Se il papa teologo insegna a twittare anche l’Ave Maria
Sono sufficienti 140 caratteri per predicare il Vangelo. L’unità di misura di Twitter, il social network che contende a Facebook il primato in rete, vanta un insospettabile testimonial in Joseph Ratzinger. Nel messaggio per la Giornata mondiale delle Comunicazioni, pur senza citare specifiche piattaforme, Benedetto XVI ha fatto un implicito riferimento all’apporto positivo che può arrivare dalla Rete e da social network come Twitter. Tanti «siti, applicazioni e reti sociali possono aiutare l’uomo», ha scritto il Papa, sottolineando il valore di questi strumenti: «Nella essenzialità di brevi messaggi, spesso non più lunghi di un versetto biblico, si possono esprimere pensieri profondi se ciascuno non trascura di coltivare la propria interiorità».
Il pontefice, 85 anni in aprile, rivela così una visione più giovane e più aperta di quella di tanti laici. Nel suo testo smonta la visione superficiale (diffusa anche in ambienti ecclesiastici) dei social network come luoghi per perdigiorno o, peggio, di “perdizione”. Nel messaggio per la 46esima giornata delle comunicazioni sociali dal titolo “Silenzio e Parola: cammino di evangelizzazione”, c’è la lezione del teologo che non si ferma davanti alle apparenze. «Sono da considerare con interesse le varie forme di siti, applicazioni e reti sociali – scrive Ratzinger – che possono aiutare l’uomo di oggi a vivere momenti di riflessione e di autentica domanda, ma anche a trovare spazi di silenzio, occasioni di preghiera, meditazione o condivisione della Parola di Dio». Da qui l’insolito connubio tra nuove tecnologie e preghiera. «Nella essenzialità di brevi messaggi – continua il Pontefice – spesso non più lunghi di un versetto biblico, si possono esprimere pensieri profondi se ciascuno non trascura di coltivare la propria interiorità». «Non c’è da stupirsi se, nelle diverse tradizioni religiose la solitudine e il silenzio siano spazi privilegiati per aiutare le persone a ritrovare se stesse e quella Verità che dà senso a tutte le cose».
Le nuove tecnologie sono state sempre cavalcate con grande tempestività dalla Chiesa cattolica. Nel 1931 Radio Vaticana fu una delle prime stazioni radiofoniche della storia, nata per volontà di papa Pio XI che affidò la struttura a Guglielmo Marconi in persona.
Per quanto riguarda invece, il social network di Twitter, il battesimo informale c’è stato in occasione della beatificazione Giovanni Paolo II. Grazie all’intervento di una squadra di giovani cattolici che hanno raccontato la cerimonia minuto per minuto. Quello può essere considerato il primo momento ufficiale del Vaticano sul microblogging. Il primo “tweet” di Ratzinger porta invece la data simbolica del 29 giugno (festa di San Pietro e Paolo) dello scorso anno. In inglese, il latino del terzo millennio dal punto di vista ecumenico, ha digitato su un Ipad il primo messaggio di benvenuto lanciando contemporaneamente il sito News.va. Il sito che raccoglie le fonti di informazione del Vaticano, è già disponibile in inglese, italiano e spagnolo e nei prossimi giorni anche in francese e portoghese. Il portale registra dagli 8 ai 10 mila contatti al giorno, con punte di 16 mila, come è avvenuto ad esempio il giorno di Natale Centottanta i Paesi dei “navigatori” che “cliccano” su News.va: il 27% di essi proviene dagli Usa, seguito da Europa (Italia, Germania, Spagna), Canada, Brasile. L’ingresso avviene soprattutto attraverso i social network: il 65% degli utenti passa attraverso Facebook, il 30 per cento tramite Twitter.
Le posizioni del Vaticano in merito alla Rete sono all’avanguardia rispetto a quelle di tanti Stati anche a livello legislativo. Per esempio sulla legge antipirateria on line, in discussione al Congresso americano, padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica ed esperto di Internet, ha manifestato più di una perplessità: «Oggi l’ambiente digitale è diventato un ambiente di vita – ha detto ai microfoni di Radio Vaticana – chiudere o limitare l’accesso a questo ambiente è come limitare l’accesso a un territorio di vita. È un dato di fatto che la rete ha ridotto le distanze tra politici e cittadini. Qui si pone il problema, perché vediamo che i governi spesso sono intenzionati ad avere un ruolo incisivo sulla Rete, dall’altra parte sessanta governi al mondo bloccano la Rete ai propri cittadini in un modo o nell’altro». E tra i due fronti la Chiesa ha già scelto da che parte stare.