Rai: bilanci in rosso, ma per qualcuno i compensi sono d’oro
La Casta è quella dei parlamentari? Allora nessuno in Rai può guadagnare più di loro. Su questo principio relatori sulla manovra e governo hanno accolto come raccomandazione un ordine del giorno sulla manovra presentato in commissione dalla Lega in Senato in cui è stabilito che il trattamento economico dei dirigenti e giornalisti Rai omnicomprensivo di chiunque riceva emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo non può superare il trattamento annuo lordo spettante ai membri del Parlamento. La proposta della Lega arriva buona ultima. Il Pdl ha presentato e ottenuto, nel corso degli anni, iniziative per ottenere una drastica riduzione dei compensi di chi lavora a viale Mazzini. In questa direzione andava, per esempio, la circolare del ministro del Lavoro, Renato Brunetta che ha posto il tetto massimo di 300mila euro per gli stipendi dei dipendenti pubblici.
Tutto risolto? Neanche per sogno. La riprova di quanto sia difficile una “dieta” nel campo dei compensi in Rai è arrivata nell’ottobre scorso. Il nuovo direttore generale Lorenza Lei in un primo momento voleva lo stesso stipendio del suo predecessore, Mauro Masi (730mila euro), arrivato al settimo piano di viale Mazzini quando ancora non esisteva questo tetto. Dopo lunga trattativa, la Lei si è “accontentata” di seicentocinquantamila euro l’anno (fonte: Italia Oggi) tra stipendio e indennità di funzione.
Per rimanere nell’ambito di quanto costano gli uomini Rai, Paolo Garimberti, che è presidente viaggia intorno ai 400 mila euro l’anno, come pure guadagnano più di un parlamentare un cospicuo numero di dirigenti di viale Mazzini. Sui media viene citato in ogni occasione l’oneroso compenso di Augusto Minzolini, 550mila euro l’anno, rimasto in Rai con la qualifica di caporedattore, ma nessuno ricorda che il suo predecessore, Gianni Riotta, ne guadagnava poco meno. Sfiora il mezzo milione di euro anche Gianfranco Comanducci (fonte: Il Fatto quotidiano), ma ai piani alti i compensi che suberano abbondantemente i 300mila annui euro sono parecchi: da Antonio Marano a Giancarlo Leone, da Fabrizio Del Noce ai vertici di Rai corporation, Corso e Bona. A proposito di quest’ultima, chiuderà i battenti, come pure Rai internazionale e alcuni uffici di corrispondenza. I conti parlano chiaro: il budget del prossimo anno prevede una perdita consolidata di 16 milioni. Per non rischiare il commissariamento l’Azienda dovrà fare un’ulteriore manovra «lacrime e sangue» tagliando per 112 milioni di euro. Alla voce stipendi, i giornalisti, in proporzione prendono spiccioli. Tranne Giovanni Minoli (550mila euro secondo quanto riportato dal settimanale l’Espresso) la media dei direttori è su compensi L’autrice e conduttrice di Report, Milena Gabanelli, non arriva ai 200mila euro, più o meno quanto guadagna il conduttore di Linea notte Maurizio Mannoni. Un capitolo a parte meriterebbe il settore risorse artistiche. Non tutti si rendono conto che si tratta di soldi pubblici. I membri del Cda sono rimasti a bocca aperta quando hanno letto i cachet di Ballando con le stelle. Secondo quanto riporta Il Mattino, per l’ex centravanti dell’Inter e della Nazionale, Christian Vieri, 630mila euro, per il campione del Milan nonché ex sottosegretario del governo Prodi, Gianni Rivera 480mila per l’attore Sergio Assisi 400mila euro. Il Cda ha posto un tetto di trentamila euro a puntata. Anche se, su questo argomento, i diretti interessati non ci stanno. «Noi vendiamo un sogno, la gente non deve avere il senso del limite economico quando accende il televisore. Fiorello è l’ultimo esempio di investimento virtuoso che ha fatto la Rai: soldi ben investiti perchè hanno riacceso una rete, un’azienda». Così Milly Carlucci spiega la sua sulle pagine del Corriere della Sera. «Alla richiesta del Cda noi abbiamo risposto come sempre obbedisco: siamo i soldati di quest’azienda» ha spiegato la conduttrice. Che però precisa: «Noi non usiamo un centesimo del canone, noi siamo un programma che serve, come altri, a fare cassa». Secondo Milly «quando un personaggio è appetibile, tanto più attrae pubblico e investitori». Ballando con le stelle, rivela la Carlucci, «quest’anno è già stato venduto non solo per le pubblicità ma anche per le telepromozioni, e la vendita è stata fatta sugli ascolti dell’anno scorso e sul cast che ha convinto gli investitori». L’imponente cachet deve essere ridotto? Va bene, sottolinea la Carlucci, «ma con un cast di nomi da pomeriggio non credo che gli investitori avrebbero fatto carte false». Motivi commerciali, dunque, che sono meno giustificabili se poi si legge che Pippo Baudo 900mila euro l’anno e Maurizio Costanzo 600mila euro sono tuttora legati a un contratto con l’Azienda, pur non avendo trasmissioni nel palinsesto televisivo. Non c’è male per una azienda in crisi.