Votare non è più un diritto ma una concessione
Ci sono cose inevitabili, ma non per questo auspicabili. Se uno ti mette un coltello alla gola e ti chiede il portafogli è forse inevitabile concederglielo, ma è difficile gioirne. Il senso stesso di un “governo d’emergenza” è nella parola finale. Uno lo accetta perché non si può fare altrimenti. Ma se non fosse così? Da Alemanno a D’Alema si tiene a precisare che un governo tecnico deve annoverare al proprio interno solo “tecnici” e che deve durare poco e con un agenda precisa. E vale anche la pena chiarire che chi lo guida poi non deve restare in politica. Quindi non deve trattarsi di un’ammucchiata. Bersani dice invece che le responsabilità dell’operato di un tale esecutivo devono essere condivise tra tutti. Ma perché? Se le condizioni perché un governo legittimo cadesse le ha poste lui si prendesse anche la responsabilità di ciò che accade dopo. Gli italiani sono stati terrorizzati per un anno da profezie apocalittiche e convinti che l’incarnazione di tutti i mali fosse un uomo solo: se gli si dà l’opportunità di decidere con le urne del proprio destino sicuramente imporranno un cambiamento. E allora perché preferire che a scegliere il timoniere sia il Presidente della Repubblica, la Francia e la Germania oppure le agenzie di rating? Se non c’è più la democrazia troviamo un altro sistema. Non si può dare la colpa alle leggi elettorali, è come dare degli imbecilli agli elettori. O è proprio questo che stanno facendo?