Egitto, il governo se ne va ma la gente resta in piazza
Il quinto giorno di scontri in Egitto è stato caratterizzato da violenti scontri nei pressi del ministero dell’Interno, nella strada Mohamed Mahmoud, poco distante dalla piazza Tahrir. Secondo testimoni le forze dell’ordine hanno sparato i lacrimogeni mentre i manifestanti lanciavano pietre. La strada è stata incessantemente percorsa da ambulanze a sirene spiegate. In un viavai continuo e convulso di ambulanze e moto, si evacuavano decine di manifestanti intossicati dai gas lacrimogeni negli scontri durati ore davanti al ministero dell’Interno. A piazza Tahrir, tra l’urlo delle sirene e l’odore acre e fortissimo dei lacrimogeni, migliaia di persone hanno assistito a queste operazioni decisamente confuse, l’evacuazione con qualsiasi mezzo disponibile degli intossicati e dei feriti. La fragile tregua fra manifestanti e forze dell’ordine raggiunta nel pomeriggio e garantita da una fila di volontari per tenere divisi manifestanti da forze dell’ordine è crollata quando la polizia è nuovamente intervenuta per impedire a un gruppo di manifestanti di avvicinarsi al ministero dell’Interno.
Intanto si fa il bilancio delle ultime vittime degli scontri, che non si sono svolti solo al Cairo: un bambino di nove mesi è morto a Tanta, città nel delta del Nilo, dopo avere respirato gas lacrimogeni sparati dalle forze dell’ordine durante la manifestazione nei pressi della Prefettura. Lo riferiscono fonti mediche spiegando che il bimbo era in braccio alla mamma che stava passando per una delle strade laterali rispetto alla Prefettura. È di 30 morti in tutto l’Egitto il bilancio ufficiale degli scontri degli ultimi giorni, mentre sarebbero due le vittime ieri al Cairo, stando ai dati forniti dal ministero egiziano della Sanità e diffusi dall’agenzia Mena. I feriti, solo nel giorno di ieri, sarebbero circa 300, mentre nei giorni precedenti erano stati circa 1800.
A nove mesi dalle dimissioni di Hosni Mubarak dopo 30 anni alla presidenza dell’Egitto, il Paese ha finalmente avuto garanzia che si andrà al voto per le presidenziali entro il prossimo giugno. L’annuncio è arrivato dai Fratelli Musulmani e dal leader del partito al-Wassat, Abu al-’Ila Madi, dopo l’incontro tra il Consiglio supremo delle Forze armate, al potere da febbraio, e alcune forze politiche egiziane. Poi Hussein Tantawi, capo del Consiglio militare, ha confermato durante un discorso alla Nazione che le presidenziali si terranno «entro fine giugno» 2012 e ha ribadito che le consultazioni si «terranno secondo il calendario stabilito». Restano fissate per lunedì, quindi, le prime elezioni parlamentari dalla fine dell’era Mubarak, nonostante i timori per un possibile rinvio. Dopo giorni di mobilitazione popolare a piazza Tahrir, i militari hanno accettato le dimissioni del governo di Essam Sharaf, presentate tre giorni fa, e la formazione di un governo di salvezza nazionale, che «dovrà realizzare gli obiettivi della rivoluzione». L’esecutivo di Sharaf, ha precisato comunque Tantawi, «manterrà le sue funzioni fino alla nomina di un nuovo governo».
I manifestanti però hanno presto fatto sapere di non accettare la garanzia che elezioni presidenziali si terranno entro giugno 2012. I dimostranti appaiono determinati a rimanere in piazza fino alla fine dei giorni al potere del Consiglio supremo delle Forze armate. Gli attivisti del Movimento del 6 Aprile stanno organizzando un sit-in permanente a piazza Tahrir, che promettono di abbandonare solo quando i militari passeranno i poteri a un’amministrazione civile. «La situazione di instabilità dell’Egitto – si legge in una nota del movimento – ci impone di unirci e di dimenticare le nostre affiliazioni politiche e intellettuali per difendere l’interesse del Paese».
Il Consiglio supremo delle Forze armate, aveva infatti affermato Tantawi durante il suo discorso, è disposto a «cedere i poteri dopo un referendum popolare». «Non permetteremo che ostacoli si frappongano al processo di transizione democratica», ha detto, denunciando come «sit-in e manifestazioni» abbiano un «impatto negativo sull’economia del Paese». Le proteste, ha aggiunto, «hanno fermato la produzione e messo a repentaglio l’economia».
Comunque le elezioni parlamentari della prossima settimana dovrebbero servire a trainare il processo di transizione, ma in molti temono che i militari vogliano continuare a mantenere in qualche modo il controllo del Paese. Le tensioni, le più gravi dalle dimissioni di Mubarak, si sono fatte sentire anche in Borsa, dove si è registrato un nuovo crollo. Dopo ore drammatiche, con la sospensione delle contrattazioni a metà giornata per eccesso di ribasso, la Borsa del Cairo ha chiuso a 3.676 punti, -4,77% rispetto al giorno precedente. E la lira egiziana è uscita indebolita da una giornata difficile: il tasso di cambio con il dollaro ha fatto registrare il valore più basso degli ultimi otto anni.
Per il governo di salvezza nazionale, secondo indiscrezioni filtrate nelle ultime ore, il più papabile è Mohamed ElBaradei, possibile candidato alle prossime presidenziali ed ex numero uno dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea). Secondo altre voci, i militari potrebbero cedere il potere alla magistratura. Stando alla tv egiziana al-Hayat, i militari potrebbero lasciare i poteri alla Corte Costituzionale e nelle ultime ore al Cairo il Consiglio supremo delle Forze armate ha incontrato il presidente della Corte costituzionale, Farouq Ahmed Mekki Soltan.
Infine, una fonte militare egiziana ha smentito l’uso di gas tossico o con agente nervino per disperdere le manifestazioni a piazza Tahrir. Lo riferisce la televisione di Stato egiziana, precisando che la fonte ha smentito in particolare l’uso di gas proibiti a livello internazionale.