I “cospirazionisti” si riscattano (grazie a Monti)
“Goldman Sachs, le trait d’union entre Mario Draghi, Mario Monti et Lucas Papadémos”. Parlare il francese non è poi così necessario per comprendere il chiarissimo titolo che campeggia su Le Monde, il quotidiano del ceto medio riflessivo transalpino, praticamente una Repubblica con la baguette. Che comunque, ad uso di chi è pigro con le lingue, recita: “Goldman Sachs, il collegamento tra Mario Draghi, Mario Monti e Lucas Papademos”. «La banca d’affari americana ha in effetti tessuto in Europa una rete di influenza unica, sedimentata nel corso di lustri», scrive il primo giornale di Francia. Ma se il riferimento vi sembra troppo elitario, andatevi a cercare su YouTube uno spezzone di “Italialand”, il programma di Maurizio Crozza, dell’11 novembre. Il comico genovese, di estrazione non esattamente estremodestra, definisce la Goldman Sachs come una «banda di simpatici incravattati che ha messo in mutande l’America» o anche una «Spectre». E ironizza: «Fatemi capire: gli Stati hanno salvato le banche che hanno fatto fallire gli Stati. E i capi delle banche vanno a governare quegli Stati che le loro banche hanno fatto fallire… Io sento un odore di cetriolo…».
Gli abitanti della "Torre"
Insomma, piano piano se ne stanno accorgendo tutti. Tranne i mezzi di informazione mainstream italiani, ma non disperiamo che alla fine ci arrivino anche loro. Per ora da noi lo dicono solo i comici. Eppure il giochino è davvero trasparente: non sarà davvero la Spectre, ma è certo che essere passati per il 30 Hudson Street di Jersey City, in un palazzone di 238 metri di altezza, sembra aiutare nella politica nazionale e internazionale. Sulle rive del fiume Hudson svetta in effetti la Goldman Sachs Tower, il più alto grattacielo di tutto il New Jersey e uno dei cinquanta più alti di tutti gli Stati Uniti. Per quella torre, in tempi più o meno recenti, sono passati tanti protagonisti della politica: da Romano Prodi a Mario Draghi, da Massimo Tononi (sottosegretario all’Economia nel governo Prodi) a Gianni Letta, da Robert Rubin (segretario al Tesoro di Clinton) Henry M. Paulson (stesso ruolo, ma sotto G.W. Bush). Fino a Mario Monti, ovviamente. Solo in Italia, tuttavia, notare queste strane coincidenze significa essere “complottisti”. Altrove gli analisti sembrano essere più smaliziati. È sempre Le Monde, infatti, ad aggiungere altri tasselli al mosaico, citando Otmar Issing, ex presidente della Bundesbank, Jim O’Neill, l’inventore del concetto geopolitico di “Brics” (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), l’irlandese Peter Sutherland, uno dei “salvatori” dell’Irlanda, Paul Deighton, diventato direttore generale del comitato organizzatore delle Olimpiadi di Londra dopo 22 anni in Goldman.
«Maledetti cospirazionisti»
Una spiegazione più leggera a tutto ciò, ovviamente, può essere data dall’attenzione della banca americana alle eccellenze di ogni parte del globo: poiché sono i più grandi, scelgono i migliori ed è allora ovvio ritrovarseli poi nei posti chiave della società. Un po’ ingenuo, ma ci può stare. Poiché, però, non stiamo parlando di una innocua bocciofila ma di un organismo che influisce pesantemente sui meccanismi economici globali, il dato dovrebbe comunque far riflettere. Ma a quanto pare il concetto di “conflitto di interessi” vale per uno e un solo caso nell’intera storia dell’Occidente, il resto sono solo coincidenze. In Italia, in effetti, da questo orecchio non ci sentono. «A chi vuol vedere trame e misteriosi collegamenti che portano al potere ristrette e prescelte élite, consiglio solo di leggersi meno libri di spionaggio, o se preferisce di fantasy», ha risposto sprezzante al Corriere della Sera Claudio Costamagna, ex Montedison, ex Citibank, ex capo dell’ investment banking in Europa di Goldman Sachs, oggi presidente-fondatore della CC & soci (consulenza finanziaria) e di Advise Only (consulenza sugli investimenti online). Insomma, quello che in Francia lo dicono in prima pagina sui maggiori quotidiani progressisti, in Italia diventa materiale di scarto per banale “fantasy” politico-finanziario. Con Costamagna sembra del resto concordare anche il 99% della sinistra antagonista, degli indignados e dei “black bloc”, che una volta liquidato Berlusconi sembra essersi presa una vacanza dalla rivoluzione.
Complotti e complottisti
Insomma, alla fine c’è chi mette la testa sotto la sabbia e chi, volente o nolente, è costretto a dare ragione ai “complottisti”. Il termine, beninteso, è un epiteto polemico che raccoglie un po’ di tutto, dai pazzi da legare alla David Ike fino a studiosi seri e documentati, solo un po’ fuori dagli schemi. Per separare il grano dal loglio bisognerebbe forse distinguere tra i “complotti” e il “complottismo”. Quest’ultimo consiste effettivamente in una lettura deformata e paranoica della realtà che postula l’esistenza di un Piano cosciente che si dispiega per secoli e millenni, senza sosta, ad opera di minoranze onnipotenti, onnipresenti e, ovviamente, occulte. Si tratta, come è ovvio, di roba per sospettosi cronici, fondamentalisti religiosi, malati di mente e sfigati vari. Tutto ciò, ovviamente, non va confuso con i singoli “complotti”, ovvero con le singole volontà di potenza di ben precisi gruppi organizzati. Interventi nella politica e nell’economia che, a differenza del Piano di cui sopra, sono imperfetti, dinamici, in continua rielaborazione e in contrasto con altre spinte di senso opposto. Se ci attestiamo in quest’ultimo campo e lasciamo da parte i deliri cospirazionisti, va da sé che qualche domanda sul ruolo della Goldman Sachs & simili nella politica italiana ed europea bisognerà pur porsela. Magari ricominciando a concepire il giornalismo e l’informazione come inchiesta, approfondimento, indagine oltre i luoghi comuni e non semplice claque che incensa le sacrosante autorità morali del nostro tempo, dai giudici a Napolitano. Insomma, per rifiutare la paranoia non bisogna per forza di cose cadere nell’ingenuità. Tra il pazzo e il boccalone c’è sempre posto per chi decida, molto più semplicemente… di non farsi prendere per fesso.