“Sì (critico) a Monti”. Il Pdl ha una linea: ma come spiegarla?

20 Dic 2011 20:33 - di

Venerdì scorso, mentre in aula interveniva Alessandra Mussolini, nelle file superiori del gruppo del Pdl un deputato solitamente pacato e silenzioso, Giuseppe Scalera, si agitava nervosamente, sbatteva i giornali sul banco e si sfogava con la collega Laura Ravetto. A distanza di qualche giorno, svela lui stesso l’arcano: «Assurdo, uno si alza e dice che vota no alla manovra, prende i titoli sui giornali e a casa becca anche l’applauso. E noi? Lì, a seguire gli ordini di partito. Stavolta mi sono arrabbiato perfino io», spiega il mite ex democristiano, in passato vicino a Lamberto Dini. Obiezione dei colleghi che non hanno votato: ma se non ti piace la manovra, perché l’hai votata? E il titolo, ispirato a un recente libro di Paolo Sorrentino, nasce spontaneo: “Hanno tutti ragione”’.

Tattiche e interessi personali
In effetti, nel Pdl, sono tutti con Alfano, ma ognuno vuol dire la sua. E molti fanno notare, sottovoce o di nascosto, che l’altro che parla non ha titoli per farlo a nome di tutti. Poi c’è chi vota e si lamenta con chi non lo ha fatto e chi rivendica il diritto a non esserci, quando c’è di mezzo un governo non particolarmente gradito. Difficile comprendere quanto tutto ciò sia un gioco delle parti, orchestrato con i vertici per gestire una difficile fase di “digestione” della manovra, o quanto tatticismo personale ci sia dietro questo libero esercizio della coscienza. Ieri sera, però, c’erano tutti, all’aperitivo augurale con Silvio Berlusconi, perché il partito è saldo nelle sue mani e in quelle del segretario e la linea resta quella del sostegno a Monti, il male minore, per il Paese. Il Pdl è unito su cosa fare, ma allo stesso tempo diviso sul perché farlo. Il problema è come gestire le maree interne che si incrociano, mosse dal protagonismo dei big e da quella diversità di vedute tra chi sostiene con entusiasmo il governo e chi lo fa solo per senso di responsabilità. Ma un altro problema è anche quello di spiegare all’elettorato come si concilia la linea del sostegno al governo tecnico con le critiche che tutti i giorni piovono sulla manovra, a cominciare da quelle dell’ex premier. C’è chi parla di gioco delle parti, tra Berlusconi e Alfano, il poliziotto buono e quello cattivo che si scambiano i ruoli, per non danneggiare il Paese togliendo la fiducia a Monti e non avallare scelte politiche del governo che il centrodestra non avrebbe fatto, almeno non in quel modo. E c’è anche chi vede il tentativo di alcuni esponenti dell’ex Forza Italia di relegare gli ex An in un cortiletto dei malpancisti sulla manovra, per creare difficoltà ad Alfano.

Le fughe in avanti
Nelle stesse ore in cui si votava la manovra ed emergevano delle aree di dissenso, si sono accavallate interviste e prese di posizione che hanno consacrato il ritorno dei vecchi riti tattici da Prima Repubblica. Il tutto accompagnato dalla circolazioni di tesi più o meno spericolate su un possibile asse A-B-C, Alfano-Bersani-Casini, per traghettare la legislatura fino al 2013 con Monti e poi creare le condizioni per un’alleanza vasta di governo, o magari soltanto per prendere tempo, visto che la tesi di fondo è che oggi andare al voto rappresenterebbe un rischio più per chi dovesse vincere che per chi dovesse perdere. Ma c’è anche chi sembra lavorare contro gli ex An forse per indebolire la leadership del Pdl: come Frattini, che attribuisce a quel blocco politico la volontà di scardinare il governo Monti, posizione ampiamente smentita dalle dichiarazioni rese dai vari Gasparri, La Russa e Matteoli, nonché dai tanti esponenti dell’area ex forzista che in un primo momento avevano fatto fronte contro il governo tecnico. Del resto, proprio quell’ala di ex esponenti di Alleanza nazionale, accusata in passato di essere troppo arroccata in difesa di Berlusconi, dovrebbe – a giudizio di alcuni – rappresentare oggi la cellula che lavora alla dissoluzione del partito, magari per rifarsene uno da soli. Fantapolitica. Ma a qualcuno ieri non è piaciuta neanche l’intervista di Cicchitto, che ha bollato come dissidenti coloro che non hanno detto sì alla manovra, invitandoli a non ascoltare “il richiamo della foresta della Lega”. Ma qui, a quanto pare, se c’è un richiamo della foresta che rende questa fase pericolosa per il Pdl, è più quello verso Casini, non certo per il Carroccio. Sta di fatto che ieri mentre Roberto Formigoni teorizzava un Pdl “del nord”, in chiave leghista, da Roma Gianni Alemanno chiedeva di rompere ogni rapporto col Carroccio. Ecco perché Alfano, per non perdere il partito dalle mani, deve necessariamente giocare di sponda con Berlusconi sulla Lega (preservando un legame politico che garantisca la possibilità di continuare a governare al nord sul territorio) ma senza deludere l’anima “montiana”, che considera l’Udc il futuro politico della coalizione.

Il malessere della base
Non è un mistero che tra gli elettori del Pdl il malcontento per il sostegno al governo e alla manovra sia notevole. Lo dimostrano, tutti i giorni, le valanghe di messaggi che piovono sui siti dedicati al centrodestra, tra cui il forum ufficiale, quello di “Spazio azzurro”. Anche qui, naturalmente, non mancano i “realisti” che condividono la scelta di appoggiare i tecnici:  «Bene presidente per l’appoggio a Monti. Basta con la lega opportunista. Sii realista, per vincere la sinistra è necessaria l’alleanza con il centro».  Di parere diverso chi sostene che “il governo Monti deve durare solo il tempo necessario a raddrizzare i conti dello Stato”. .

Come parlare agli elettori
Ignorare che dietro i mal di pancia dei parlamentari ci sia una reale difficoltà dell’elettorato a comprendere il “doppio binario” del Pdl, sarebbe un grave errore. Soprattutto perché emerge la percezione che Berlusconi abbia fatto un passo indietro per salvare l’Italia dal proprio governo. E purtroppo Napolitano, in questa chiave, anche ieri ha alimentato l’equivoco, parlando di un governo Berlusconi “che era arrivato al limite”. La scelta del Cavaliere matura invece in un’ottica diversa: sottrarre il Paese alle pressioni indebite Germania e Francia, dei poteri forti, rimuovere l’alibi dello spread, bloccare l’offensiva mediatica. Forse nel Pdl, prima di segnare solchi politici che ipotecano il futuro, sarebbe il caso di illustrare meglio la posizione del sostegno a Monti come “male necessario”, ma anche la coerenza delle critiche alle misure che il Pdl non avrebbe fatto in quel modo. E non è poco.

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