De Magistris fa lo show, la Regione finanzia il porto
Anche ieri una giornata di ordinaria follia, con il blocco totale dei treni di Cumana e Circumvesuviana, fondamentali per il traffico e per i pendolari. Un’ordinaria follia che va ad aggiungersi ad altre ordinarie follie, dalle proteste quasi quotidiane dei disoccupati alle paralisi di traffico. L’unica cosa “creativa” è il boom di richieste per avere le statuine con le fattezze dei parenti morti, notizia che monopolizza le cronache locali mentre sul web continua la sceneggiata della santificazione di De Magistris, con l’appello a candidarlo addirittura come premier.
Di concreto, però, non c’è nulla. Mentre il sindaco favoleggia, il presidente Stefano Caldoro e il centrodestra alla guida della Regione Campania hanno assegnato al Porto di Napoli finanziamenti per 335 milioni di euro (fondi europei della programmazione 2007-2013) per realizzare un passante ferroviario che lo colleghi finalmente agli interporti casertani, una rampa di raccordo con le autostrade, il dragaggio dei fondali ed altre opere minori tra cui il completamento della rete fognaria portuale. Certo, sono un po’ pochi per renderlo competitivo con gli scali iberici e con quelli dell’Africa mediterranea, né sono in grado di assicurargli il primato fantasticato dal sindaco di Napoli, ma sono senz’altro sufficienti per renderlo maggiormente efficiente e creare oltre 40mila nuovi posti di lavoro. A dimostrazione che l’interesse di Napoli per il Mediterraneo continua ad essere concepito più come pretesto che come un fine.
Il punto cruciale per ripartire è proprio il porto. Nonostante l’antica tradizione marinara, la presenza di prestigiose istituzioni accademiche, di un importante porto e di antiche relazioni con l’oltremare mediterraneo, continua purtroppo a non dare concreti segnali di reattività. Eppure all’antica capitale del Mezzogiorno non mancavano né studi, né iniziative. Il titolo di un recente studio dell’Unione Industriali di Napoli “Napoli ed il Mediterraneo. Dalle parole ai fatti” offre ulteriori spunti di riflessione. L’allusione all’esigenza insoddisfatta di mutare le parole in fatti concreti che affiora dalla denominazione della monografia fa pensare, infatti, alla mancanza di un volano in grado d’implementare le singole iniziative in un’unica, coinvolgente strategia in grado di dare al binomio Napoli-Mediterraneo un senso compiuto. Ruolo che per storia, funzioni ed attribuzioni non poteva che essere svolto – e sia inteso senza alcuna venatura polemica – dalla Camera di Commercio di Napoli. L’origine della missione mediterranea della Camera di Commercio di Napoli risale, infatti, al 1906 quando, sull’onda del successo di pubblico e di espositori fatto registrare dall’Expo milanese, realizzata per celebrare il traforo del Sempione, il presidente Luigi Petriccione e il presidente della Società Africana d’Italia, Enrico de Marinis, manifestarono per la prima volta l’opportunità di realizzare a Napoli una Esposizione industriale permanente, finalizzata alla promozione e allo sviluppo delle attività industriali e commerciali tra la Madre patria e i suoi possedimenti in Africa, seppur limitati allora alla sola Eritrea. Idea questa più volte ripresa nel tempo, ma che prenderà corpo solo sul finire degli Anni ’30 per volontà di Mussolini e per la passione e l’intelligente opera di Vincenzo Tecchio, commissario di governo per l’Esposizione Triennale delle Terre Italiane d’Oltremare e vice presidente del Consiglio Provinciale delle Corporazioni (Camera di Commercio).
Fortunatamente, tra una comparsata e l’altra, ci ha pensato il sindaco De Magistris a ricordarci che «il porto di Napoli può diventare il più grande del Mediterraneo anche perché guarda ad Africa e Medioriente, aree che vivranno grandi sviluppi» (Il Mattino, 12 luglio 2011). Si dà il caso però che i nostri dirimpettai – Marocco, Algeria, Egitto e Tunisia – abbiano da tempo dato vita a una radicale revisione del sistema portuale e logistico. In Spagna, il Puerto Seco de Coslada – il porto senza mare di Madrid – supporta logisticamente il movimento container di ben quattro scali: Bilbao, Algeciras, Valencia e Barcellona. E poi gli scali di Tangeri Med, Damietta, Port Said, Dubai – quest’ultima con la costruzione del più grande centro commerciale del mondo punta a diventare il primo hub turistico della regione – presentano strutture portuali e profondità degli specchi d’acqua dimensionati alle esigenze dei giganti del trasporto marino e di una crescente movimentazione quantitativa dei container. Si fa presto a dire Mediterraneo. Ma quale? Quello da soffrire e da morire di Mango, quello delle molteplicità di Braudel o quello incantatore e ingannatore di Conrad? Meglio condividere quanto ha scritto Pedrag Matvejevic: «L’immagine del Mediterraneo ed il Mediterraneo reale non s’identificano affatto. La retrospettiva continua ad avere la meglio sulla prospettiva». Ed in quella retrospettiva si può leggere quel che più ci aggrada. Cancellando le grandi illusioni che ci offre su un piatto d’argento il neosindaco De Magistris.