In Sicilia sta crescendo la rivolta “silenziata”

17 Gen 2012 20:47 - di

Blocchi stradali e disagi: il “Movimento forza d’urto” paralizza da due giorni la Sicilia. Ma nessuno, della grande stampa, se n’è accorto. La protesta nasce dal crescente disagio di tutti gli strati sociali verso la manovra del governo Monti e dai rincari sulle accise che gravano su tutte le attività produttive. Il movimento – nato dalla fusione Autotrasportatori Aias, dal “Movimento dei Forconi” (che è quello che ha maggior peso),  pescatori, imprenditori agricoli e da altre organizzazioni – è convinto che dalla Sicilia partirà una rivoluzione contro il governo regionale e contro quello nazionale. Tutti protestano, infatti, contro l’eccessivo costo del carburante, la mancanza di regolamentazione dei pagamenti della committenza, il cartello imposto dalle compagnie assicurative e anche contro una rete infrastrutturale inadeguata.
Lo spirito e l’ambizione sono dunque quelli di voler cambiare il corso della storia e di “rivoluzionare” l’isola. Non è, infatti, un caso che la protesta, iniziata lunedì e che si concluderà venerdì, sia stata chiamata “Le cinque giornate per il Risorgimento siciliano”. Gli organizzatori, per far capire la portata del loro movimento, evocano fatti storici eclatanti, come quando quando i siciliani si unirono all’esercito cartaginese guidato da Annibale per scacciare i romani. O i Vespri siciliani nel 1282 contro i francesi. O ancora, ciò che accadde durante la Rivoluzione siciliana del 12 gennaio 1848 con l’insurrezione contro i Borboni, (il moto siciliano fu il primo a scoppiare, avviando quell’ondata di moti rivoluzionari che sconvolse l’Europa e che poi venne definita primavera dei popoli) che diede poi vita per sedici mesi alla “Repubblica siciliana”. E, infine, ricordano anche i Fasci siciliani a fine Ottocento. Una protesta forte ma sulla quale è però sceso il silenzio. La televisione mainstream, accusano, non si è ancora accorta di nulla, gli unici a dedicare  ampio spazio alle manifestazioni sono stati i giornali internazionali. Sulla rete però dilagano i consensi. Su Facebook si leggono vere e proprie ovazioni che inneggiano ai nuovi “vespri siciliani” e a un risorgimento della regione che è soltanto al suo inizio. Nella pagina del “Movimento dei forconi” ci sono già stati 12.814 contatti e si legge che il «Movimento è un’associazione di agricoltori, pastori, allevatori stanchi del disinteresse quando non del maltrattamento da parte delle istituzioni».
«La protesta – ha spiegato Martino Morsello, portavoce del “Movimento dei Forconi” – si è allargata anche commercianti e artigiani, possessori di partite Iva e nelle ultime ore si sono aggiunti disoccupati e famiglie in difficoltà». Il movimento, ha proseguito Morsello, «è nato sei mesi fa per rivendicare le problematiche agricole per gli alti costi della produzione legati all’energia elettrica, poi si è esteso a macchia d’olio. L’agricoltore paga sei volte in più i costi dell’energia elettrica rispetto agli agricoltori francesi che molto meno di noi pagano il chilowattore. C’è uno sbilanciamento a favore degli agricoltori francesi, ma lo stesso si può dire per quelli spagnoli e greci che pagano molto meno. A questi vanno aggiunti i costi del gasolio. Anche se noi il petrolio ce l’abbiamo e lo raffiniamo i costi sono superiori al resto d’Italia e d’Europa. Tutto ciò ci penalizza tantissimo, anche perché percorriamo in media duemila chilometri per portare i nostri prodotti agricoli a Milano. Per i costi alle stelle siamo completamente fuori mercato. Se, poi, a tutto ciò aggiungiamo le scelte politiche di privilegiare la grande tecnologia esportandola nei Paesi terzi e importando in cambio prodotti agricoli trattati con prodotti non convenzionali, il quadro è chiaro. Queste scelte folli hanno messo fuori mercato le aziende agricole siciliane. A questi costi dobbiamo aggiungere quelli del denaro più alti in Sicilia di 7-8 punti rispetto al Nord Italia perché le banche sono tutte del Nord». Il leader del Movimento poi racconta che gli organizzatori della protesta alcuni giorni fa hanno incontrato anche Lombardo, «però dal presidente della Regione non sono arrivati segnali positivi». «Ma noi andiamo avanti. Lo scopo delle cinque giornate per il Risorgimento siciliano hanno anche l’obiettivo di mandare a casa la classe politica siciliana. Abbiamo chiesto le dimissioni di Lombardo. Su Facebook siamo diventati un “fenomeno”, in una sola giornata abbiamo avuto più di 12mila contatti. Ci telefonano da ogni parte d’Italia, da Reggio Calabria a Bergamo. Tutti vogliono seguire il nostro esempio. Esporteremo in ogni parte d’Italia la nostra protesta per avviare il cambiamento». E Giuseppe Richichi, presidente degli Autotrasportatori dell’Aias, puntualizza: «Stiamo soffrendo di più rispetto al resto d’Italia perché siamo periferici. Abbiamo più volte chiesto l’intervento dello Stato in maniera da non allontanarci ulteriormente dall’Europa, ma non siamo stati ascoltati. Faccio un esempio: quando sono state aumentate le accise sui carburanti non hanno tenuto conto dei paesi extrafrontalieri che invece applicano una serie di vantaggi. Autotrasportatori e produttori siamo accumunati in questa lotta. La Sicilia è ferma e nessuno muove un dito, nessuno fa una dichiarazione. Perché tutti tacciono? Qual é il problema? Il problema siamo noi o sono loro?».
Il secondo giorno di proteste ha creato forti disagi in tutta l’isola. Posti di blocco ovunque. Dagli accessi autostradali di Palermo e Catania al porto di Messina, dall’area del petrolchimico di Priolo al corteo che assedia Gela, fino alle manifestazioni che cingono Agrigento e Caltanissetta. Come Lentini, in provincia di Siracusa, dove un venditore ambulante di 32 anni ha accoltellato il «padroncino» di un camion, 25 giorni di prognosi per una ferita al volto. Si è rischiata la tragedia sui binari di Santa Flavia, un paesino sulla costa vicino Palermo. Pescatori di Porticello accompagnati da mogli e figli hanno invaso le rotaie prima che transitasse un convoglio proveniente da Messina. «Abbiamo rischiato una tragedia», ha detto il sindaco Antonio Napoli, il quale ha sottolineato che in pochi mesi il gasolio è passato da 30 a 80 centesimi, «un prezzo insostenibile per la marineria». E dulcis in fundo, in alcune città come Palermo, da ieri sera scarseggiava il carburante e alcune pompe hanno esposto il cartello «esaurito». E da ieri anche la Calabria si sta cominciando a muovere…

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