Quella bella Italia in divisa che a sinistra non vogliono vedere
C’è un’altra Italia, bella e poco conosciuta, dietro le cronache degli ultimi giorni. Un’Italia composta, che ha il volto del carabiniere della Val di Susa, che non cade nelle provocazioni del pagliaccio No-Tav.
Una Italia fiera, quella dei marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre che dagli arresti indiani hanno risposto al ministro Giulio Terzi: «Siamo italiani, ci comportiamo da italiani».
Un’Italia silenziosa, senza fanfare, senza volto, rappresentata dagli uomini della marina militare addetti alla protezione antipirateria impegnati sulla Costa Allegra.
Un’Italia orgogliosa che ha pagato e paga il suo tributo di sangue nelle missioni internazionali in Afghanistan, Libano e in Iraq e che, certa pubblicistica meschina, ha voluto liquidare come «incidenti sul lavoro».
Una bella Italia in divisa, omaggiata ieri da Silvio Berlusconi in riferimento al carabiniere della Val di Susa, che «ha dimostrato la differenza tra chi fa sempre il proprio dovere per il bene comune e chi sa solo insultare, l’abisso esistente tra chi ama l’Italia e ha il senso dello Stato e chi invece usa le invettive e la piazza per seminare odio e violenza».
L’abisso che, a sinistra, qualcuno ha il coraggio di riconoscere e segnalare. Come Stefano Esposito, parlamentare Pd piemontese che, a proposito della deriva delle proteste No-Tav, ha lanciato l’allarme: «Certa sinistra col supporto di Fiom e Sel è convinta di lucrarci sopra. Vendola è un ipocrita. Gli sta bene l’alta velocità in Puglia, ma non verso la Francia». E, a proposito della scritta apparsa sulla A32, «Caselli ti ruberemo la salma», ha denunciato il fatto che nessuno degli amministratori locali del centrosinistra «abbia speso una parola a favore del procuratore, solo attestati di solidarietà per gli arrestati».
Nulla di nuovo sotto il sole: la solidarietà per i due marò arrestati in India non è stata manifestata da molte amministrazioni rosse, solo perché gli uomini in divisa, per una parte della sinistra, restano dei nemici.
Non è un caso che in questi giorni nelle sale stia per arrivare la pellicola di Daniele Vicari dedicata al G8 del luglio 2001. Non sulla devastazione della città di Genova, ma solo ed esclusivamente su quanto accaduto nella scuola Diaz, prima, e nella caserma di Bolzaneto, poi. In uscita il 13 aprile, confezionato come un film horror stereotipato: da una parte le forze di polizia ritratte sotto due specie, quella degli aguzzini semplici e quella dei torturatori specializzati. Unica eccezione un vicequestore che scopre di avere un cuore e che si pone qualche domanda, interpretato da Claudio Santamaria. Dall’altra i buoni, i fermati, ovviamente giovani inermi, finiti disgraziatamente al macello come i protagonisti di Quel motel vicino alla palude. Una pellicola pulp che, alla luce del video del Corriere.it di ieri che mostrava le provocazioni del no-tav nei confronti del carabiniere, andrebbe magari aggiornata. Per raccontare l’altra faccia della violenza, verbale e fisica, ammannita in tutte le salse, anche cinematografiche contro chi ha l’unica colpa di indossare una divisa e di fare il proprio dovere.