«Basta “abusi” di parole su Berlusconi»
Sfogliando i titoli della stampa estera dal giorno delle dimissioni di Silvio Berlusconi in poi sembra di trovarsi davanti le cronache in diretta da Tripoli liberata più che da Roma “commissariata”. Si leggono reazioni “liberatorie” come quelle della Bbc («Finisce un’era durata diciassette anni») oppure analisi riduttive sulla capacità di discenere degli italiani stessi come quella del The Times («Un magnate che ha plasmato un Paese a sua immagine: è diventata la repubblica del bunga bunga»).
Parole in libertà
Ma queste, tutto sommato, sono bazzecole. Perché nel corso degli anni si è utilizzato di tutto, oltre confine, per descrivere la stagione del centrodestra. Uno dei concetti più abusati è stato, ad esempio, quello di“regime”. Che fa tutt’uno con il “diciassettennio” con il quale è stato descritto il periodo dell’ex premier: come se ci fossero stati davvero diciassette di dominio incontrastato del centrodestra senza discontinuità; quando invece è chiaro come ci siano state sconfitte subite da Berlusconi e diverse esperienze tra governi di centrosinistra, esecutivi tecnici e ribaltoni. Accanto a questi uno dei luoghi comuni più duri è stato quello del controllo dell’informazione: anche qui la vulgata vuole che tutto il mondo dei media sia stato appannaggio dell’uomo di Arcore, con tanto di stima internazionale che classificava l’Italia come un paese del terzo mondo. Ecco, questi sono solo alcuni dei concetti che sono rimasti impressi nell’immaginario dei nostri “amici” americani, inglesi, tedeschi e francesi.
«Merito della nostra stampa»
Davanti a questo scenario è chiaro come la disinformazione negli ultimi giorni abbia raggiunto i livelli di cui sopra. Il problema, adesso, capire le origini di questo. Per Antonio Palmieri – deputato e responsabile internet del Pdl – «siamo davanti a un fatto evidente: le fonti dei giornalisti stranieri sono i nostri giornali e quindi è chiaro come l’impostazione prevalente sia stata quella contro il governo del centrodestra». Ma non solo. Accanto a questo «noi non abbiamo potuto mettere in atto una sufficiente azione di risposta nei confronti di tutte queste falsità». Certo, rispetto alla capillare rete di interdipendenza tra corrispondenti e stampa locale avversaria, non si trattava di un gioco facile: «Nonostante la disparità di forza potevamo lavorare meglio: ma è stato complicatissimo mettere in campo una costante opera di comunicazione che ristabilisse l’equilibrio». Quello che ci vuole adesso, secondo Palmieri, è una gigantesca operazione di pubbliche relazioni assieme «a un’organizzazione che si concentri maggiormente a comunicare fuori Italia». Dato che oramai – come ha dimostrato lo scenario della crisi – il contesto della politica è diventato per lo meno continentale, «il politico moderno è costretto a dialogare in tutte le lingue».
«Occorre attrezzarsi»
Per ottenere ciò e cercare di riequilibrare il quadro ci vorrà del tempo. «“Regime” quello berlusconiano recitano i media stranieri? Be’ non saremmo di fronte alle dimissioni rassegnate senza nemmeno un voto di sfiducia alla Camera. Ma purtroppo ormai siamo stati abituati a questo abuso». Luca D’alessandro – anche lui deputato del Pdl e fino a qualche giorno fa capo ufficio stampa del partito – per individuare le cause ragiona proprio a partire dagli abusi: «Che dire di chi attacca Berlusconi ancora di avere avuto il controllo dell’informazione? Quando è chiaro come la grande stampa italiana sia tutta schierata contro di lui». Dato questo combinato non stupiscono i risultati che provengono dall’estero. Ce lo spiega con un aneddoto: «Il problema è che quando si facevano conferenze stampa su fatti importanti i giornalisti aspettavano la fine dell’intervento di Berlusconi e poi dopo facevano domande che nulla avevano a che fare con la materia in discussione: si cercava, insomma, sempre l’incidente, il titolo ad effetto». Cosa fare davanti a tutto questo? «Occorre dare maggiore forza ai risultati della nostre azioni. Ad esempio sulla legge di Stabilità: questa è stata voluta e votata da noi. Darà buoni risultati? Bisogna far capire a tutti di chi è stata l’iniziativa. Dobbiamo essere rapidi contro la menzogna. Anche a comunicare».