Studenti e prof uniti nella lotta. Che tristezza…
Milioni di uomini e donne hanno, a un certo punto, partecipato a una protesta studentesca. Dal dopoguerra ad oggi non è passato un anno senza che puntualmente, nel mese di ottobre – come se tutti avessero avuto un’amnesia – dei nuovi giovani (anche se vestiti esattamente come quelli dell’anno prima) sentano l’irrefrenabile compulsione di dire “basta” (alla qualsiasi) e chiamino a raccolta gli studenti per fare il gesto epocale che cambierà il mondo. Lungo il percorso li aspettano le telecroniste di tutte le reti, che li guardano estasiate mentre ascoltano ripetere esattamente le stesse frasi dell’anno prima, quelle frasi ispirate che in realtà anche loro – le telecroniste – anni prima hanno recitato. E ricordano quanto fieri erano i loro genitori, vedendole declamare in video quello che anche loro – i genitori – vestiti allo stesso modo e con gli stessi capelli, con le stesse parole avevano già recitato. Una specie di rito di ingresso in società senza il quale, in alcune famiglie, si rischia di essere considerati out. Se solo l’anno prossimo qualcuno potesse cambiare parole (o almeno cambiare mese!). O, se non altro, abbigliamento o taglio di capelli. Sembra di vedere un video guasto del ’74. Tutto ciò, anche se sembra un delirio, in realtà ha una sua logica. Si tratta del bando annuale di reclutamento e di rinnovo della manovalanza di estrema sinistra che si rigenera stancamente dagli anni Settanta: di padre in figlia, di sorella in fratello e così via. Una noia davvero mortale. Ma, per alcuni, l’autunno caldo fa primavera.