Ora non ci sono dubbi: il Cav con lo spread non c’entrava un tubo
Il fantasma dello spread svolazza nelle stanze della politica e nei mercati, sale e scende come una trottola e lascia a bocca aperta chi, a sinistra, aveva inventato il tormentone “è tutta colpa di Berlusconi”. Perché, se c’è una cosa che emerge chiara in queste ore, è proprio questa: il Cavaliere, con la storia dello spread, non ci azzeccava un accidenti. Se così non fosse, la colpa del tracollo adesso sarebbe da addossare tutta a Mario Monti. Sarebbe dunque il momento che qualche esponente di vertice del Pd lo ammettesse dando finalmente prova di responsabilità, una responsabilità che la sinistra – in questi ultimi mesi di crisi internazionale – non ha mai avuto dimostrando per intero la sua inadeguatezza. I numeri, anche ieri, hanno parlato molto chiaro. Il differenziale tra il Btp italiano e il Bund tedesco ha aperto a 492 punti base e poi rapidamente è salito oltre i 500, fino a sfondare quota 540. Stesso discorso per i mercati: Milano, al pari di tutte le altre piazze europee, è partita negativa e in poco tempo si è confermata la peggiore, assieme ad Atene, con cali che hanno raggiunto il 3 per cento, per poi chiudere a meno 1,08. Pressione in salita anche sui titoli francesi. La Bce è ancora una volta intervenuta per comprare Btp ma senza riuscire a calmierare il mercato. Monti, perciò, non ha fatto il miracolo che qualcuno si aspettava. La fuga dal debito italiano è continuata, con una vera e propria corsa degli investitori a comprare i titoli tedeschi, il cui rendimento (per quanto riguarda il Bund a due anni) è sceso sotto lo 0,30 per cento, al minimo storico.
La campagna di fango contro Berlusconi
Un quadro che dimostra, una volta di più, quanto false fossero le accuse a Berlusconi e al suo governo di costituire la ragione di base della sfiducia dei mercati. I fatti danno un responso diverso che, evidentemente, non può mutare fino a quando non emergeranno con chiarezza la ricetta e i provvedimenti per la riduzione del debito e per l’avvio di una stagione di maggiore crescita. Cose che Monti si appresta a fare ma che, avrebbero potuto fare anche Berlusconi e Tremonti se i più non avessero messo loro i bastoni tra le ruote. Il problema dell’Italia non è stato il Cavaliere ma il debito, accumulato negli anni Ottanta e Novanta. Nessuno è in grado di operare il miracolo che lo faccia scomparire come per incanto. «Stop alla barzelletta che lega l’innalzamento dello spread al governo Berlusconi – afferma Ignazio La Russa – se non ci fosse una situazione seria ci verrebbe da sorridere rileggendo le dichiarazioni dei leader del centrosinistra». Sarcastico il commento di Fabrizio Cicchitto: «Va dato alla stampa un libricino per amatori con la raccolta di tutte le dichiarazioni di esponenti della sinistra che dicevano che l’aumento dello spread dipendeva in larga parte da Berlusconi. Adesso la realtà smentisce tutta questa propaganda». Osservazioni di buon senso, visto che il nostro Paese ha oggi il 24 per cento del debito europeo, mentre genera un Pil che si ferma al 13 per cento. Competitività, produttività, reddito pro-capite e crescita fanno il resto. Lo spread tra Btp e Bund si potrà ridurre in maniera duratura solo quando si riusciranno ad abbattere questi gap. Ma per farlo bisognerà accettare sacrifici pesanti, evitando la propaganda becera del centrosinistra che pretende di far pagare la cambiale a Berlusconi.
Entrate in crescita
«Le sfide da affrontare sono grandi», ha detto ieri il portavoce del commissario Ue agli Affari economici Olli Rehn. Una lettura che è difficile contestare. Ma molto difficile da contestare è anche il fatto che qualcuna di queste sfide era già stata raccolta dal governo Berlusconi con risultati non certo disprezzabili. Per anni ci siamo sentiti dire dalla sinistra e dalla grande stampa italiana che Berlusconi non poteva vincere la lotta all’evasione perché ne era lo sponsor naturale. Ovviamente non era così. E , ancora una volta, sono i fatti a dimostrarlo. Il Dipartimento delle Finanze rende noti i dati relativi ai primi nove mesi dell’anno e certifica che da gennaio a settembre 2011 le entrate fiscali hanno segnato un più 1,6 per cento, con una crescita di 4,4 miliardi di euro rispetto allo stesso periodo del 2010. E Bankitalia precisa che l’incremento è stato addirittura del 2,47 per cento. Il tutto in un momento in cui l’economia non cresce e tutto quello che viene incassato non può che essere recupero di imposte, come fa capire l’Agenzia delle entrate che, attraverso il suo direttore, Attilio Befera, fa sapere che da gennaio a oggi il fisco ha incassato 10 miliardi di euro di lotta all’evasione e a fine anno il recupero arriverà a quota 11 miliardi. Come governo accusato di supportare gli evasori non c’è male. Anche perché, sottolinea Bankitalia, ad agosto e settembre è anche calato il debito.
Debito in calo
Percorso virtuoso anche per il debito pubblico che non cresce più. È di tutta evidenza che non si tratta della soluzione del problema ma il trend è stato invertito. E anche qui sono i dati di Bankitalia a ceritificarlo in maniera autorevole. Per il secondo mese consecutivo, a settembre, il debito ha segnato un ribasso. Dopo la cifra record di 1.911 miliardi di euro fatta segnare a luglio adesso siamo a quota 1.883.7. Poco più di 7 miliardi di euro in meno che rappresentano un traguardo tutt’altro che disprezzabile, in presenza di una crisi internazionale che assedia il nostro Paese e con un’economia praticamente piatta. Un problema italiano ma, allo stesso tempo, anche un problema europeo. Secondo il presidente Ue Herman Van Rompuy, tra il 2007 e il 2010 l’Europa ha perso circa 2.000 miliardi di euro a causa della mancata crescita. Una cifra che è pari all’intero Pil francese. E pensare che in Italia non c’è stata trasmissione televisiva che, nell’ultimo anno, non abbia messo Berlusconi sul banco degli imputati, accusandolo di non aver fatto nulla per lo sviluppo.