Obama “gela” Bersani & C.: cambiare governo non serve

3 Nov 2011 20:44 - di

«Se ci sono cambiamenti di governo non cambiano i problemi del Paese». La battuta della Casa Bianca, nel bel mezzo del G20 di Cannes, ha gelato Bersani & C. Sono bastate queste poche parole a demolire il castello di polemiche costruito dalle opposizioni che sostenevano fosse Berlusconi il principale ostacolo alla fiducia dei mercati. Con le ossa rotte è uscita pure quella grande stampa che per giorni ha fatto da sponda al centrosinistra parlando di immagine compromessa del premier. I nostalgici della spallata ad ogni costo – compreso Rutelli con le sue percentuali da “zero virgola” – di fronte alla crisi internazionale e all’importanza del G20 passavano la loro giornata col pallottoliere in mano sperando uscissero notizie su altri fuoriusciti dal Pdl. Il che fa capire quale sia la maturità di sinistra e terzopolisti.

Gli impegni dell’Italia

Al G20 Berlusconi si è presentato con un biglietto da visita forte dell’impegno di centrare il pareggio di bilancio già nel 2013, annunciando dismissioni, liberalizzazione dei servizi pubblici locali e delle professioni, pensioni meno onerose (età a 67 anni per tutti entro il 2026), abolizione delle tariffe minime e deregulation per le imprese, maggiore libertà per le società di capitale, realizzazione di nuove infrastrutture e ampio uso del project financing (il coinvolgimento dei capitali privati nella realizzazione delle opere) proroga per altri 3 anni dell’incentivo fiscale per gli interventi edilizi di efficienza energetica. Così l’Italia pensa di dare scacco matto alla crisi e lo farà in «tempi» brevissimi (non più di 10 o 15 giorni), senza venire meno al necessario «rigore». Tutto qui? No. A partire dalla prossima settimana, a Bruxelles, prenderà il via  un confronto tra Tremonti e la Commissione europea per accelerare al massimo l’utilizzo dei fondi Ue, nell’ambito del piano Eurosud, che dovrebbe dare un robusto contributo all’economia del nostro Mezzogiorno. Su queste basi, alla fine Berlusconi ha incassato anche il plauso di Nicolas Sarkozy: «Ok al pacchetto Italia, ma sia applicato. Ribadisco la mia fiducia nell’economia italiana che è una delle più forti del mondo».

A braccetto con Tremonti
Di fronte ai Grandi del mondo il Cavaliere si è presentato a braccetto con Tremonti. Una mossa che è servita a convincere mercati e interlocutori che alla fine, nel governo, tutto si ricompone per il supremo interesse dell’Italia. Il nostro Paese non è la Grecia e – ha fatto capire il premier – lo dimostrerà accelerando al massimo sull’approvazione delle misure adottate mercoledì notte dal Consiglio dei ministri e ponendo, ove fosse necessario, la questione di fiducia in Parlamento. Un calendario comunicato con un prevertice alla Merkel e a Sarkozy e di cui, successivamente, sono stati informati i Grandi della Terra. Basterà a tranquillizzare i mercati? Forse. Il portavoce di Olli Rehn, comunque, subito ha sottolineato che «è molto importante che l’Italia applichi strettamente gli impegni presi nella lettera ai vertici Ue e lo faccia nei tempi indicati». Certo, se il nostro premier fosse arrivato a Cannes con in mano un decreto sarebbe stato meglio, ma se ciò non è successo non è stato certo per colpa sua. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha sostenuto che non esistevano i requisiti di urgenza dopo che nel provvedimento non erano stati inseriti né il taglio delle pensioni di anzianità, né le anticipazioni sulla riforma fiscale.

La Bce taglia i tassi

Da una parte la difficile negoziazione con l’Ue e con il G20, dall’altro lo sguardo rivolto alla Bce che in queste settimane sta facendo muro comprando i nostri Btp sul mercato secondario. E ieri da Francoforte, come prima mossa del neo-insediato presidente Mario Draghi, è arrivato inaspettato anche il taglio di 0,25 punti del costo del denaro in area euro, con il tasso di riferimento passato all’1,25 e quello sugli impieghi al 2 per cento. Ne beneficeranno le imprese e tutta l’economia europea in un momento difficilissimo. Al primo direttorio senza Jean-Claude Trichet, dunque, l’Eurotower ha fatto la scelta del sostegno alla ripresa, non dando ascolto alle sirene che sottolineavano la recente corsa dei prezzi, con aumenti saliti nella Ue al 3 per cento. la speranza è che adesso ripartano gli investimenti. Intanto sono ripartite le Borse con recuperi che a Milano hanno raggiunto il 3,23 per cento; a Francoforte il 2,81, a Parigi il 2,73, a Londra l’1,12. Giornata positiva anche sul fronte degli spread tra il nostro Btp e il bund tedesco: ieri il gap è sceso a quota 428,3, dopo che in mattinata si era addirittura arrivati a 461.

Il piano d’azione del G20

In attesa del comunicato finale, Sarkozy ha reso noto che Francia e Stati Uniti sono tornate a parlare di una tassa sulle transazioni finanziarie, che qualcuno chiama Tobin tax e che finora era stata fortemente osteggiata da Washington. Secondo Bruxelles solo questo provvedimento potrebbe valere in Europa circa 57 miliardi di euro l’anno. Ma non c’è anche dell’altro. Intanto si va verso un aumento delle risorse del Fondo monetario internazionale e, poi, il G20 si impegna anche ad «assumere tutte le misure necessarie per preservare la stabilità del sistema bancario e dei mercati finanziari». «Assicureremo – si legge nella bozza del piano d’azione –  che le banche siano adeguatamente capitalizzate e abbiano accesso sufficiente ai finanziamenti per affrontare i rischi attuali». L’insieme delle misure per dare scacco matto alla speculazione dovrebbero articolarsi in sei mosse: impegno per il consolidamento fiscale, impegni per sostenere la domanda privata nei Paesi attualmente in surplus e, dove opportuno, per spostare la domanda dal settore pubblico a quello privato nei Paesi in deficit, riforme strutturali per sostenere la creazione di posti di lavoro, riforme per rafforzare il sistema finanziario nazionale e globale, misure per promuovere il commercio estero e gli investimenti, respingendo il protezionismo in tutte le sue forme, e, infine, azioni per promuovere lo sviluppo.

Papandreou ci ripensa
Il primo ministro greco George Papandreou è pronto a rinunciare al referendum. L’ha affermato nel corso di un vertice di emergenza del governo durante il quale avrebbe ammesso l’impossibilità di indire una consultazione di questo tipo sul piano di salvataggio della Grecia «poiché l’eventuale uscita di Atene dall’eurozona comprometterebbe il futuro del Paese». Il premier greco, che si è detto disponibile a un governo di unità nazionale con il principale partito di opposizione, si sottoporrà oggi al voto di fiducia del Parlamento. Papandreou si è presentato ieri di fronte alle Camere, dove ha sostenuto di avere «la responsabilità di trovare le risorse per evitare la bancarotta».

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