I missili dell’Iran? Un messaggio per Usa e Israele
Proseguono le manovre militari navali iraniane nello stretto di Hormuz. Ieri l’Iran ha effettuato con successo il lancio di prova di un missile balistico a lungo raggio: lo ha dichiarato l’agenzia ufficiale iraniana Irna. «Abbiamo collaudato un missile terra-mare chiamato Qader, che è riuscito con successo a distruggere bersagli predeterminati», ha detto il portavoce delle manovre navali iraniane, l’ammiraglio Mahmud Mussavi. Poche ore prima Mussavi aveva annunciato il lancio di prova del Qader e di un altro missile balistico a lungo raggio, il Nour. Il missile ha una gittata di 200 chilometri. Ieri era l’ultimo dei 10 giorni di esercitazioni militari navali nello Stretto.
Due giorni fa era stato testato, sempre con successo, un missile a medio raggio. Teheran precisa anche che il missile Qader è stato interamente prodotto nella Repubblica islamica, ed è in grado di colpire e distruggere l’obiettivo. L’ammiraglio Mahmoud Mousavi ha anche spiegato che il missile è stato aggiornato rispetto alle generazioni precedenti nei sistemi radar e satellitare, oltre che nella precisione di colpire i bersagli. È inutile sottolineare che i missili minacciano sia Israele sia le navi nemiche.
Sono giorni che va avanti il braccio di ferro tra Repubblica islamica e Occidente, guidati dagli Stati Uniti. L’iran ha detto che se le sanzioni occidentali fossero inasprite, potrebbe chiudere manu militari lo stretto di Hormuz, dove quotidianamente passa dal 30 al 40 per cento del petrolio esportato. Washington ha fatto sapere che non sarà tollerata una prosepettiva di questo genere. E la tensione sale. Certo, le manovre militari rappresentano una «sfida» agli Usa, ma qualcuno fa anche notare che non è detto che i missili li debbano testare solo le nazioni occidentali. E poi c’è stata anche una seconda «provocazione» di Teheran: ossia l’utilizzo, per alimentare il reattore di ricerca nucleare, di una barra di uranio per la prima volta arricchito proprio in Iran. Una dimostrazione di forza fatta nel momento in cui i Paesi occidentali accentuano la pressione sul Paese degli ayatollah, accusato – malgrado le continue smentite – di voler fabbricare la bomba atomica usando il pretesto di un programma nucleare con finalità civili, storia che peraltro dura da anni.
Proprio a fine 2011 il presidente americano Barack Obama aveva promulgato una legge che rafforza le sanzioni finanziarie contro l’Iran, soprattutto contro la Banca Centrale. L’effetto immediato è stato il crollo del valore del rial: il tasso ufficiale di cambio con il dollaro è passato da 11.000 a 16.000 rial. Il presidente Mahmoud Ahmadinejad è stato costretto a una dichiarazione pubblica. La Banca centrale iraniana reagirà «con forza», ha detto. Può fronteggiare, ha aggiunto il presidente «le pressioni dei nemici» e «deve, con forza e fiducia, essere talmente solida da vanificare i complotti nemici». Il presidente della Camera di commercio iraniana Mohammad Nahavandian ha fatto notare che sanzioni «senza precedenti e ingiustificate» provocheranno «perdite reciproche». Aumento del prezzo del petrolio, in primis.
I vicini Emirati arabi uniti intervengono nella questione delle sanzioni: la decisione di imporre nuove sanzioni sul petrolio iraniano avrà effetti sul mondo intero. Questo l’avvertimento che il Centro di studi strategici e ricerca degli Eau rivolge agli Stati Uniti e ai Paesi occidentali. «Come è noto, le sanzioni precedenti non hanno evitato, né ridotto in modo significativo, le esportazioni di petrolio iraniano ed è improbabile che nuove sanzioni possano ottenere questo risultato. Ma è invece probabile che queste sanzioni, come è stato in passato, aumenteranno le speculazioni sui mercati petroliferi, soprattutto per le ripetute minacce dell’Iran di chiudere lo Stretto di Hormuz se le sanzioni impediranno le esportazioni», si legge nel testo diffuso dal Centro strategico emiratino. Che prosegue: «Non si può sapere come l’Iran risponderà a ulteriori sanzioni occidentali e all’embargo», ma «un passo potenzialmente devastante come quello di chiudere lo Stretto di Hormuz può avere effetti dannosi su tutta l’economia globale».
Ma su questo dall’Iran giungono segnali contraddittori, non si sa se reali e frutto di un complesso gioco delle parti: «L’ayatollah Ali Khamenei, non avrebbe intenzione di ordinare la chiusura dello Stretto di Hormuz». Lo ha riferito un funzionario d’alto rango del ministero degli Esteri iraniano, coperto dall’anonimato. Tuttavia, aggiunge il funzionario, «non è da escludere che i pasdaran vogliano provocare le forze militari Usa e scatenare uno scontro nella regione».
Infine, secondo il Washington Post Teheran starebbe guardando ai suoi amici in America Latina per aggirare le nuove sanzioni. Il presidente Mahmoud Ahmadinejad nei prossimi giorni sarà impegnato in un tour di quattro Paesi dell’America Latina, Cuba, Venezuela, Ecuador e Nicaragua per verificarne il grado di alleanza.