Le donne anti-Berlusconi in cerca di un nuovo nemico
Con stupore si apprende che l’11 dicembre prossimo piazza del Popolo a Roma sarà ancora una volta teatro di protesta delle donne del comitato “Se non ora quando?”. Avevano ottenuto un grande exploit il 13 febbraio scorso, quando il motivo della loro indignazione era Berlusconi. Il bersaglio polemico dichiarato, il male assoluto era il Cav, che con il Ruby-gate aveva alimentato una protesta trasformatasi ben presto in un linciaggio “ad personam”. Ma ora che l’ex premier si è tolto di mezzo, che hanno da protestare, ora che c’è Monti, che la sobrietà l’è salva e che tre donne di peso occupano ruoli chiave nell’attuale esecutivo? Come si riposizionano le donne “orfane” di Berlusconi? «Berlusconi si è dimesso ma la politica maschilista è ancora tutta lì. Non vede? Tre ministre e tre sottosegretarie le sembrano una risposta adeguata?», ci dice visibilmente “indignata” Marina Terragni, saggista, tra le promotrici del movimento. Insomma, Berlusconi o Monti non cambia nulla? «Il problema è che tutta l’impostazione è sbagliata: Monti ha parlato di giovani donne come di fasce deboli. Ebbene, è un lessico vecchio, proprio di una politica vecchia che ci tratta da minoranza quando siamo maggioranza; e che rivela la sostanziale debolezza della politica maschilista che non sa fare a meno della Finanza e della Borsa per perpetuarsi. Per concludere – spiega la Terragni, di cui a gennaio uscirà un saggio per Rizzoli – il problema della politica misogina lo si risolve con una rappresentanza del 50 per cento nei luoghi decisionali dove potere mettere in Agenda le questioni chiave».
Insomma, dal 13 febbraio ad oggi si è chiuso un ciclo politico, si è voltata pagina ma l’album è lo stesso? «Guardi già a febbraio sostenevo che le ragioni per scendere in piazza erano tante e Berlusconi non mi sembrava quella principale», risponde la parlamentare del Pd Paola Concia che prese parte alla manifestazione romana. «Mi auguravo già allora che il movimento “Snoq” potesse andare oltre l’antiberlusconismo per proporre un’iniziativa di più ampio respiro». Morale: anche ora che l’ex premier ha tolto il disturbo, le insidie che questa nuova fase politica racchiude sono tante per le donne. La Concia elenca quali sono le preoccupazioni che turbano l’orizzonte femminile. «Questa crisi si sta abbattendo sulle spalle delle donne. L’antiberluscoismo fu una scintilla alimentata dallo stile pubblico dell’allora premier, ma non poteva essere l’elemento fondante di un grande movimento. Quello che mi interessa è una critica a un modello di società, la mancata utilizzazione del capitale umano femminile, il ruolo sociale delle donne e il loro inserimento nel mondo del lavoro». Un futuro denso di nubi. «Non conosciamo ancora tutte le iniziative del governo Monti», precisa la Concia, «ma motivi di preoccupazione ci sono. Rischiamo che si vada verso un innalzamento dell’età pensionabile senza contestualmente garantire servizi per le lavoratrici e le loro famiglie. I tagli agli enti locali non ci lasciano ben sperare, visto che si esplicheranno in tagli su servizi e infrastrutture». La parlamentare del Pd ha parlato di un antiberlusconismo di facciata. Ma fare finta che la “ragione sociale” del movimento “Snoq” non fosse stata l’ossessione antiberlusconiana è davvero troppo. I manifesti “Dimissioni, vergogna”, “B vattene”, “Berlusconi indegno”, “Io donna cattolica dico basta! B vai via” e l’urlo della folla prima dell’inizio della manifestazione romana: “Dimettiti!” indicavano un preciso bersaglio politico. E ora che questo “parafulmine” non c’è più tentano di rettificare in maniera meno personalistica la loro recente indignazione. «Il richiamo alla dignità della donna nasceva da un moto di ingnazione alimentata dal caso Ruby, ma la posta in gioco era altra, non era una contrapposizione personale contro Berlusconi», è la version soft della regista Francesca Comencini, anche lei come la sorella Cristina tra le promotrici della prima ora del movimento. «I temi della rappresentazione della donna nella società travalicano gli esecutivi e non hanno un riferimento diretto a questo o a quel governo». Dunque, contrordine, il problema non era il Cav. E Monti? «Il premier Monti ha dato un segnale forte di cambiamento culturale con la scelta di tre ministre di gran peso», dice la Comencini. Ma allora non capiamo come intendano modulare la protesta. Risposta: «Ma quella dell’11 non sarà una manifestazione “contro”, ma una manifestazione- concerto. A dare il via sarà l’Orchestra sinfonica Europa Musica, il pomeriggio proseguirà con musica pop e interverranno donne che rappresentano le eccellenze italiane».
Insomma, la Concia è preoccupata e va in piazza a protestare contro la crisi che si abbatte soprattutto sulle donne; la Terragni ha il dente avvelenato contro la politica vecchia e maschilista che l’esecutivo Monti rappresenta; Francesca Comencini precisa che non si tratta di una manifestazione “contro” ma quasi di un happenig musicale. L’uscita di scena di Berlusconi qualche danno l’ha procurato sulle modalità e gli obiettivi di un un movimento dove ognuna ora parla per sé. A pensar male quasi sempre ci si indovina e allora appare convincente la lettura della parlamentare del Pdl Alessandra Mussolini: «Non vedo l’opportunità politica di scendere in piazza. Perché protestano? A parte lo spread non vedo altro pretesto per protestare contro un esecutivo fresco di insediamento. È un po’ come il moto degli studenti il giorno dopo la nomina dei ministri…Ho l’impressione che si tratti di una manifestazione già organizzata, già in calendario e che quindi ora siano in difficoltà e non sappiano come fare per giustificarla.