I radicali dirottano su Renzi e Di Pietro “puntella” Bersani
Pier Luigi Bersani incassa, per ora, la non belligeranza di Tonino Di Pietro, Matteo Renzi può contare sull’ardore movimentista dei pannelliani doc e la mezza benedizione di una vecchia volpe come Beppe Fioroni. La situazione è fluida, si direbbe in politichese, e il futuro del maggiore partito d’opposizione sempre più incerto (per oggi Bersan, in preda alla sindrome da bunker, ha convocato un vertice d’urgenza). Nel giorno del crollo delle Borse con il segretario del Pd impegnatissimo a tessere la trama di possibili svolte, tra una telefonata al capo dello Stato e gli incontri ravvicinati con i leader alleati, Casini compreso, i radicali riuniti in congresso a Chianciano Terme (che hanno riconfermato Mario Staderini alla guida del partito) ribadiscono nero su bianco la linea separatista dal Pd.
Aventino for ever? Si sono autosospesi da tempo ma non rinunciano a cogliere fior da fiore i petali migliori che resistono alla malapianta di una dirigenza vecchia che si allea «con qualsiasi componente della partitocrazia purché sia antiberlusconiano». È questo uno dei passi più rilevanti della mozione di maggioranza presentata in mattinata che guarda al sindaco-rottamatore come a un possibile compagno di viaggio. «Constatiamo – si legge – come i radicali siano considerati dai vertici del Pd ostacolo ed avversari. Per questo guardiamo con attenzione a tutte quelle iniziative politiche all’interno del Pd in sintonia con le proposte radicali». E vengono citate una per una le proposte del Wiki-Pd di Renzi: dall’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti al valore legale dei titoli di studio, all’introduzione di un sistema elettorale maggioritario secco, alla proposta di Nicola Zingaretti per gli Stati Uniti d’Europa.
La distanza dai vertici democratici è ormai abissale. Lo dimostrano il clima, i toni, gli applausi che si levano quando gli attacchi ai compagni che sbagliano si fanno frontali. Come quando al debutto dei lavori il deputato Maurizio Turco si è sfogato davanti ad una platea infiammata: «Siamo stufi di essere sbeffeggiati e insultati, stufi di ricevere la linea del partito tramite un sms al mattino, stufi di ricevere il verbo senza possibilità di esprimere il minimo dissenso, stufi di dover fare lo sciopero della fame per poter parlare con Bersani, stufi di giornalisti che se non hanno la notizia se la inventano». Per la cronaca non c’è neanche una foto di agenzia sui lavori del decimo congresso radicale… Quanto al futuro, si legge, «il congresso conferma la prassi e il metodo radicale di offrire sostegno a proposte, da qualunque parte politica esse arrivino, che siano in sintonia con gli obiettivi dei radicali italiani». Ed è per questo che Renzi è l’unico esperimento praticabile: perché apre la possibilità di una stagione nuova, chiede un cambio di passo, chiede democrazia interna, chiede una linea politica coraggiosa ma soprattutto condivisa. Non a caso, osservano i pannelliani, il Pd si muove compatto contro Renzi «così come si è mosso compatto contro Pannella e contro i radicali, rei soprattutto di pensare». Futuro e alleanze? Staderini taglia corto: le nostre proposte sono le stesse da trent’anni. Sservono quelle riforme liberali che abbiamo insistentemente proposto e che nessun partito ha voluto. Renzi e Zingaretti hanno fatto delle proposte importanti, andiamo a vedere se sono realizzabili».
L’iniziativa del sindaco-rottamatore, troppo a lungo sottovalutato dall’establishment democratico, rischia dimandare in tilt non solo gli equilibri interni al partito ma anche quell’asse antiberlusconiano che tiene uniti i leader dell’opposizione, Bersani, Di Pietro, Vendola. Per questo Di Pietro gioca sul tempo e dalle colonne di Repubblica annuncia di essere disposto a rinunciare alle primarie, solo «solo se funzionale alla chiarezza e al rafforzamento della coalizione per voltare pagina rispetto all’incubo Berlusconi e per contrastare la macelleria sociale che ci circonda». L’ex pm si sacrificherebbe sostenendo Bersani alle primarie nel nome dell’ecumenismo anti Cavaliere. Teme “l’effetto Molise” con più candidati, «Renzi, Zingaretti», e il «rischio di assistere all’ennesimo scannamento».