«Gridiamo no allo scippo tecnocratico»

16 Nov 2011 20:08 - di

«Ma quale Monti, ma quale Amato, ogni governo deve essere votato». Non era stata ancora varata la squadra dei ministri – dove poi in effetti Giuliano Amato alla fine non ci sarà – che già dalle piazze italiane c’è stato chi ha bocciato senza mezzi termini l’esecutivo tecnico-politico guidato dal “senatore a vita” Mario Monti. Sono stati i ragazzi della Giovane Italia – movimento giovanile del Pdl – che ieri mattina a Milano hanno manifestato il loro dissenso riguardo a ciò che sta succedendo nel Palazzo. Lo hanno fatto “simbolicamente” sotto la sede della Goldman Sachs della quale Monti è stato international advisor: e non a caso parlano di «commissariamento della democrazia» e chiedono quindi «elezioni al più presto». I motivi li ha rilanciati il presidente milanese del movimento, Carlo Armeni, che ha definito il blitz in piazzetta Bossi, in centro città, come un’azione «nata dall’imperativo morale di lanciare l’allarme, nonostante l’appello di Berlusconi alla responsabilità e il suo via libera a Monti» perché «proprio i responsabili della crisi italiana e degli attacchi speculativi alla nostra stabilità ora vogliono accreditarsi a salvatori della Patria. Noi non ci stiamo e chiediamo il ritorno alle urne».

Tempo di mobilitarsi
Insomma, dopo la manifestazione di solidarietà sotto casa dell’ex premier Silvio Berlusconi, la destra giovanile non intende mettere il freno a mano. E nemmeno nascondere la propria posizione. Tant’è che la mobilitazione coinvolgerà tutte le città italiana come ci spiega Marco Perissa, romano e dirigente nazionale della Giovane Italiana: «Nelle prossime ore vedrete come da Nord a Sud ci saranno iniziative su questo argomento. In questa fase è molto importante il movimentismo». La lettura dei nomi dei nuovi mimistri nominati da Monti a quanto sembra l’ulteriore conferma. «Le scelte di un Paese devono nascere da un libero confronto democratico elettorale. Per questo non ci piace questo governo per come nasce e, dopo aver visto chi lo compone, per come è costituito, perché di baroni e banchieri è difficile fidarsi». La convinzione, sentendo i nomi dei vari Passera e compagnia, è «che dietro la scusa dei tecnici questo governo metterà le mani nelle tasche dei cittadini, più di come dovrebbe fare». La scelta della piazza, poi, diventa allora occasione per tornare a riflettere anche d’Europa: «Di fronte a un governo “commissariato” non possiamo che osservare come ciò sia stato il prodotto di un’Europa debole, con la Francia e la Germania corresponsabili. Proprio riguardo la Francia, la prossima che sarà interessata dal famoso spread, vedremo se da lì saranno bravi a dare ancora lezioni».

Posizione “autonoma”
Posizione netta quella della Giovane Italia che di governo a lunga scadenza non ne vuole sentire parlare. E non si può fare a meno di osservare come sia una sfumatura a suo modo più netta di quella del partito dei “grandi” – che ha deciso, dopo un acceso dibattito, di appoggiare l’esecutivo per «senso di responsabilità» – che tutto sommato fa parte di un’autonomia di giudizio che proviene dal Fronte della gioventù. «Sì, la nostra autonomia viene da lontano. Anche se in riealtà noi non siamo staccati da ciò che Angelino Alfano ha detto dall’Annunziata quando ha spiegato che cambiali in bianco a questo governo non se ne firmano». A parlare è Carolina Varchi – anche lei dirigente del movimento giovanile – che spiega come «un conto è accettare la necessità di un governo di emergenza, un altro è permettere che questo proceda con riforme strutturali». Il timore, quindi, è che dietro la parvenza dell’emergenza «si metta mano a riforme istituzionali, a quelle delle pensioni o sulla flessibilità nel mondo del lavoro. Su questo ci riserviamo, come del resto sta facendo il Pdl, il diritto eventualmente di dissentire».

«Dove sono gli indignados?»
Davanti a tutta questa voglia di rilanciare la politica e la partecipazione non passa di sicuro inosservato il fatto di come a sinistra e dintorni – dopo la sbornia delle manifestazioni per le dimissioni di Berlusconi – tutto sembri imbalsamato di fronte a ciò che sta succedendo. Già, dove sono finiti gli “indignados” davanti a un governo che si profila a vocazione finanziaria? «A dire la verità – spiega Marco – questa sinistra più o meno ufficiale è imbambolata da parecchio tempo. Adesso che hanno capito non hanno nulla da festeggiare, vediamo come la metteranno con il loro partito più rappresentativo che sostiene ciecamente un governo che non guarderà ai bisogni dei cittadini». Nulla di nuovo, insomma. Per Carolina «è la conferma di ciò per anni abbiamo sottolineato in tutti i modi: la sinistra non è un’alternativa credibile. Hanno contestato per anni Berlusconi sul piano personale ma il dato elettorale gli ha sempre dato torto. E adesso, alla prova del nove, dopo le sue dimissioni non sono riusciti a mettere in fila un ragionamento. Come al solito è stato molto più lucido il Pdl».

Gli studenti
Nella rosa dei ministri, grande attenzione da parte dei giovani non poteva non avere quello scelto per la Pubblica istruzione. La casella è andata su un Rettore, Francesco Profumo, del Politecnico di Torino. «Avevamo chiesto a Monti un filosofo» e invece è arrivato un ingegnere. Per Gianfranco Manfro – responsabile del Movimento studentesco nazionale – occorreva scegliere diversamente: «Al di là della nomina di Profumo che impararemo a conoscere presto, tendiamo a dire questo: noi adesso non abbiamo bisogno né di un Berlinguer e della sua scuola dell’autonomia, né di una nuova Moratti e le sue tre “i”. Noi abbiamo bisogno di uno alla Gentile che sappia e voglia ripensare tutta la scuola, dalla sua connessione con il mondo reale all’impianto di una meritocrazia a tutti i livelli». L’importante, insomma, è che il neoministro «non gestisca l’accademia con una logica aziendalista». A proposito di questo, trapela già il fatto che Profumo è membro, tra le altre cose, del Consiglio di Amministrazione di numerose aziende (Pirelli, Telecom Italia): «Staremo attenti a tutto e, se dovessimo ravvisare sentori del genere, siamo pronti a scendere in piazza».

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