Quando Monti faceva davvero i compiti a casa

1 Dic 2011 20:28 - di

«L’Italia farà i compiti a casa». Mario Monti lo aveva annunciato a Strasburgo dopo l’incontro con Sarkozy e la Merkel. Una terminologia che aveva evocato reminescenze liceali. Come se per il premier i tempi del liceo “Leone XIII” di Milano, non fossero poi così lontani.
Specchio della classe dirigente milanese, il “Leone XIII” è l’istituto dei gesuiti che ha formato allievi famosi: un presidente del Senato (Cesare Merzagora), un sindaco (Gabriele Albertini), un presidente dell’Inter (Massimo Moratti), un premio Oscar (Gabriele Salvatores). E adesso anche un presidente del Consiglio.     
Comprensibile la soddisfazione dei responsabili della prestigiosa scuola che ha formato generazioni di milanesi, che hanno un nuovo prestigioso testimonial. «L’ex alunno Mario Monti – si legge tra le news del sito internet dell’Istituto – ha studiato al “Leone” sin dalle elementari. A partire dall’anno scolastico 1956/1957 ha frequentato il liceo classico del “Leone XIII” nella sezione B. Era compagno di classe del nostro ex docente di informatica, il prof. Stefano Calchi Novati, il quale ha un buon ricordo di Mario: “Era un ragazzo serio ma cordiale, non l’ho mai visto perdere la pazienza; e non aveva quell’aspetto un po’ imbronciato che appare nelle foto pubblicate in questi giorni sui principali quotidiani. Aveva un sottile senso dell’humor. Io e lui avevamo una cosa in comune: eravamo deboli in ginnastica. Per il resto – prosegue Calchi – mentre io leggevo ancora Topolino lui sfogliava già le riviste di economia”…». Nella articolata raccolta agiografica dei religiosi milanesi c’è materiale gustoso. «Nell’anno scolastico 1958/1959 Monti scriveva un articolo, comparso sulla rivista della scuola Giovinezza nostra (n.5, marzo 1959), intitolato «Neve, baldoria e spumante a Canazei», in ricordo di una piacevole vacanza sugli sci trascorsa con i compagni e i padri Gesuiti Bonvicini, Ceroni e Lauton. In quelle righe emerge proprio quella sottile vena umoristica di cui ci fa memoria il professor Calchi». Al di là del processo di beatificazione in vita all’illustre economista l’articolo in questione rivela un notevole senso dell’umorismo dell’allora studente del primo liceo. Le vacanze natalizie del 1958 raccontano la cronaca di un viaggio, iniziato il giorno di Santo Stefano che il giovane compilatore Monti annota con notarile precisione. Descrive clima e paesaggio durante il percorso, «…le dolci sponde del bacino meridionale del lago di Garda, tagliato in due dalla sottile penisola di Sirmione», per poi concedere qualche tagliente considerazione in stile Woodhouse. «Questa poetica visione ha uno strano effetto sul professor Brivio: gli mette appetito! E il simpatico Professore rimedia all’inconveniente facendo il… giro degli scompartimenti, mentre si estraggono dai sacchi le razioni, tutt’altro che militari, preparate dalle madri previdenti».
Umorismo molto british anche nella cronologia della giornata tipo: «Le giornate passano pressapoco così: ore 7,30-8, sveglia, con metodi alquanto pompieristici da parte del professor Brivio. Ore 8-8,30 Santa Messa. Poi colazione e mattinata sulle piste, con qualche coda alle seggiovie; a volte un bicchierino di Cognac e di Grappa ( a -22 è più che lecito!): visite di omaggio ad alberi (immancabilmente si sceglie il più duro) e a mucchi di neve fresca, in modo da poterne misurare personalmente lo spessore con gli sci, e le temperature con la faccia…». Una gita che sembra il soggetto per un film di Pupi Avati, soprattutto per il non detto dal liceale Monti. La immancabile Messa serale, «poi studio, Benedezione qualche illuminata parola di Padre Ceroni: infine la cena, seguita spesso da proiezioni di film e documentari, e sempre da partite a carte o biliardino. Il tutto nella sala ricreazione, sotto una nube di fumo, alimentata incessantemente da Rho & C. con preziose sigarette russe». Il Capodanno? «La sera di San Silvestro non poteva mancare il simpatico e tradizionale brindisi con spumante e panettone. In un’eccezionale occasione, un eccezionale permesso di Padre Bonvicini: anche i ragazzi del ginnasio possono fumare. Solito banco di “smog”». Il giovane Monti è uguale a quello di adesso: le critiche sono tra le righe, come quando descrive il ritorno: «Ottimo viaggio, con cena a Trento e visita dettagliata alla stazione di Verona con sosta su tutti i binari. Ultimi chilometri, ultimi sogni fra una fermata e l’altra. Arrivo alla Centrale. Commenti: favorevoli. Arrivederci ai Padri e ai compagni. Sbadigli. Buonanotte». Sembra quasi la conclusione di un consiglio dei ministri.
Ci sarebbe quasi da spaventarsi di un istituto dei gesuiti che ha prodotto solo fenomeni, industriali, accademici e intellettuali. Per fortuna, scorgendo la classifica pubblicata sul sito internet per celebrare i successi del premier spunta il nome di un volto noto del giornalismo televisivo. Maurizio Mosca, il giornalista prima della Gazzetta dello Sport e poi di Mediaset, scomparso nel 2010. L’alunno Mosca, che nel 1959 (nell’anno in cui Monti arrivava al secondo posto negli Oscar della Critica del Cineforum dell’Istituto) si piazzò al primo posto nella stessa categoria: per i valori etico-sociali del cinema. Supermario battuto da colui che sarebbe diventato famoso come il “mago del pendolino”. Questa sì che è una notizia che ci rende più simpatico il Professore.

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