Se Di Pietro non c’azzecca più con i suoi
Da una parte Antonio Di Pietro, dall’altra i “dipietristi”. Così si sta consumando uno dei primi smottamenti politici causati dell’“effetto Monti”: con uno psicodramma stile Kramer contro Kramer che vede il leader dell’Italia dei valori scagliarsi contro l’ipotesi di un governissimo con a guida il rettore della Bocconi e con gli elettori di lui imbufaliti per ciò che invadono la sua bacheca facebook al grido (minaccioso) di “Tonino ripensaci”.
«Monti: no grazie»
Tutto ha avuto inizio con i mugugni dell’ex pm appena giunta la nomina a senatore a vita di Mario Monti. Già pochi minuti dopo Di Pietro aveva fatto capire che un esecutivo guidato da costui «non c’azzeccava» nulla con le sue richieste. Ieri, poi, ha esplicitamente chiuso a ogni eventuale ingresso dell’Idv nel progetto benedetto dagli alleati del Pd: «Si paventa un governo che risponde al sistema bancario, al sistema finanziario e addirittura a quello della speculazione», ha spiegato a Maurizio Belpietro. E poi: «Non sosterrò un governo tecnico, perché sarebbe un governo sostenuto anche dalla maggioranza berlusconiana». Certo «nel caso questo nuovo governo dovesse fare un provvedimento che può servire agli interessi del Paese, potrò anche votarlo. Ma alla fiducia voterò no e staremo fuori dal governo». Chiaro e coerente con il Di Pietro pensiero. Almeno secondo lui.
La battuta
E per chiarire anche la sua contrarierà all’appoggio che il Pd intende dare al papabile governissimo sempre Di Pietro – per “spiegarsi” meglio – non ha risparmiato nemmeno la metafora a sfondo omosessuale: «Bersani dopo due mesi che avrà appoggiato un governo tecnico si accorgerà che centrosinistra e Pdl non possono stare insieme, perché due maschi nella stessa camera da letto non fanno figli». La battuta ardita, però, non è rimasta inosservata né impunita, perché dal mondo delle associazioni omosessuali è partita un’onda di indignazione contro l’ex pm: «Parole infelici» le ha definite il presidente di Arcigay Paolo Patanè, mentre per Imma Battaglia «Di Pietro è un esempio da manuale: omofobia interiorizzata, ascesa politica fondata sull’ antiberlusconismo, slogan senza credibilità e profonda confusione».
Tutti contro Tonino
Ma per Di Pietro questa è stato solo una tappa di una giornata no. Perché se da un lato ha dovuto rettificare sull’uscita che ha offeso il mondo omosessuale («la mia è stata una battuta infelice», ha spiegato), dall’altro dovrà fare i conti proprio con la sua insofferenza all’ipotesi Monti. Lo dimostrano le risposte che si leggevano ieri sul suo sito e sulla bacheca facebook che sono stati presi d’assalto da elettori e sostenitori: «Le tue scelte sono strumentali alla tua visibilità. Ormai ho capito che politico sei, senza ideali e opportunista. Metà Bossi metà Mastella», si leggeva. Oppure «ora non è più il momento di fare ostruzionismo è tempo di collaborare». E ancora: «Mai più voto a Di Pietro, né io né i miei familiari! Vergognosa tattica alla Bertinotti». Insomma, critiche dure che bocciano senza mezzi termini i distinguo del leader sull’ipotesi del governo di emergenza.
Le aspettative
Ma che cosa è successo tra Di Pietro e la sua base? Accade che la categoria dei dipietristi, imbottita com’è stata di attesa messianica sulla fine di Silvio Berlusconi, proprio adesso senta odore di vittoria con le dimissioni imminenti del premier. Per questo, davanti alle critiche mosse dal leader a Monti, non ha lesinato di ricordare a Di Pietro stesso il contenuto dei suoi sermoni contro il Cavaliere e a giudicare il passo indietro di questo l’occasione irrinunciabile per la resa dei conti. Valesse ciò anche – come ha denunciato Di Pietro – il consegnare il Paese «al sistema della speculazione».
Contro il Porcellum
E che la retorica antipolitica di Di Pietro abbia fatto scuola lo dimostra anche l’atteggiamento verso le urne anticipate. Perché nel momento in cui l’ex pm invocava ieri come soluzione politica dell’impasse le elezioni («Non è che se andiamo a votare succede il patatrac. Le elezioni sono un elemento di chiarezza, anche verso la Ue e i mercati», spiegava di Pietro, anche se in realtà il ricorso alle elezioni potrebbe essere un’occasione d’oro per “blindare” il partito dall’ascesa dell’ex delfino Luigi De Magistris), anche questa posizione è stata contestata dai militantei nel nome delle firme raccolte anche dai dipietristi per l’abolizione dell’“odiato” Porcellum.
La centrale: il “Fatto”
Insomma, davanti all’occasione di abbattere Berlusconi, c’è chi non guarda al pedigree di Monti ma alla “promessa” della caduta. Per comprendere l’umore di chi la pensa così bastava leggere qualche titolo del Fatto quotidiano che – in piena guerra fredda contro Repubblica per lo scettro di bastonatore del potere – titolava ieri «finalmente domenica Berlusconi fuori. Monti dentro». Quest’ultimo veniva definito poi «Super Mario»: segno che è lui l’eroe che ha sconfitto il Cav. Altro che Tonino (chi?).