conservatori. Per esempio, non dovrebbe essere complicato definire una conservatrice la signora Thacher, del resto apparteneva proprio al partito conservatore. In realtà era una conservatrice di tipo liberista perché cercava, in qualche modo, di ridurre il numero degli interventi statali nella società economica e di smantellare tutte quelle forme di privilegi corporativi che si erano accumulati nel corso degli anni. È rimasta famosa la sua battaglia contro i sindacati e certamente è vero che ha operato per de-nazionalizzare ciò che i laburisti avevano nazionalizzato dal 1945. Però, se andiamo a vedere i risultati finali dell’opera della signora Thatcher, molte cose non le de-nazionalizzò e comunque, quando lo fece, conservò la cosiddetta golden share, soprattutto nel campo petrolifero che aveva un’importa strategica notevole. Anche sul conservatorismo della signora Thatcher quindi si può discutere: liberista sì, ma per esempio non ha mai privatizzato il sistema sanitario nazionale.

Dalla Thatcher alla Merkel: quale tipo di modello conservatore sarebbe più adatto per l’Italia?

Anche sulla Merkel non sarei del tutto d’accordo nel definirla conservatrice. Innanzitutto il suo partito: solo per semplicità del linguaggio politico abbiamo deciso che la Democrazia Cristiana tedesca fosse un partito conservatore. Forse dovrei definirlo un partito moderato, o il partito del giusto mezzo, come era la Dc nello stile di De Gasperi, capace di trovare una via di mezzo tra posizioni economiche estreme. Quando è andata al potere, la Cancelliera ha ereditato la politica riformista di Schroeder che aveva fatto riforme non propriamente socialiste. Siamo sicuri che la Merkel avrebbe avuto il coraggio di farle quelle riforme? Perché il suo stile mi sembra improntato alla massima prudenza. A modo suo è una versione della “tipologia Belusconi”.

Addirittura! La Merkel come Berlusconi?

Attenzione, lo so che il paragone sembra improprio. Ma sappiamo che Berlusconi, con tutte le sue bizzarrie, in realtà era un uomo di estrema prudenza e il suo governo era governato dai suoi “soldati”: rinviava le riforme perché dava retta ai suoi “soldati”. La Merkel ha pure lei continuamente l’orecchio attaccato al suolo, anche se i suoi calcoli possono rivelarsi sbagliati, visto che ha perso tutte le elezioni regionali di questi mesi.

Insomma forse il metodo Thatcher secondo lei sarebbe più utile oggi…

Le dirò, le riforme, se si decide di farle, richiedono coraggio perché pestano sempre molti piedi. Fino a ieri esistevano solo voci che ritenevano che i cambiamenti fossero necessari, nel momento in cui le riforme vengono fatte si sentono invece solo le voci di chi è contrario. Fare le riforme richiede coraggio.

Non è che forse la categoria “conservatore”, come le altre, è vecchia? Non ne servirebbero di nuove?

Sicuramente sono categorie invecchiate, non corrispondono più alla realtà, ma servono ai meccanismi della politica, perché in politica servono le contrapposizioni.

Il governo Monti è un governo conservatore?

Lo è nel senso di conservatore liberale, perché non è egualitario. Mi pare che Monti con questo decreto sulle liberalizzazioni vada nel senso di un conservatorismo liberale. Speriamo…

Le parole sul lavoro di Monti e dei suoi ministri però sono state poco “eque”.

L’Italia deve smetterla di adorare la correttezza politica, perché nell’evitare argomenti impopolari c’è un enorme rischio di conformismo. Mi è piaciuto che Monti abbia detto quelle cose, anche con quel tanto di esagerazione. Di qui a scandalizzarsi, però… Mi preoccupa di più chi si scandalizza.

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