La favola dei tecnici “senza padrini e senza padroni”
Tecnici, quindi: indipendenti, liberi, super partes. Sinonimi contrapposti a quelli dei politici: faziosi, subalterni, portatori di interessi particolari, i propri e quelli altrui, ovviamente. La svolta del governo Monti in questi giorni viene raccontata un po’ da tutti i media come una sorta di festa di Liberazione dalla classe politica che spazza via, almeno per un po’, quella cappa di particolarismi che si annidano tra i banchi del Parlamento, per aprire la strada agli “angeli” dell’interesse pubblico, i supermen della collettività, i vendicatori dell’italiano medio che nessuno protegge. Ma sarà proprio così? A ben vedere, anche tra i nomi più autorevoli che circolano per un incarico da ministro, è molto difficile trovare tecnici dal curriculum “verginale”, dal punto di vista degli interessi e degli ambienti rappresentati.
Bravi, autorevoli, ma non marziani
Fermo restando la grande caratura morale e professionale dei nomi in campo, il giochino del tecnico che si sporca le mani nella gestione del bene pubblico dopo una vita trascorsa in un olimpo asettico mai contaminato dalla politica, dalle lobby o dalle corporazioni, è destinata a infrangersi contro le storie personali degli stessi, a meno che non lo si prelevi direttamente da Marte. Così come è destinata a crollare anche la teoria del politico rotto a qualunque interesse, elaborata soprattutto sulla base dei libri di Rizzo e Stella sui privilegi della casta. Di caste ne esistono tante, anche quelle degli accademici. Così come sono tanti gli interessi in gioco nell’attività di chi, al di fuori dei Palazzo, ha svolto ruoli di primo piano in attività di carattere sociale, industriale o culturale. Nulla di censurabile. Ma come per Mario Monti, su cui si è detto e scritto di tutto a proposito della Goldman Sachs e del gruppo Bilderberg, anche su molti di coloro che lo affiancheranno, statene certi, si potrà riproporre il giochino degli interessi occulti, più o meno latenti, che sottendono al proprio ruolo. E a tutti i futuri ministri tecnici, in qualche modo, si potrà affibbiare un “mandante” politico, “ambientale” o lobbistico.
Interessi legittimi, ma “interessi”
Per un posto nel governo “tecnico” i candidati sono tanti e sarà difficile starci dietro, fino a quando Monti non presenterà la lista. Ma su alcuni nomi di papabili, un ragionamento, a titolo esemplificativo, si può già iniziare a fare. Un primo esempio. Tra i nomi più illustri indicati come possibile ministro dell’Economia c’è quello di Guido Tabellini, uno dei massimi economisti internazionali, Rettore della Bocconi di Milano, cui appartiene lo stesso Monti. Val la pena di ricordare, però, che nel marzo scorso il professor Tabellini è stato cooptato nel board della Fiat Industrial, la nuova società del Lingotto nata dallo scorporo da Fiat Group delle attività relative alle macchine per l’agricoltura e i veicoli industriali. Una nomina prestigiosa e autorevole, per la società torinese, ma ragionando con gli schemi della politica da domani potremmo dire che al governo è entrato un uomo di Marchionne? E cosa succederebbe se il governo Monti si trovasse a dover decidere a chi dare gli incentivi, tra il settore auto e quello dei frigoriferi, tanto per fare un esempio? Se a questo si aggiunge che nel Cda della Bocconi siedono due banchieri come Passera e Profumo e c’è anche il potente presidente della Pirelli, Tronchetti Provera, ci si rende conto di come i conflitti d’interessi non abitino solo ad Arcore e dintorni. Anche per il candidato al ministero dello Sviluppo, Carlo Secchi, altro autorevolissimo bocconiano, va ricordato che siede nei Cda di Mediaset, di Pirelli, Allianz, Italcementi…
C’è anche la lobby sindacale e spirituale…
Tra i papabili per il Lavoro c’è il professor Carlo Dell’Aringa, docente dell’Università Sacro Cuore, che grazie ai suoi legami con il mondo cattolico è considerato vicinissimo alla Cisl. Tornerebbe utile in caso di riforma delle pensioni. E che dire di Antonio Catricalà, a capo dell’Antitrust, ma anche docente della Luiss, l’unversità di Confindustria presieduta dal leader degli imprenditori italiani, Emma Marcegaglia. Anche la Chiesa, a quanto pare, sta svolgendo un ruolo da protagonista nelle consultazioni, perché anche gli interessi “spirituali” sono interessi”. Lo confermerebbe la candidatura alla Giustizia del presidente emerito della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli, che ricopre la carica di consigliere generale presso il Vaticano, il ruolo più elevato che un laico possa ricoprire nella Santa sede. Senza dimenticare il possibile ministro Lorenzo Ornaghi, Rettore della Cattolica, membro del Cda di “Avvenire”, considerato vicinissimo al Cardinal Bagnasco.