Ma quanti ruffiani alla nuova corte di Re Mario Monti
«La personalizzazione è il riflesso della dottrina berlusconiana, non della Costituzione», ci ha spiegato ieri, su Repubblica, Barbara Spinelli. Lasciando intendere che ora, finita l’era di Silvio, le procedure, le regole, le istituzioni e i contenuti tenderanno a prevalere sui leader, sulle persone, sulle biografie. Niente più ghe pensi mi, niente più politica a colpi di Una storia italiana (così si chiamava il libretto agiografico sulle gesta del Cavaliere edito da lui medesimo). Non sappiamo se questo sia davvero un passo avanti. Sappiamo solo che non sta succedendo. Se il buongiorno si vede dal mattino, infatti, l’eclissi della personalizzazione della politica è ben lungi dall’avverarsi.
Monti come Obama
L’appiattimento di tutti i media sulle versioni ufficiali e banalizzanti, su una retorica plaudente in stile Pyongyang, è stata in questi giorni davvero costernante. L’uomo nuovo (?) Mario Monti, in effetti, è stato vivisezionato da tutti i giornali, in una continua esaltazione delle qualità dell’uomo senza qualità. Reduci dall’esuberanza berlusconiana, i mezzi di informazione si sono lanciati in una sorta di culto della personalità rovesciato, dove è proprio la banalità e l’ordinarietà a diventare indice delle doti sovrannaturali del neopremier. In tempi recenti, una tale mobilitazione mediatica, stavolta a livello globale, la si era vista solo per Barack Obama ai tempi delle presidenziali Usa, dove ogni sospiro dell’allora senatore dell’Illinois diventava miracoloso, straordinario, incredibile. E non è un caso se il Corriere della Sera, ieri, annunciava che il prossimo numero del settimanale Il Mondo avrà la stessa copertina (con Monti al posto di Obama) che Time dedicò proprio a Barack dopo la sua elezione a presidente degli Usa. In tutto questo, a ben vedere, non c’è nulla di politico e neanche di veramente democratico, si tratta solo di fiducia superstiziosa nel carisma divino del leader.
Tutti pazzi per SuperMario
Ma il florilegio del culto della personalità montiana è lungo e corposo. Su un sorprendente Fatto quotidiano, ieri, Marco Travaglio ha avuto di che divertirsi nell’elencare la sfilza di aggettivi compiacenti con cui Repubblica, La Stampa e gli altri hanno creato la nuova mitologia laica. Non a caso, ormai, per tutti Monti è SuperMario. Che in fondo, nel videogioco, era un idraulico. Un tecnico anche lui, quindi. Mentre Travaglio compulsava i quotidiani alla ricerca delle marchette al nuovo premier, il quotidiano del Pd, Europa, se ne usciva con un ulteriore panegirico che è tutto un programma. Ed ecco che sotto la penna di Guido Moltedo, Monti diventa «il Mario della porta accanto», ovvero un «professorone irreprensibile, gentile ma avaro di sorrisi, che ti saluta con un cenno del capo ma non ti dà chiacchiera». Oh che bellezza. Niente più barzellette e doppi sensi, con Mario è tutta un’altra musica: «Sobrietà ed essenzialità, maniere cortesi, discorsi brevi e diretti, rapporti cordiali ma asciutti con la stampa». Oh che splendore. Per non parlare della «moglie Elsa elegante e sportiva». C’è da chiedersi se essere “elegante” o “cortese” sia davvero così essenziale per uno che dovrebbe guidare una nazione. Sicuri di essere davvero fuori dalla vacuità della politica-spettacolo e dal culto dell’immagine? Particolarmente entusiasta del nuovo governo, comunque, si mostra anche ilfuturista.it, che parla una Italia che «in queste ore, sembra un sogno: un premier serio, austero, stimato dal resto del mondo. Un governo di ministri competenti, uomini e donne giusti al posto giusto. Professori, economisti, intellettuali, ambasciatori. Insomma esperti che non sono in “quota” di nessuno, non hanno padrini cui rendere conto ma hanno solo una buona reputazione da difendere con i fatti». Il sistema bancario e confindustriale che ha espresso la quasi totalità dei ministri, par di capire, non fa curriculum in termini di lobbismo. Nell’ansia di glorificare il nuovo deus ex machina (è vero, non dice «ghe pensi mi», ma alla folla che gli urlava «Ci pensi lei…» ha risposto con un non umilissimo: «Certo che devo pensarci, sono qui per questo»), qualcuno incorre persino in scivoloni anti-italiani. È così che un’agenzia stampa ha potuto scrivere: «Il complimento più bello? Emma Bonino racconta che a Bruxelles, alla sua prima uscita come Commissario Europeo (fu designato alla Concorrenza), il commento unanime tra i funzionari della Ue fu: “Però? Non sembra nemmeno italiano”». Accidenti che complimento. A lui, ma soprattutto all’Italia. Un’altra agenzia ne faceva una sorta di Madre Teresa di Calcutta in versione bocconiana: «A Milano vive da sempre nello stesso appartamento, ha una casa sul lago, ama ricevere ma in una cerchia di amici non troppo ampia, rifugge la mondanità. Sposato con due figli, a dicembre del 2005 è diventato nonno per la prima volta. Ama i cani (ne possiede due) ed è gelosissimo della sua privacy. Riservato Monti lo è di certo, ma con tratti di umanità non esibita: nonostante un lavoro che lo ha sempre impegnato molto, trovava il tempo di andare fuori a passeggiare con il padre sofferente per l’età e un problema alla vista». Invece noialtri, come è noto, i genitori anziani li abbandoniamo sulla tangenziale mentre andiamo in cerca di escort.
Quote rosa che passione
Ma lo strabismo e l’ipocrisia che regnano nei commenti a caldo al nuovo governo non si limitano alla figura di Monti. Quando il neoministro allo Sviluppo economico e alle Infrastrutture, Corrado Passera, risponde ai giornalisti che gli chiedono se ci salveremo dalla crisi con un netto, ottimistico e sorridente «assolutamente sì», per esempio, non ce n’è uno che lo accusi di sottovalutare le difficoltà o innalzare cortine fumogene. In compenso è tutto un tripudio di commenti esultanti sulle tre donne che compongono il nuovo esecutivo. Nessuno sembra soffermarsi sul fatto che il nuovo Guardasigilli del governo che dovrebbe abbattere la spesa pubblica, Paola Severino, è stata vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura militare, dichiarando in quell’epoca un reddito da 3,3 miliardi di vecchie lire. Ma in fondo chi se ne frega: una quota rosa val bene uno stipendio da casta.